Menu

Non possiamo tacere

In forma quasi consolatoria ci dicono che, secondo l’opinione pubblica internazionale, l’Italia sarebbe il paese europeo, e occidentale, ad aver meglio reagito contro il contagio. Ma è vero? Come mai allora detiene ad oggi saldamente il primato europeo di morti e contagiati? Solo nei prossimi mesi si potrà tracciare un bilancio esaustivo di questo governo della pandemia, ma già ora è necessario delineare alcuni aspetti salienti.

Secondo la ricerca pubblicata in inglese da 24 medici italiani[1] (su arxiv.org l’originale in inglese, in pdf: “The early phase of Covid19 outbreack in Lombardy”) il virus della pandemia Covid19 è comparso già nel mese di gennaio 2020.  Risalendo la catena del contagio dei primi pazienti colpiti in Lombardia, e tenendo conto del periodo talvolta lungo tra contaminazione, comparsa di segni clinici e identificazione della malattia, la ricerca infatti afferma che la circolazione del virus in Italia è cominciata appunto all’inizio di gennaio 2020. Dunque molto prima di quella riscontrata il 20 febbraio presso l’Ospedale di Codogno. Per giungere a questo risultato, il team di ricerca ha raccolto e analizzato nel dettaglio i dati epidemiologici su 5.830 casi confermati, i loro contatti ravvicinati, la data dei sintomi, i fatti clinici, i dati ospedalieri. Gli autori dell’articolo offrono cifre per numero di contaminazioni da contaminante, e notano che non vi è alcuna differenza significativa nelle cariche virali (il numero di virus raccolti dal tampone nasale) per i casi sintomatici e asintomatici (portatori del virus non malato). Gli autori hanno ricostruito la vera cronologia della comparsa di casi sintomatici dall’intervista di casi confermati e dei loro parenti. L’inizio ufficiale della crisi sanitaria, come noto, viene identificata con il caso di un paziente (38 anni) all’ospedale lombardo di Codogno (fra Lodi e Piacenza), il 20 febbraio. Era una persona prima in buona salute, non rientrava da viaggi in paesi contaminati, non aveva avuto contatti con persone di aree considerate a rischio, non si percepivano potenziali vettori. Mentre il paziente zero del focolaio è rimasto sconosciuto, la rapida espansione del numero di pazienti in Lombardia – 530 casi rilevati il 28 febbraio e 5.830 l’8 marzo (42.161 casi e 6818 morti il 30 marzo alle 17h) a Codogno, Bergamo e Cremona – rivela che il virus stava già circolando, ad alta velocità, fra la popolazione di quelle zone. Calcolando le differenze tra il contagio e la comparsa dei sintomi (del rilevamento), i medici concludono che la prima comparsa dei sintomi risale al più tardi al 14 gennaio. Esistono dunque oggettivi e accertati ritardi nella trasmissione di informazioni, di segnalazioni della comparsa nel nord Italia di un virus che già mostrava la sua capacità espansiva in Cina. Per oltre un mese manca qualsiasi avviso, qualsiasi rilevazione; la scelta sembra essere stata quella del silenzio da parte delle istituzioni pubbliche, le uniche che in quel momento avevano accesso alle informazioni. La ricerca, ovviamente, non esamina il livello di consapevolezza e neppure la responsabilità; non era il loro compito, ma questo non rappresenta certo un’assoluzione per le istituzioni. La conclusione dei redattori è comunque precisa: la potenziale trasmissione del virus viene ritenuta molto elevata, l’arrivo silenzioso del virus in Italia rendeva necessaria l’adozione di “strategie aggressive” per fermarne la diffusione.

Del resto, la segnalazione alla organizzazione mondiale della sanità proveniente dal governo cinese, pur se non tempestiva, risaliva al 31 dicembre 2019. Cinque giorni dopo la notizia di un caso accertato (quello noto di Codogno), con Position Paper del 25 febbraio 2020, la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e la Cattedra Unesco confermavano l’ingresso del virus già in gennaio, segnalando l’urgente necessità di salvaguardare il personale sanitario e di attrezzare anche gli ospedali militari.

Ma si può dire che le autorità politiche responsabili della sanità pubblica (e quindi della vita stessa della popolazione) abbiano adottato tempestivamente misure adeguate rispetto al pericolo, per contrastare la pandemia? No, non lo si può dire. Guardiamo gli eventi:

1) Il ritardo nell’adozione di misure da parte delle autorità (locali e nazionali) è ormai un elemento acclarato, riconosciuto all’unanimità anche se mai ufficialmente nei comunicati. Le articolazioni dello stato sembrano impegnate a sbranarsi vicendevolmente piuttosto che mettere in luce gli errori commessi e le ragioni degli errori. Il ritardo è stato fatale, nessuno voleva toccare l’ingranaggio del profitto. Basti pensare all’aver consentito la partita di calcio Atalanta-Valencia, con 50 mila spettatori che si abbracciano urlando; o il mancato intervento di fronte a evidenti segnali di diffusione galoppante in alcuni comuni-focolaio, nonostante le richieste di intervento delle stesse vittime fra gli operatori sanitari lasciati senza informazioni o direttive, esposte alle conseguenze del contagio (vedi lettera dei medici di Bergamo).

2) Ma più fatale ancora è risultato un altro elemento, la condizione disastrata della sanità pubblica italiana, ferita dai tagli delle risorse e da privatizzazioni a favore di ben noti attori forti della sanità privata, con una agguerrita rappresentanza in parlamento, e in Sicilia anche con i noti intrecci con la mafia. Negli ultimi dieci anni questi tagli ammontano a 37 miliardi, con la chiusura di numerose strutture ospedaliere e con perdite significative di posti letto (da 4,5 letti per 1000 abitanti a 3,2 nel 2017, cioè oltre 70 mila posti letto in meno, a fronte di una media europea di 5 posti letto per 1000 abitanti). Nel 2018, secondo i dati dell’OCSE, il costo pubblico della sanità italiana, per abitante, è stato di 2.200 dollari; in Francia e in Germania risulta erogato il doppio (vedi anche articolo di Gandini su Effimera).

3) Il quadro si è aggravato a causa di maldestri errori iniziali, dovuti spesso, se non sempre, alla politica del risparmio sui costi; non vennero (e purtroppo ancora oggi non sempre vengono) tempestivamente identificati e isolati i pazienti positivi evitando il loro contatto con le ordinarie strutture sanitarie e col personale. Risultato: i contagiati hanno contaminato sia altri pazienti che stavano in ospedale sia il personale sanitario esposto al rischio in modo sconsiderato. Oggi sono oltre 60 i medici morti e i contagiati fra gli operatori sanitari sono quasi il 10% del totale dei contagiati. Ne consegue che le strutture sanitarie, lesionate dai tagli e modificate irragionevolmente, sono diventate luoghi pericolosi, veicoli di diffusione del virus, guardate con sospetto da chi dovrebbe essere curato o assistito. La popolazione cerca di nascondere i segni di malattia per non essere portata in ospedale, un bel paradosso! Come ha raccontato lo stesso sindaco di Bergamo, Gori, insieme ad altri sindaci, molti sono morti a casa, senza che nessuno abbia verificato se a causa del virus. En passant : quando si limitano i ricoveri perché le strutture sanitarie sono arci-sature è ovvio che poi non aumenta il numero dei contagiati ufficiali, così come quello dei morti (lo stesso accade in Francia dove c’è una moria spaventosa nelle case di riposo dei vecchi, moria non conteggiata nelle statistiche ufficiali). Un trucco mortale: 4.023 ricoverati in terapia intensiva e 45.420 in isolamento domiciliare … Quindi in terapia intensiva neanche il 10 % … Che vuol dire? Che la sanità non ce l’ha fatta più e ha mollato … non ci sono posti in T.I. e quindi li lasciamo a casa … spesso all’abbandono … gli operatori sanitari sono allo stremo e posti in terapia intensiva non ce n’è più … Cosi hanno risolto il problema … lasciamoli morire a casa … dove spesso le bombole d’ossigeno non ci sono  e non si trovano neanche nei paesi vicini … e poi non dicono quanti muoiono in terapia intensiva e quanti in isolamento domiciliare oltre a quelli morti censiti per altre cause mentre forse era per covid19. Il giorno in cui si farà una commissione parlamentare d’inchiesta bisognerà rendere conto dei morti che potevano essere salvati … (vedi Reportage da Bergamo del New York Times: “Trasportiamo morti dalla mattina alla sera” di Jason Horowitz)

4) Il governo ha emanato ripetute misure di confinamento, sempre più severe, per supplire in qualche modo alle carenze di mezzi e di strutture. A volte sono misure per la verità neppure necessarie, secondo gli addetti ai lavori; ma il buon senso, nel dubbio, induce a non correre rischi e le si rispetta, con maggiore o minore convinzione. La sensazione che aprano la porta agli abusi e violino la sfera delle libertà personali (non solo la privacy) e individuali è ben presente nella singola coscienza. L’art. 13 della Costituzione vieta ogni forma di detenzione e anche di qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria, comunque in presenza di una legge. La restrizione obbligatoria domiciliare, per giunta in base a un decreto ministeriale (e solo dopo per decreto legge) si pone in contrasto con la Carta Costituzionale, in assenza di un atto motivato della magistratura. L’art. 32 della Costituzione esclude in linea di massima l’obbligo di sottoporsi a trattamento sanitario; anche a voler ritenere, con interpretazione elastica e quanto meno dubbia, che la permanenza nel domicilio possa essere imposta e sanzionata, rimane la garanzia di cure gratuite agli indigenti e dunque la Repubblica deve provvedere a sistemare i senza tetto, gli abusivi, chiunque. Questo non significa negare la realtà di una precauzione e la sostanziale accettazione collettiva lo dimostra. Ma si tratta di mantenere alta la soglia di difesa non solo della salute, ma anche quella della libertà. La reclusione domiciliare si accompagna, infatti e contraddittoriamente, al mantenimento di molte attività produttive, perfino militari come nel caso clamoroso degli F 35.

5) Oltre il 50% di tutte le attività economiche e in alcuni settori o zone anche il 73% sono rimaste funzionanti costringendo quindi i lavoratori a prestare servizio, spesso esposti a rischi e senza precauzioni, in luoghi chiusi, magari neppure sanificati. Ne consegue che milioni di persone sono esposte a rischio di contagio lavorando, se infettati diventano a loro volta contaminatori dei loro congiunti o conviventi, magari di persone incontrate durante il tragitto casa-lavoro, sui mezzi pubblici o andando a far spesa. Come gli ospedali le piccole abitazioni dei lavoratori diventano focolai di epidemia, trappole in cui si deve restare per decreto. La folla lavoratrice di sintomatici e asintomatici affianca quella del personale sanitario contagiato.

6) L’art. 2087 del codice civile obbliga certamente le imprese ad organizzare l’attività lavorativa in forma tale da salvaguardare la salute; ma in concreto si tratta, di fronte a un virus, di pura astrazione, specie dopo la liberalizzazione delle prestazioni messa in atto negli ultimi anni e soprattutto considerando il sistema produttivo reale. Il recapito di plichi non è solo articolato nel deposito merci (i magazzini di logistica); sia il pubblico (Poste Italiane e società controllate come SDA) sia il privato (DHL, UPS ecc. ecc.) provvedono a consegna su appalto a micro imprese, quasi sempre fuori controllo e continuamente sostituite; queste a loro volta utilizzano singoli soggetti indipendenti, lavoratori irregolari, precari. Girano autocertificati con mezzi propri, magari passano la consegna ad altri; si muovono velocemente e soprattutto è impossibile un vero controllo. Ma guai a fermare questa macchina! Nei cantieri edili più o meno succede la stessa cosa. I riders a loro volta, privi da sempre di tutela, cercano di sopravvivere.  Nella piccola industria metalmeccanica o chimica, accanto agli addetti stabilizzati, ruotano le prese o le consegne e in generale il subappalto; la contaminazione è elemento imprescindibile. I lavoratori lo sanno. Per questo hanno reagito, dove potevano, con forme spontanee di sciopero e di protesta, un grido disperato delle vittime, nella speranza di salvaguardare se stessi e i loro congiunti (sugli scioperi vedi qui). Le organizzazioni sindacali, afferma La Stampa, hanno incanalato (sic!) la protesta, poi sfociata in un accordo che ha almeno ridotto un pochino le autorizzazioni a produrre. Il punto è tuttavia un altro: le esigenze del profitto ancora prevalgono sulla salute. Le case degli imprenditori sono ovviamente più spaziose e meno a rischio di quelle in cui abitano i lavoratori già sofferenti per la crisi, campando con 1.000 o 1.500 euro mensili.

7) I dati ufficiali, comunicati ogni giorno dopo le 18, dalla Protezione Civile sono del tutto parziali, comunque di dubbia attendibilità. Lo stesso capo di questa istituzione ammette che in realtà i contagiati sono, forse, 10 volte di più di quelli recensiti dalle strutture sanitarie, ossia 500 mila se non 800 mila, considerando i c.d. asintomatici e quelli che si sono tenuti lontani dalla sanità pubblica. Da notare che in alcune regioni sono stati eseguiti più tamponi e in altre meno; in diverse provincie si hanno più morti che guariti. E’ comunque evidente che la più forte diffusione del virus s’è avuta, ed è ancora in corso, nelle zone a più alta densità di popolazione e di attività economica; sono proprio questi i focolai gestiti in ritardo e male, Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto (a seguire Toscana, Marche e Liguria).

8) Macron si è mostrato fin da subito incerto e oscillante fra scelta di attesa e reazione aggressiva contro i recalcitranti, mantenendo perfino la scadenza delle elezioni municipali in tutta la Francia. Ha bastonato i Gilets gialli e poi ha rinviato la riforma delle pensioni; ha alternato minaccia e promessa. Numerosi medici e avvocati hanno sporto formale denuncia, contro il governo e contro alcuni ministri, chiedendo all’autorità giudiziaria di procedere al fine di accertare eventuali reati nella ritardata reazione alla pandemia; chiedono di valutare le responsabilità di un mancato intervento tempestivo, che ha provocato e continua a provocare vittime. Sempre in Francia la stessa autorità della Privacy (CNIL) ha diffidato il governo, mettendo in guardia l’esecutivo e ingiungendo in via preventiva di rispettare le norme in tema di privacy nelle adozioni di meccanismi di controllo degli spostamenti, o di monitoraggio per via informatica tramite cellulari. In Italia sinora poco o nulla di tutto è emerso nel dibattito politico o mediatico. Il governo ha replicato, a pioggia, misure volte a sanzionare e controllare l’accesso ai parchi o la migrazione verso la campagna, senza toccare mai l’attività d’impresa. Così, fino ad ora, l’unica protesta forte è stata quella dei lavoratori che hanno scioperato contro la falsa/farsa della chiusura delle attività non indispensabili, con quasi il 60% delle imprese in funzione, necessarie o meno necessarie.

9) In questa crisi di libertà, che si manifesta dentro la crisi del virus, appare davvero disperata la situazione di chi è senza casa o di chi vive in condizioni insostenibili di forzata commistione, senza mezzi e senza igiene adeguata. Sono i “clandestini” (e i “clandestini” sono spesso, in concreto, non spacciatori e banditi, ma badanti, cuochi, postini, muratori), gli immigrati, i deboli, gli emarginati. La sacca di povertà, lo avevamo già scritto prima dell’epidemia, è cresciuta negli ultimi anni; la forbice del reddito si è allargata. I ricchi sono più ricchi e sono meno numerosi; i poveri sono più poveri e sono sempre di più. Il silenzio che è seguito alle morti in carcere lascia esterrefatti; 13 detenuti hanno perso la vita e nessuno ancora oggi, oltre un mese dopo, ne conosce le vere ragioni. Il ministro di Giustizia, solitamente prodigo di commenti, tace imbarazzato; i giornalisti non fanno domande sgradite e si comportano come se un tale avvenimento straordinario non fosse mai accaduto; le opposizioni non si oppongono; le procure, in particolare quella di Modena che ha in carico nove morti, sono silenziose. Ci diranno che per ragioni di privacy (la privacy che non vale quando si tratta di scovare i frequentatori dei parchi urbani) le autopsie non si possono rendere note; ma sappiamo bene che questa è una risposta ipocrita, comunque assai poco convincente. Ci chiediamo: fra tanti parlamentari (oltre mille) ne esiste almeno uno capace di chiedere al governo e al ministro se sia vero o meno che 14 detenuti sono morti contemporaneamente di over dose, e pure su quali basi e a mezzo di quali veline i mezzi di stampa possano propinare questa versione come oggettiva e certa? Avere una risposta ci pare, anche in questa difficile situazione, il minimo invocabile da una comunità di spiriti liberi.

10) Intanto numerosi politicanti, di destra o di sinistra, non smettono di invocare coprifuoco, carri armati in strada, droni, ogni sorta di sorveglianza, abolizione della privacy e pene sempre più severe per chi non rimane nell’abitazione. Siamo arrivati al delirio di sentir proporre un procedimento per omicidio contro i contagiati trasgressori. Oltre 100 mila persone sono già state denunciate; un processo impossibile, uno spettacolo puro. Ora siamo passati alle multe, per fare cassa (forse intendono risolvere così il problema della norma sul pareggio di bilancio, incautamente inserita nella Costituzione da un ceto politico incapace?). Non mancano casi di abuso, da parte di qualche operatore di polizia troppo solerte; in nome dell’ordine e della salute, aggregati i  militari alla sorveglianza per strada,  pensano di approfittare del clima di stato d’assedio per adottare modalità molto dure di «caccia agli untori», passando dall’insulto alla minaccia e forse anche oltre ( vedi di testimonianze raccolte da Wolf Bukowski su Giap). Come hanno spiegato chiaramente diversi esperti, e fra questi Ernesto Burgio, il divieto di passeggiare da soli, tenendo le distanze da altri, è di per sé un’assurdità; sono le circostanze complessive che caratterizzano la maggiore o minore pericolosità. Allora a che serve questo dispositivo poliziesco-militare, l’esasperazione della caccia a chi passeggia? Vogliono, i governanti, trasferire la “colpa” sui singoli soggetti, liberandosi da ogni responsabilità. Vogliono rischiare solo per produrre e incassare. Vogliono instillare l’assuefazione al controllo sociale totale per rendere la popolazione sempre più inibita e incapace di agire?  La coercizione a un disciplinamento esasperato è nei fatti (anche) un nuovo esperimento autoritario, che nasce nella oggettiva occasione contingente: eterogenesi della democrazia liberista.

11) In questi ultimi giorni, in aggiunta agli scioperi spontanei degli operai, è scoppiata a Palermo la rivolta dei “disperati”, cioè del popolo che vive di lavoro nero nelle economie sommerse (ambulanti, commessi, edili, trasportatori ecc.). Lo stesso rancore disperato sembra covare a Napoli. Il sindaco Orlando ha gridato contro il tentativo di assalto ai supermercati, affermando che si tratta di sciacalli manipolati dalla mafia. Questa lettura è piuttosto discutibile, lui stesso riconosce che il problema è che ci sono molte persone che hanno fame. La pagina Facebook che ha chiamato alla rivolta ha avuto in poche ore oltre 2 mila aderenti, la disperazione esiste. A Napoli la situazione probabilmente esploderà come a Palermo; e osservatori attenti segnalano che la rivolta di persone in grave difficoltà sta covando ovunque, anche al Nord. Le autorità di polizia hanno riferito al governo che la situazione è preoccupante. Il capo del governo ha stanziato 4,3 miliardi da ripartire in favore dei comuni e liberato per i primi interventi una somma pari a circa 400 milioni da distribuire per far fronte alle immediate esigenze di sopravvivenza. Una somma troppo modesta per risolvere questa emergenza, in un paese in cui si può stimare che le persone con gravi problemi siano circa otto milioni (fra precari, semi-precari, lavoratori al nero e partite Iva con redditi da fame). Due giorni dopo, dopo le critiche a queste misure, il governo sembra accettare l’idea di ampliare il reddito di cittadinanza. Il sottosegretario Provenzano ha detto che bisogna pensare anche ai lavoratori al nero. Ma l’esecutivo appare in difficoltà, quasi bloccato, dal niet tedesco alla proposta di eurobond incondizionati. Insomma, il governo italiano finora stanzia fondi limitati per far fronte alla crisi sanitaria ed economica più di qualsiasi altro paese. Se non cambia linea di condotta è probabile che si troverà di fronte a una mobilitazione popolare molto dura. E questo vale anche per tutte le autorità europee, che stanno giocando con il fuoco, rischiando di essere clamorosamente travolte, rovesciate o addirittura messe da parte a causa del loro totale fallimento politico.

Gianni Giovannelli e Turi Palidda

* * * * *

Note

[1] Cereda D, Tirani M, Rovida F, Demicheli V, Ajelli M, Poletti P, Trentini F, Guzzetta G, Marziano V, Barone A, Magoni M, Deandrea S, Diurno G, Lombardo M, Faccini M, Pan A, Bruno R, Pariani E, Grasselli G, Piatti A, Gramegna M, Baldanti F, Melegaro A, Merler S; rispettivamente delle seguenti istituzioni: Direzione Gen. della Sanità, Regione Lombardia, Dipartimento d’Igiene e Medicina Preventiva, Agencia della Protezione della Salute Pavia, Unità di Virologia Molecolare della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia, ASL Area Metropolitana di Milano, Centro per l’Informazione e la Comunicazione Tecnologica Foundation Bruno Kessler di Trento, Agenzia regionale per l’Innovazione e Protezione di Milano, Unità Epidemiologica ASL Brescia, ASST Lodi, Unità Malattie Infettive ASST di Cremona, Unità Malattie Infettive della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Dipartimento di Scienze Cliniche chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche, Università di Pavia, Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute dell’Università di Milano, Dipartimento di Patofisiologia e Trapianti dell’Un. di Milano, Dipartimento di Anestesia, Cura Intensiva ed Emergenza della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Department of Social and Political Sciences, Bocconi University, Milano, Italy, Carlo F. Dondena Centre for Research on Social Dynamics and Public Policy, Bocconi University, Milano, Italy

articolo pubblicato anche su Effimera

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>