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Palestinese vuole indietro il generatore, i soldati israeliani lo feriscono gravemente

Quando i militari hanno requisito il suo generatore di elettricità, Harun al Aram, ha provato a recuperarlo. Una soldatessa gli ha sparato un colpo alla gola. Intanto i coloni israeliani sono in rivolta dopo la morte in un incidente di un loro compagno

Un generatore di elettricità è un piccolo tesoro a sud di Hebron, tra le aree più povere della Cisgiordania. Chi vive nei piccoli villaggi palestinesi di quella zona la corrente in casa può solo sognarla. Non poche famiglie vivono nelle grotte. Da quelle parti è raro l’allacciamento alla rete idrica o elettrica e possedere un generatore è un’ancora di salvezza. Per questo, quando qualche giorno fa ad Al Rakiz, Harun al Aram, 24 anni, ha visto i soldati israeliani prendergli il suo piccolo generatore alimentato a gasolio trovato all’interno di un «capanno illegale», ha provato a recuperarlo. Ci si è messo di impegno. I soldati lo allontanavano a spintoni e lui con gesti rapidi provava ad afferrare il generatore. È andata avanti così per qualche minuto, un tira e molla accompagnato da grida. Poi due colpi. A spararli, riferiscono i testimoni palestinesi, è stata una soldatessa israeliana. Uno ha colpito alla gola Harun che è crollato a terra in una pozza di sangue. I soldati hanno caricato il generatore e gli altri beni requisiti sui loro veicoli e sono andati via mentre Harun veniva portato all’ospedale. Per lui, se sopravviverà, i medici prevedono un futuro da tetraplegico.  

Non si è sbilanciato più di tanto il portavoce militare israeliano commentando l’accaduto. Ha detto che «l’incidente» è avvenuto durante un’operazione «contro l’edilizia abusiva», aggiungendo che «150 persone hanno dato vita a disordini» e che «è stata usata una forte violenza, per cui i militari hanno fatto ricorso a mezzi di dispersione della folla». 150 persone e forte violenza che non si vedono nel filmato apparso in rete. Si vedono tre palestinesi senza nulla in mano, cinque soldati, i tentativi di Harun di riprendersi il generatore. Poi si sentono gli spari e le urla di disperazione dei presenti, a terra c’è il giovane palestinese in una pozza di sangue. L’accaduto, ha aggiunto il portavoce, è sotto indagine. Ad Al Rakiz nessuno crede che i militari coinvolti saranno chiamati a rispondere delle loro azioni. La ong israeliana per i diritti umani B’Tselem denuncia che solo in casi eccezionali i soldati responsabili dell’uccisione o del ferimento di palestinesi innocenti subiscono un processo.

Invece è stato subito catturato e sarà processato al più presto Muhammed Kabha il palestinese di Jenin responsabile a fine dicembre dell’omicidio in un bosco di Ester Horgen, madre di sei figli e residente in un insediamento coloniale israeliano in Cisgiordania. L’uccisione ha alimentato la ribellione che da giorni attuano giovani coloni israeliani dopo la morte in un incidente stradale di un loro compagno, Ahuvyà Sandak, 16 anni. L’adolescente cercava di sfuggire a un inseguimento della polizia dopo aver attaccato alcune automobili palestinesi (attacchi che continuano). A Gerusalemme – l’altra sera erano in 4mila – i coloni cercano lo scontro con la polizia, abbattono transenne e cartelli stradali. Chiedono la chiusura dell’unità Yamar-Shay che indaga sulle aggressioni ai palestinesi in Cisgiordania.

Il clima si è fatto rovente dopo il ferimento di una colona, Rivka Teitel, colpita da una pietra alla testa mentre era alla guida nei pressi di Deir Nidham da tre giorni circondato dall’esercito che ha arrestato almeno 20 palestinesi.

Michele Giorgio

da il manifesto

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