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Padova: Apartheid professionale alla Carraro

Apartheid alla Carraro? Il titolo del volantino con cui oggi i lavoratori del reparto verniciatura della Carraro Assali di Campodarsego (in provincia di Padova), annunciano uno sciopero di quattro ore per turno non poteva essere più esplicito. Una ventina di operai, tutti migranti, dipendenti di una cooperativa (la Cps) che all’interno della Carraro gestisce il reparto verniciatura. Modificato il contratto (oggi i dipendenti lavorano con il contratto delle coop metalmeccaniche) i lavoratori si trovano a lavorare nel reparto peggiore dello stabilimento. La Carraro è una fabbrica metalmeccanica storica, un’azienda globalizzata con dieci stabilimenti in giro per il mondo. Su Italia Domani viene presentata come una fabbrica tecnologicamente molto avanzata, quasi pulita. E Mario Carraro, il padrone, sostiene che «le tute blu oggi non esistono quasi più. Il colore prevalente – spiega – è il beje. Il lavoratore assume responsabilità sempre più importanti». L’operaio dunque non più come ingranaggio ma parte integrante del funzionamento della fabbrica. E allora perché gli operai del reparto verniciatura hanno un trattamento economico e non solo così diverso da quello che hanno i lavoratori degli altri cinque reparti dello stabilimento di Campodarsego? Eppure la verniciatura è il reparto in cui confluiscono tutti i pezzi prodotti dagli altri. E si sa che questo è un reparto pericoloso per la salute, dove le condizioni dei lavoratori devono essere tutelate più che altrove. Invece i lavoratori migranti (e già la scelta “etnica” di affidare questo che è il lavoro sporco solo a migranti la dice lunga) sono costretti a lavorare otto ore al giorno per cinque giorni. I loro colleghi invece lavorano sette ore (ma vengono pagati otto) e godono della quattordicesima. Non solo. Gli impianti, sostengono gli operai, funzionano a singhiozzo. Il che significa che un lavoratore deve essere sempre in cabina per rimediare ai “buchi” del robot. Gli operai del reparto-ghetto erano iscritti alla Cgil, ma stanchi di non ottenere risposte, dicono, hanno deciso di associarsi alla Adl, associazione difesa lavoratori-Rdb. «Abbiamo chiesto un incontro con la cooperativa», dice Gianni Boetto dell’Adl. Sei i punti contenuti nella piattaforma: equiparazione dell’orario e della paga a quella degli altri dipendenti, due pause di 20 minuti pagate, un’indennità di rischio pari a 100 euro per tutti, un premio di produzione uguale per tutti, l’introduzione della quattordicesima, un intervento sugli aspiratori, l’obbligo di rimanere in cabina non più di due ore consecutive. Finora nessuna risposta da parte della cooperativa. Da qui la decisione di effettuare le quattro ore di sciopero per turno. Dalla fabbrica intanto i lavoratori fanno sapere che in questi ultimi due giorni sono arrivati dei lavoratori interinali, forse chiamati per sostituire i lavoratori in sciopero oggi. Un contratto di un giorno per aggirare il problema sciopero. In Veneto ormai sono diverse le vertenze aperte che vedono come protagonisti i dipendenti (quasi sempre migranti) delle cooperative. Sabato pomeriggio a Padova ci sarà una manifestazione per l’abolizione della figura di socio-lavoratore, per l’abrogazione della Bossi Fini.

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