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Offensiva paramilitare contro l’autonomia indigena in Chiapas

Il movimento zapatista affronta uno scenario complicato, in cui si trova a dover tenere testa a una decisa e dichiarata strategia di controinsurrezione appoggiata dall’impunità degli apparati di giustizia del governo

Poco meno di un mese fa il governo messicano ha riconosciuto pubblicamente la propria responsabilità nel massacro di Acteal, Chiapas, risalente al dicembre del 1997, in cui persero la vita 45 persone e ne rimasero ferite 26. Ma è proprio in questo Stato, situato nel sud est del Paese, che negli ultimi mesi si è registrata una recrudescenza della violenza statale e parastatale.

I popoli originari del Chiapas convivono con le tensioni generate da un conflitto scoppiato nel 1994, quando l’Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN) chiese al governo messicano di porre fine alla negligenza e alle aggressioni fisiche, culturali e territoriali nei confronti delle comunità indigene della regione. All’epoca, qualsiasi tentativo di dialogo tra i tre livelli di Stato e l’EZLN avevano portato a confronti diretti che lasciavano intuire quale fosse lo scopo degli apparati governativi: fermare i processi di costruzione dell’autonomia.

Tuttavia, la presenza e la pressione delle forze militari, così come la manipolazione civile portata avanti nel territorio zapatista attraverso la creazione di sussidi sociali, si sono trasformate oggi in azioni criminali che occultano la natura pubblica del governo statale e alimentano fortemente la guerra a bassa intensità in Chiapas.

In maniera pienamente consapevole è stata creata una rete di organizzazioni e gruppi che, sulla base di presunti interessi comunitari e/o territoriali, operano sul territorio zapatista, ma non solo, aggredendo, rapendo, uccidendo e depredando comunità che si sono dichiarate contrarie a progetti che minacciano la vita, l’ambiente e i valori della comunità.

Un chiaro esempio di aggressioni contro le comunità zapatiste è quanto accaduto il 22 agosto scorso a Cuxuljá, nel Municipio Autónomo Rebelde Zapatista Lucio Cabañas (nel comune ufficiale di Ocosingo), dove alcuni membri del gruppo paramilitare Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO) hanno sparato, saccheggiato e dato fuoco a due magazzini di caffè, nonché basi di appoggio dell’EZLN. Pochi giorni dopo, il 27 agosto, il Congreso Nacional Indígena (CNI) ha denunciato l’aggressione, accusando la stessa ORCAO, il Movimiento de Regeneración Nacional (MORENA), che al momento ricopre la presidenza messicana, e i governi statale e federale di esserne responsabili.

Il conflitto tra l’ORCAO e l’EZLN risale ai primi anni 2000, quando l’organizzazione dei coltivatori di caffè, che aveva precedentemente partecipato all’insurrezione zapatista e all’occupazione dei pascoli nella regione di Ocosingo, abbandonò la resistenza per allearsi con il governo statale di Pablo Salazar. Da allora l’ostilità da parte dell’ORCAO è rimasta costante, alimentata dalla volontà di recuperare la metà delle terre dove le basi d’appoggio zapatista seminano collettivamente. Basta pensare ai rapimenti e alle aggressioni del febbraio scorso nel comune di Chilón, orchestrati dall’ORCAO insieme al gruppo paramilitare Los Chinchulines e al partito MORENA nei confronti di alcuni membri del CNI.

Il movimento zapatista affronta uno scenario complicato, in cui si trova a dover tenere testa a una decisa e dichiarata strategia di controinsurrezione appoggiata dall’impunità degli apparati di giustizia del governo.

A ciò si aggiungono, da un lato, l’espansione e riorganizzazione territoriale delle Giunte di Buon Governo e dei comuni autonomi iniziate nell’agosto dello scorso anno e, dall’altro, una crisi sanitaria che sta colpendo l’intero Paese, in particolar modo le regioni indigene che non hanno accesso a sistemi sanitari efficenti. È in atto un tentativo di screditare e smantellare l’autonomia zapatista, che si concretizza sia attraverso campagne diffamatorie in cui vengono diffuse notizie false sulla relazione con il crimine organizzato, come nel caso del cartello Jalisco Nueva Generación, sia attraverso la creazione di conflitti interni che provocano la rottura del tessuto sociale.

La recrudescenza della violenza si basa, inoltre, sulla previsione e realizzazione di megaprogetti promossi dall’attuale governo di Andrés Manuel López Obrador, come il Tren Maya, il Corredor Transístmico o il programma Sembrando Vida. Diverse organizzazioni sociali e civili sono contrarie a progetti di questo tipo, che implicano una mercantilizzazione della terra e della vita e danno priorità agli interessi capitalistici a scapito dei diritti individuali e collettivi della popolazione indigena del Messico. Le organizzazioni che si oppongono all’espropriazione della terra e alla conseguente riorganizzazione territoriale subiscono la stessa sorte, in termini di persecuzione e repressione, delle comunità zapatiste.

Sono diversi gli esempi di tentativi di smantellamento dei movimenti autonomisti in Chiapas. Tra i tanti, ricordiamo il caso delle aggressioni ad Aldama, nella regione Altos de Chiapas, portate avanti dal gruppo armato Santa Martha, che vanno avanti da quasi tre anni e provocano lo sfollamento forzato di più di duemila persone.

Allo stesso modo, è impossibile non vedere come la mano invisibile del governo fomenti divisioni interne tra i sopravvissuti e le sopravvissute di Acteal: in questa stessa strategia rientra anche il teatrino pubblico montato per raggiungere una soluzione amichevole con una delle fazioni minoritarie, invece di rispettare la volontà di esigere un rapporto dettagliato da parte della Corte interamericana dei diritti umani.

L’impunità con cui operano i «grupos de choque» e i paramilitari in questo clima di violenza e repressione contro i popoli originari organizzati rende evidente la partecipazione e la responsabilità del governo.

Fino a questo momento, la difesa della terra e del territorio da parte delle comunità indigene è stata l’unica risposta davanti alla tendenza neoliberale mondiale di espropriazione imposta dal potere transnazionale. Con il pianeta sull’orlo del collasso ecologico, provocato dall’individualismo, dall’accumulo, dalla crescita e dal consumo smisurati, è di vitale importanza mantenere vive le esperienze di organizzazione comunitaria che gestiscono la vita con il rispetto verso gli altri, la natura e il bene comune.

Javier Herran

Articolo pubblicato su El Salto Diario. Traduzione in italiano di Giulia De Filippo per DINAMOpress.

 

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