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“Ne ho picchiati tanti, non mi ricordo se c’eri anche tu”: la procura archivia la “lezione di vita carceraria”

La quotidiana violenza del carcere era finita su un nastro registrato grazie al coraggio di un detenuto, Rachid Assarag. Le voci degli agenti penitenziari picchiatori, quelle dei medici collusi, erano trapelate al di fuori delle mura della dell’Istituto penitenziario di Parma mettendo in evidenza qual è il funzionamento quotidiano delle prigioni italiane: alla tortura del carcere si aggiungono i pestaggi sistematici dei secondini coperti dai dottori.

Un nastro inequivocabile con frasi degli agenti del tipo Come ti porto, ti posso far sotterrare. Qui comandiamo noi, né avvocati né giudici, comandiamo noi!”, Otteniamo risultati soltanto col bastone, per questo vi picchiamo.

I nastri riportano anche scambi con i medici, quando Rachid s’informa sull’opportunità di denunciare l’accanimento degli agenti la risposta non lascia spazio a dubbi Vuole denunciarle? Poi le guardie scrivono nei loro verbali che non è vero… Che il detenuto è caduto dalle scale; oppure il detenuto ha aggredito l’agente che si è difeso, ok?.

Quando i nastri erano usciti con la denuncia dell’associazione A buon diritto, circa un anno e mezzo fa, il Direttore del carcere si era trincerato dietro un no comment mentre i paladini della legalità del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) erano insorti contro la “scorrettezza” del detenuto che aveva registrato le infamie dei colleghi, “si vedrà chi ha ragione e chi ha torto” aveva concluso Errico Maiorisi con la tranquillità di chi sa che la divisa assicura una serena impunità anche quando le prove degli abusi sono talmente palesi da rendere impossibile anche solo immaginare come faranno a fargliela passare liscia ancora una volta.

Alla procura di Parma, che avrebbe dovuto indagare sul caso a seguito della denuncia, non mancano però né la fantasia né la faccia tosta e i PM hanno quindi deciso di chiedere l’archiviazione su tutto. Una frase come Ne ho picchiati tanti, non mi ricordo se c’eri anche tu per il sostituto procuratore Emanuela Podda sono “lezioni di vita carceraria, più che minacce e affermazioni di supremazia assoluta o negazione dei diritti, visto che la guardia dice di non aver mai usato violenza”. Podda non ha quindi giudicato che la situazione del carcere di Parma meritasse ulteriori indagini.

D’altro canto, quale barzelletta ci raccontano quando si parla di Stato di diritto l’aveva già chiarito uno dei secondini che si può ascoltare sui nastri di Rachid  “Nelle denunce tu puoi scrivere quello che vuoi, io posso scrivere quello che voglio, dipende poi cosa scrivo io…

da InfoAut

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