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Non parlate con me, ma con i ragazzi sotto i ponti

Dichiarazione letta in Aula da Rosella nel processo per diffamazione intentato contro di lei dal Sindaco di Ventimiglia Ioculano. Le sue parole sono le nostre parole!
Il presidio dei Balzi Rossi è nato quando i primi migranti sono arrivati a Ventimiglia per passare la frontiera con la Francia e trovando un muro invalicabile si sono rifugiati sugli scogli. lo ricordo come se fosse oggi: faceva molto caldo e quelle persone sugli scogli non avevano nulla.
Non c’è stato nessun dubbio su ciò che si doveva fare, si doveva dare soccorso a quelle persone, perciò siamo andati a comprare qualche ombrellone, acqua e un po’ di cibo. Da lì è nata una solidarietà incredibile. Centinaia di volontari sono arrivati al presidio e, fino al giorno dello sgombero, abbiamo dato la possibilità ai migranti di vivere in modo dignitoso, abbiamo dato assistenza medica e legale, cibo, acqua e vestiti, scuola di lingue e quant’altro ancora, ma soprattutto famiglia, senza che mai violenza si sia vista.
Solidarietà e condivisione sono state le caratteristiche del presidio, che lo hanno reso un laboratorio di esperienze e di possibilità, dove ciò che ci hanno insegnato a scuola o al catechismo, i principi costituzionali, i diritti umani, l’eguaglianza delle persone, hanno cessato di essere lettera morta e sono diventati attualità e pratica quotidiana.
Un altro mondo possibile, dove il colore della pelle, la provenienza, la condizione economica o la fede religiosa non fossero un ostacolo invalicabile, dove l’accoglienza e la solidarietà avessero un senso ed una loro applicazione quotidiana. Era lì, solo lì, davanti a noi, era l’esperienza quotidiana del presidio dei balzi Rossi.
Ben diversi i dispositivi di “accoglienza” ufficiali che, per dirla con parole di Mons. Suetta “evocano che che vorremmo non aver mai conosciuto: campi di concentramento e deportazioni”, condizioni il più delle volte denunciate e condannate anche dalla corte europea dei diritti dell’uomo.
Lì, al presidio, abbiamo conosciuto quelle persone, le abbiamo ascoltate. ci hanno raccontato le loro storie: ci hanno raccontato dei loro paesi in guerra, delle torture subite in libia, dei morti nel mediterraneo e del terrore del viaggio. E poi dell’abbandono in Italia, delle strutture che non c’erano, delle leggi incomprensibili. del loro bisogno disperato di cercare una stabilità ma anche, soprattutto, un qualcuno che li ascoltasse e in cui potessero vedere un amico. i migranti scappati da fame e guerra arrivavano al presidio dicendo di non aver mai visto niente di simile in tutto il loro viaggio!
In quel periodo il Sindaco Ioculano, senza mai essere stato al presidio, chiedeva continuamente lo sgombero, mentre il vescovo Suetta definiva i solidali ” martiri del nuovo millennio”.
E poi lo sgombero, le ruspe, i ragazzi sugli scogli senz’acqua circondati da blindati e forze dell’ordine, e io, che conoscevo loro, le loro storie, la violenza che già avevano subito, che il presidio che avevo contribuito a tenere vivo e pulito, a sistemare i vestiti, la mensa, e tutto quello che in pochi minuti e’ stato distrutto con una incredibile violenza, ho scritto quel post.
Perché anche quella mattina ero lì, impossibilitata ad avvicinarmi, a dare un abbraccio, a passare un panino o una bottiglia d’acqua, costretta ad assistere impotente alla distruzione di quanto avevamo, tutti insieme costruito, ma anche e soprattutto alla distruzione di una idea diversa di accoglienza e di solidarietà, senza che nessun altro che Mons. Suetta tentasse almeno una mediazione.
Ventimiglia aveva la possibilità di dare un segnale forte, poteva realmente diventare la “città dell’accoglienza”, gli ingredienti c’erano tutti: grande solidarietà, disponibilità da solidali e organizzazioni sia legate alla chiesa che al mondo del volontariato, una Diocesi aperta e disponibile, strutture.
Quello che è mancato è stata la volontà di mettersi in gioco di avere il coraggio di affrontare il presente e progettare il futuro.

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