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Messina: 7 in condotta per chi ha promosso l’occupazione al Liceo La Farina

Occupazioni scolastiche: “Come può esserci conoscenza dove c’è oppressione?”

Si ritorna a parlare del Liceo La Farina di Messina, e dell’occupazione dell’istituto che, nei giorni 26 e 27 novembre 2015, ha visto protagonisti tredici ragazzi in particolare.

Ma ricostruiamo brevemente i fatti:

Giorno 26 novembre, una volta constatato che la volontà della maggioranza della popolazione studentesca è quella di occupare i locali scolastici, procediamo a prenderne possesso, dichiarando lo “stato d’assedio”. Gli studenti ritengono che l’occupazione sia la forma di protesta più adatta come forma di continuità della lotta, a seguito degli scioperi nazionali indetti contro la buona scuola.

Ma poco prima, durante l’assemblea in cui leggevamo le motivazioni della protesta, i rappresentanti d’istituto vengono convocati in presidenza, ove sono identificati dagli agenti della Digos. Ma lo stato d’occupazione non era ancora stato dichiarato: vengono identificati semplicemente per un’assemblea.
Comunque, l’occupazione procede tra alti e bassi, fino ad arrivare all’alba di sabato 28 novembre.
Verso le ore 6.00 sentiamo un tonfo seguito da un rumore assordante, e apriamo la porta dell’aula in cui dormivamo: giusto in tempo per vedere tre individui dileguarsi, e un estintore scaricato lungo tutto il corridoio. Strano, visto che per prevenire danni di questo tipo avevamo messo tutti gli estintori della scuola al riparo.

Mi lacrimano gli occhi, tossisco, non riesco a respirare bene né a vedere niente. Cerchiamo di ripulire come possiamo, constatiamo i danni: la porta della palestra forzata, il corridoio ricoperto di polvere bianca, sedie e banchi rovesciati, una forzatura al bocchettone dell’acqua nel tentativo (non riuscito) di allagare la scuola.

Passa mezz’ora e ci ritroviamo davanti una decina di agenti della DIGOS (erano quasi più di noi!)… d’altronde si erano trovati la porta spalancata. Una decina di omaccioni grandi e grossi che intimano a 13 ragazzi (6 maggiorenni, 7 minorenni) di favorire i documenti.

Uno di noi chiede agli agenti il favore di spostarci altrove, visto che nell’androne l’aria era irrespirabile per via della polvere dell’estintore. “Peggio per voi che l’avete usato”, ci viene risposto.
Gli agenti si aggirano alla ricerca di sostanze stupefacenti, sorvegliandoci a vista come criminali della peggior specie. Noi non ci sentiamo criminali, ci sentiamo estirpati dalla nostra scuola, quella che consideriamo una seconda casa. Non ci sentiamo criminali, eppure veniamo schedati, interrogati, costretti a sostenere spese legali, con l’ansia di un processo che forse arriverà forse no.

Perché è avvenuto questo?
Semplice: la nostra preside ha richiesto lo sgombero forzoso dei locali scolastici. Non il dialogo ma un atto di forza, non un confronto ma la decisione di far intervenire la polizia nelle dinamiche scolastiche.

Non va bene che la polizia entri in una scuola.

Non ci siamo scordati di quel vergognoso sgombero, non ci siamo scordati i commenti maligni sul nostro conto di una cittadinanza sorda al richiamo della protesta e alle esigenze di noi studenti. Non ci siamo scordati la sensazione che si prova, a quindici sedici e diciassette anni, ad essere “prelevati” da agenti della DIGOS ed essere sbattuti in questura all’alba. Non ci siamo scordati la gogna mediatica a cui siamo stati sottoposti, e nemmeno cosa si prova ad essere trattati da reietti nella nostra stessa scuola.

Abbiamo risposto con il nostro impegno, non facendoci piegare e organizzando tante iniziative, ma oggi siamo stati di nuovo “puniti”.
7 in condotta per tutti i “fautori” dell’occupazione, i pericolosissimi sobillatori di folle!

L’autorità ha compiuto la sua rappresaglia, ha pensato di punirci, di spegnerci, di zittirci con un misero voto messo nero su bianco.
Ma noi non siamo numeri.
Non ci importa niente.

E’ il principio: “punirne dieci per educarne cinquecento”, funziona più o meno così.

Forse con questo 7 in condotta pensano di spaventarci, di ammutolirci, di renderci schiavi?
Noi risponderemo con la lotta, ogni giorno.

Ps. Le anomale dinamiche della vicenda dell’irruzione ci sono tutt’oggi ignote.

L’impresa scolastica non ha forse obbedito fino ad oggi a una preoccupazione dominante: migliorare le tecniche di ammaestramento affinché l’animale sia redditizio?
Nessun ragazzo supera la soglia di una scuola senza esporsi al rischio di perdersi: voglio dire di perdere questa vita esuberante, avida di conoscenze e di meraviglie, che sarebbe così esaltante nutrire, invece di sterilizzarla e farla disperare con il noioso lavoro del sapere astratto. Che terribile constatazione quegli sguardi così brillanti di colpo sbiaditi!
Ecco quattro muri. Il consenso generale decide che, con ipocriti riguardi, vi saremo imprigionati, costretti, colpevolizzati, giudicati, onorati, puniti, umiliati, etichettati, manipolati, vezzeggiati, violentati, consolati, trattati come aborti che questuano aiuto e assistenza. Di che cosa vi lamentate? obbietteranno gli autori di leggi e decreti. Non è forse il modo migliore di iniziare i novellini alle regole immutabili che reggono il mondo e l’esistenza? Senza dubbio. Ma perché i giovani dovrebbero ancora accontentarsi di una società senza gioia e senza avvenire, che gli stessi adulti sopportano ormai rassegnati, con un’acrimonia e un malessere crescenti? Una scuola dove la vita si annoia insegna solo la barbarie”.
R. Vaneigem – “Avviso agli studenti”.

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