Il primo maggio 2018 a Parigi è stata un’ennesima occasione di allarmismo e tentativo di criminalizzazione di manifestanti che hanno cercato di adottare modalità non passive per reagire alla violenza poliziesca, secondo un copione che ha ormai quasi venti anni di vita, dalle proteste contro l’OMC a Seattle nel 1999 fino al G20 di Amburgo nel luglio 2017.

Prima di proporre qualche commento a questi fatti, riprendiamo in parte un racconto pubblicato su Médiapart e il racconto di chi c’era nel momento di scatenamento di questa violenza persino sfacciatamente programmata da parte del governo. In un articolo pubblicato nel suo blog su Médiapart, Stéphane Lavignotte scrive: alla vigilia della manifestazione, una dichiarazione della Prefettura di Polizia gira sui social network e fa ridere chi si prepara al corteo di testa il giorno dopo. Riprendendo, distorcendo e ingrossando elementi che sembrano copiati dall’appello pubblicato su Paris-Luttes-Info (“Per un primo maggio rivoluzionario”), la prefettura punta a far paura per dissuadere la gente di andare al corteo – ricordiamo che già nel 2015 con Valls capo del governo, la polizia s’era scatenata in un’operazione di violenza assolutamente gratuita e con modalità inedite anche dal punto di vista del dispositivo e degli strumenti (granate fumogene tossiche di dispersione buttate in mezzo al corteo e improvviso spezzettamento di questo con intrusione di grate di almeno 4 metri di altezza e 20 metri di larghezza montanti su camion accompagnati da squadroni di brutali manganellatori anche di ragazzini e donne anziane, uso di taser e lanci di fumogeni tossici ad altezza d’uomo, uso di manganelli contro persone a terra da parte di più agenti – stile G8 di Genova).

Nella manifestazione del 1 Maggio 2018 il black bloc sarà molto importante, molto determinato, con tanti militanti stranieri … Ed ecco scatenati i media a gridare che i lupi sono entrati in città … Il discorso della prefettura riprende la retorica degli anni ’70 sui casseurs e gli “agitatori violenti professionisti” per preparare l’opinione pubblica alle sue operazioni – fra cui perquisizioni e controlli – e all’intesa con i sindacati sullo svolgimento della manifestazione. In altre parole, la prefettura gioca d’anticipo annunciando un pericolo che sarebbe molto più grande del solito per giustificare maggiore brutalità e più arresti da parte della polizia.

I giornalisti velinari hanno potuto quindi alimentare una tale atmosfera: sulla stazione radiofonica France-Inter la stessa mattina viene diffuso un notiziario che è un copia-incolla del comunicato della prefettura. Il corteo di testa ha avuto una partecipazione notevole. 15.000 persone? 1.500 black bloc? Le cifre sparate dalla prefettura e dai media convalidano il comunicato prima citato e la quantità degli arresti eseguiti. Questa è stata forse l’unica manifestazione in cui le cifre della prefettura sono state più alte di quelle dei (non)-organizzatori …

Il corteo di testa è bloccato dall’imponente schieramento della polizia poche centinaia di metri dopo la partenza. Allora il black bloc reagisce: un McDonald e una concessionaria d’auto vengono attaccati. Gli spazi di manovra sono limitati, il grosso del corteo è bloccato sul ponte di Austerlitz dall’altro lato della Senna – il rischio di restare intrappolati da un operazione di “nassa”, cioè di accerchiamento, praticata in molte occasioni dalla polizia, è concreto. Molto rapidamente, infatti, in meno di 30 minuti, la polizia avanza con violenza e il corteo di testa (non sindacale) rifluisce all’indietro e si disperde verso il ponte di (accanto alla stazione SNCF). La polizia bombarda di granate lacrimogene. Contrariamente alle dichiarazioni del prefetto, che in seguito avrebbe spiegato ai media di aver dato l’ordine di ridurre i tiri vista la forte presenza di manifestanti non violenti, i lacrimogeni sono stati sparati senza molti complimenti su quella parte del corteo, asfissiandoci; i lanci si ripetono e il gas resta (chi ha problemi agli occhi rischia grosso). Dopo, manganellate su persone spesso molto lontane da qualsiasi impatto con la polizia (come quelle all’Orto Botanico o sul lungosenna Saint-Bernard, oppure in seguito in piazza Contrescarpe). Squadroni di CRS su tutti i fronti, compreso il Ponte di Austerlitz lato Bastiglia, impediscono la fuga di chi è rimasto circondato; nel frattempo il corteo sindacale prende il percorso negoziato in anticipo … L’odore di tradimento si aggiunge a quello dei gas lacrimogeni.

Sul momento, siamo sorpresi e nauseati dalla svolta tanto e così rapidamente violenta dell’operazione di polizia: una trappola così sfacciata a cui i sindacati hanno dato una mano. Peraltro, come ha mostrato anche un articolo del 3 Maggio di Julia Pascual, il danno materiale contro vetrine e arredo urbano è stato molto inferiore rispetto ad altre manifestazioni (si vedano anche i successivi articoli su Le Monde, Libération e Médiapart[1]). Ovviamente questo non conta.

La prefettura, i media velinari e i politici rilanciano il messaggio ricevuto: Parigi è “saccheggiata”, le grandi arterie sono “in mano a orde violente”, ecc. Tweet idioti si scatenano, la macchina delle tv d’informazione è continuamente rilanciata. Il montaggio di immagini trasforma tutto in loop: è come se centinaia di McDonald fossero stati saccheggiati … la terminologia è ormai consolidata: teppisti, saccheggio, black bloc, casseurs, molotov … Tornando a casa la sera chi c’è stato ha visto in tv una ricostruzione assolutamente irreale rispetto a quanto ha vissuto. Il governo era riuscito inizialmente nel suo intento: spaventare, promettere che avrebbe stroncato la “terribile minaccia” del black bloc e che i sindacati sarebbero stati surclassati … giustificando così l’inutilità di ascoltare le loro rivendicazioni.

Se sul campo non restano che governo e black bloc, cosa potranno scegliere le brave persone? Macron ha la pretesa di essere il nuovo De Gaulle (Françaises et Français! Je vous ai compris! … La France c’est moi!). E nel gioco delle parti le destre accusano il governo di essere stato lassista! Di non aver pestato abbastanza la “canaglia” black bloc. Non bastano loro gli oltre 200 fra arresti e fermi, tra cui anche minorenni, e dozzine di altri che probabilmente subiranno pesanti sanzioni – oltre ad un’enorme quantità di vittime della violenza poliziesca, quasi sempre estranee alle azioni di protesta dei manifestanti più attivi. Come in tante altre occasioni, la pratica di colpire a caso si conferma subito nelle udienze in tribunale: dei ragazzini che piangono, persone che erano solo passanti, un apprendista cuoco di 20 anni, qualche reporter e così via … Alcuni chiedono: “Scusi posso sapere perché sono stato arrestato? Non si può più andare a una manifestazione?” Un avvocato ha domandato: “ma dove sono i black bloc?”. Chi rifiuta di lasciare le impronte e il prelievo del DNA è rimandato in cella per almeno 15 giorni. Gli altri devono andare a firmare al commissariato ogni giorno!

La piccolissima battaglia di Austerlitz

Nei giorni precedenti al primo maggio una parte dei movimenti studenteschi e più radicali aveva espresso la volontà di interrompere l’automatismo del corteo di testa e del blocco nero e di portare il conflitto di strada nel Quartiere Latino per contestare radicalmente il recupero della memoria del ’68 da parte dello Stato francese. Tuttavia, la forte repressione contro il corteo del primo maggio e la massiccia presenza delle forze dell’ordine in tutta la zona fino al mattino del 2 maggio hanno impedito a questa volontà politica di realizzarsi pienamente. Poco dopo le 16, all’altezza della stazione ferroviaria di Austerlitz, il nutrito spezzone di manifestanti alla testa del corteo (indipendente da quello dei sindacati), è stato attaccato dalla polizia.

I CRS (un corpo specializzato nella repressione violenta delle manifestazioni e anche nella guerriglia urbana) erano saldamente schierati con centinaia di uomini, numerosi mezzi blindati e idranti ai tre lati del percorso imposto al corteo dalla prefettura. I manifestanti organizzati secondo la tattica del black bloc hanno iniziato a tirare oggetti e petardi contro la polizia e a danneggiare o negozi di alcune multinazionali e le vetrine delle banche. Alcuni incendi hanno iniziato a svilupparsi negli esercizi danneggiati. Per evitare danni alle abitazioni private, i manifestanti hanno fatto creato dei cordoni per far passare i pompieri per spegnere gli incendi. Ma la polizia (secondo il gioco del disordine che fa comodo) ha iniziato ad attaccare dai tre lati e con forza questa parte del corteo, bombardandolo di lacrimogeni tossici e granate a concussione e frammentazione – che disperdono, esplodendo, pericolosi pezzi di plastica. Il corteo è retrocesso lentamente sul ponte difendendosi con lanci di sassi e petardi. In alcuni punti l’affollamento diventava quasi soffocante ed unito ad una fitta nebbia di gas tossici creava numerosi svenimenti e attacchi di panico.

La solidarietà tra i manifestanti è stata tuttavia grandissima e si sono evitati feriti gravi. Quando il gruppo di manifestanti più combattivi è stato circondato e il resto respinto oltre il ponte di Austerlitz, la polizia ha iniziato ad usare gas lacrimogeno anche contro il corteo sindacale; i manifestanti equipaggiati di guanti e maschere di protezione hanno tenuto le prime file alzando una barricata lungo il canale della Bastiglia – così permettendo al corteo sindacale di defluire su una strada secondaria e continuare il percorso. Infine, solamente un gruppo di qualche centinaio di persone è rimasto letteralmente circondato secondo la tattica della “nassa” sperimentata a lungo dalla polizia francese e 109 persone sono state arrestate (cifra poi verificatesi effettiva). La polizia ha dichiarato di aver avuto soltanto quattro feriti lievi. Il prefetto ha annunciato che sarebbero state utilizzate anche tracce di DNA sui sassi lanciati dai manifestanti per individuare i responsabili. Il tutto è durato solamente due ore.

Ricordiamo che il black bloc come termine per indicare la tattica del travisamento con il colore nero di un gruppo di manifestanti dediti all’azione diretta contro la polizia e la proprietà privata è nato negli anni ’80 in Germania. A partire dalle proteste a Seattle del novembre del 1999 questo termine è tornato al centro di dispositivi polizieschi di manipolazione dei media del discorso sull’agire politico nello spazio pubblico. In Italia abbiamo conosciuto la massima espansione di questo dispositivo discorsivo dopo le forti proteste in occasione del vertice G8 di Genova – ma ormai da 20 anni in occasione di scontri di piazza nelle città europee e americane si riattiva periodicamente un format discorsivo con molte analogie che sarebbe utile capire meglio. Secondo questo schema, il black bloc sarebbe un gruppo di giovani “criminali”, descritti come manipolati o manipolatori da immancabili interviste del giorno dopo a fantomatici testimoni anonimi, ai quali viene negata ogni politicità – oppure viene loro attribuita l’etichetta grottesca di “ultra-sinistra” se non “anarcoinsurrezionalisti” (secondo la categoria dei servizi segreti italiani).

I giovani con il volto travisato diventano così il folk devil, una fonte di panico morale da agitare davanti ai cittadini “perbene”, ai quali verrebbe impedito di manifestare pacificamente e ordinatamente sotto la benevola sorveglianza dell’apparato poliziesco-militare. L’adozione di tattiche di travisamento, autodifesa, protezione del proprio corpo dagli impatti delle armi sempre più potenti della polizia obbliga i partecipanti del blocco nero a distinguersi dagli altri manifestanti e rischia sotto i colpi del dispositivo narrativo mainstream di generare distanza o “disidentificazione”  – per quanto l’anonimato del colore nero aveva inizialmente proprio l’intento di negare ogni differenza identitaria per creare un gruppo unito da una volontà comune.

Il 30 aprile è circolata la notizia dell’aumento delle spese militari nel mondo; la Francia si colloca al quinto posto, l’Italia all’undicesimo – ma dappertutto l’incremento è stato enorme. Ciò a riprova che la lobby militare-poliziesca, intrecciata con quella delle nuove tecnologie, è sempre più potente (e in Italia conta sul sostegno organico da parte della ex-sinistra). L’egemonia neoliberista ha esasperato la sproporzione di forze tra l’apparato repressivo dell’ordine pubblico e le capacità di reazione e spesso di sola difesa da parte di gruppi più o meno organizzati di persone che vogliono protestare o impedire i diversi atti delle lobby e dei poteri pubblici che provocano solo disastri sanitari, ambientali ed economici.

Alcuni scienziati sociali segnalano la sequenza ininterrotta di emeutes, riots e rivolte e sostengono che la chiusura dei canali istituzionali di mediazione sociale spieghi in parte la loro proliferazione. La protesta basata sulla azione diretta si è assolutamente globalizzata; non certo per “sfizio dello scontro con la polizia” – ma proprio perché la sopravvivenza stessa di buona parte delle popolazioni del mondo conduce alla resistenza a volte persino disperata contro le conseguenze di un neoliberismo che sembra potersi permettere di non concedere né welfare e neanche il vecchio paternalismo della governamentalità di alcuni periodi del XX secolo.

L’asimmetria di ricchezza, di forze e mezzi e quindi di potere fra dominanti e dominati permette ai primi (privati e pubblici) di tornare alle brutalità che ricordano i massacri del XIX e XX secolo. E se oggi ci sono meno morti di allora è perché la stragrande maggioranza dei manifestanti è pacifica e anche il black bloc esclude l’uso di armi da fuoco o letali e spesso mette in atto tattiche volte a salvaguardare vite umane e la sicurezza dei manifestanti pacifici. All’interno del black bloc è stato più volte discusso come sia necessario essere asimmetrici rispetto alle modalità e pratiche militari delle polizie per non farsi irretire nel gioco del potere che provoca e usa il disordine o la pseudo-guerra civile per massacrare chi protesta e accentuare l’asimmetria del potere. Tutta la manfrina che periodicamente raccontano i signori del governo della paura, della tolleranza zero e del taser e manganello grazie anche ai loro velinari (che dappertutto abbondano) è evidentemente parte di una modalità “pro-attiva” basata su pseudo “tattiche contro-insurrezionali” (oggi in assenza di insurrezioni) sperimentate nei territori francesi di oltremare e durante le missioni militari all’estero. (Non commentiamo la miopia politica di Mélenchon e di qualche altro benpensante di sinistra).

I dominanti sanno che l’esasperazione delle pratiche del loro dominio provoca conseguenze sempre più insopportabili. Nonostante la continua e sistematica erosione delle possibilità, occasioni e capacità di agire politico da parte delle vittime dei dominati, la rivolta si riproduce sempre proprio perché si tratta di sopravvivenza! E i dominanti temono la conflittualità, temono la diffusione della povertà e delle vittime delle loro continue malefatte. Per questo si rinchiudono in bunker dorati e super fortificati, pensano di scappare su piattaforme spaziali, pagano sempre più mercenari e bodyguard e pretendono che militari e polizie siano sempre più brutali e fascisti. In Europa, da Sarkozy a Valls e ora a Macron, la polizia francese è quella più vicina alla brutalità di quella statunitense, che accumula ogni anno una quantità impressionante di assassinii di neri e latino-americani. L’esasperazione della criminalizzazione dei giovani che cercano di sperimentare una protesta efficace potrebbe forse rischiare di spingere qualcuno verso l’illusione che la lotta armata sia la risposta alla militarizzazione dell’ordine pubblico. Tuttavia, in Europa occidentale tale scelta ha portato a un tragico fallimento nonostante godesse in alcuni momenti di una seppur limitata legittimità sociale. Questo primo maggio mostra invece che c’è una certa intelligenza collettiva di reagire nelle città come nei territori ribelli come la ZAD o la Val di Susa. Il futuro del corteo di testa in Francia, del black bloc o di altre tattiche di protesta attiva in Europa si giocano forse sulla capacità di allargamento e massificazione di pratiche di rottura dei dispositivi di controllo e non sulla “verticalizzazione” o “radicalizzazione” dello scontro.

Vittorio Sergi e Salvatore Palidda

Note

[1] In particolare: ttp://www.lemonde.fr/societe/article/2018/05/04/cortege-de-tete-les-gens-se-demandent-quoi-faire-de-leur- rage_5294240_3224.html; http://www.lemonde.fr/societe/article/2018/05/04/deux-mille-policiers-et-gendarmes-deployes-a-paris-le-5- mai-pour-la-fete-a-macron_5294280_3224.ht .