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L’inferno delle celle “lisce” da Asti a Catanzaro

Nell’ultimo rapporto di Antigone l’elenco di alcuni dei casi più significativi

L’inchiesta giudiziaria sui casi di tortura nell carcere di Poggioreale punta di nuovo i riflettori all’utilizzo della cosiddetta “cella zero” o, nel gergo carcerario, la “cella liscia”. Non è un caso isolato, ma è una forma di contenimento – più volte stigmatizzato dai vari organismi internazionali – al limite della tortura.

Si chiama “liscia” perché dentro non c’è nulla: non ci sono brande né sanitari (i detenuti sono costretti a fare i loro bisogni sul pavimento), né finestre o maniglie, nessun tipo di appiglio. Viene utilizzata per sedare i detenuti che danno in escandescenza, oppure che compiono più volte atti di autolesionismo o tentativi di suicidio. Un rimedio che molto spesso risulta anche deleterio visto che non sono mancati casi di suicidio proprio all’interno di queste celle. L’ultimo caso – denunciato da il Dubbio – riguarda la misteriosa morte di Maurilio Pio Morabito, ufficialmente suicidatosi all’interno della cella di isolamento, dove è stato ristretto per due settimane. L’isolamento punitivo non solo fa male. Ma a volte tortura e uccide.

A ricordarlo è stato l’associazione Antingone con il suo ultimo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Un intero paragrafo è dedicato a questo provvedimento rispetto al quale, scrive l’associazione, “non vi sono dati”. Antigone ha però stilato un lungo elenco di casi esemplificativi di quanto questa misura punitiva – a volte “vessatoria, anti-educativa e disumana” – faccia male.

Eccolo di seguito:

2004 – Carcere di Asti: due detenuti vengono denudati, condotti in celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino. Viene loro razionato il cibo e impedito di dormire, sono insultati e sottoposti per giorni a percosse quotidiane. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2015 dichiara ammissibile il loro ricorso per tortura. La sentenza è attesa a breve.

2006 – Carcere di Civitavecchia: H. E., 36 anni, eritreo, si uccide impiccandosi in una cella di isolamento della Casa Circondariale. Il giovane si trovava da circa due mesi rinchiuso nella sezione di Alta Sicurezza.

2007 – Carcere di San Sebastiano (Sa): alcuni agenti di polizia penitenziaria trovano senza vita nella sua cella il detenuto M. E. Era in isolamento, in una cella liscia, perché in qualche occasione aveva manifestato la volontà di uccidersi. 2008 –

Carcere di Marassi (Ge): un ragazzo di soli 22 anni, M. E., viene trovato senza vita riverso per terra, con una bomboletta di gas in mano, nel bagno della sua cella. Qualche giorno prima di morire aveva scritto una lettera alla mamma: «Qui mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana. Mi riempiono di psicofarmaci. Sai, mi tengono in isolamento 4 giorni alla settimana».

2009 – Carcere di Venezia: un 28enne di origini marocchine, C. D., si impicca nella cella “di punizione”, nella quale era stato trasferito dopo aver tentato il suicidio. Un ispettore della Polizia Penitenziaria è stato condannato a 7 mesi di reclusione per omicidio colposo e abuso di autorità. Non era stata disposta la sorveglianza sul detenuto a rischio.

2010 – Carcere di Foggia: si chiamava R. F. e aveva 41 anni. Si è impiccato trasformando i lembi dei suoi pantaloni in un cappio. Era stato messo in una cella di isolamento “liscia” dopo che aveva mostrato evidenti segni di disagio psichico tentando di darsi fuoco e incendiando la cella che lo ospitava.

2011 – Carcere di Poggioreale (Na): G. R., 50 anni, si impicca facendo a brandelli una coperta mentre era in isolamento in cella singola nel reparto di osservazione. Il suicidio avviene a poche ore dal suo ingresso in carcere.

2012 – Carcere di Trani (Ba): il 34 enne G. D. muore durante la notte di capodanno in una cella del carcere di Trani, in isolamento. A dicembre 2011 l’uomo era stato trasferito d’urgenza nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Bisceglie per una crisi epilettica ed era stato tenuto sotto osservazione per 4 giorni. Rientrato in carcere era rimasto in isolamento, non si sa bene per quale motivo, se per la difficile convivenza con altri detenuti o perché punito perché accusato di aver simulato la malattia.

2013 – Carcere di Velletri (Rm): G. M., un uomo di 40 anni si uccide impiccandosi con le lenzuola all’interno della sua cella di isolamento, 8 ore dopo essere arrivato in carcere.

2014 – carcere di Lucera (FG): un 38enne si impicca nella cella d’isolamento. Avrebbe avuto una lite con un agente della Polizia Penitenziaria, e per questo era stato messo «in osservazione».

2014 – carcere di Poggioreale (Na) – A gennaio un ex detenuto sporge la prima denuncia alla Procura di Napoli per i maltrattamenti subiti, segnalando anche la presenza della cosiddetta «cella zero».

2015 – Carcere di Regina Coeli (Rm): due suicidi in meno di 24 ore. Il primo, quello di L. C. Il detenuto era in isolamento e doveva essere tenuto sotto stretta sorveglianza fino all’interrogatorio di garanzia che si sarebbe dovuto svolgere la mattina dopo. Il secondo, quello di T., un ragazzo entrato in carcere a 18 anni e un giorno. Anche il giovane si trovava in isolamento, dapprima in isolamento giudiziario, ma mai trasferito in sezione fino al 20 luglio, quando è avvenuta la morte. Il caso è stato archiviato, ma i legali stanno ripresentando nuova denuncia.

2016 – Carcere di Paola (Cs): il detenuto Maurilio Pio Morabito, in carcere per spaccio di stupefacenti, si suicida nell’aprile scorso nella sua cella, dopo aver trascorso un periodo di isolamento in una cella liscia. Il suo fine pena era imminente. M. sarebbe uscito dal carcere il 30 giugno.
Anche il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma si è occupato di questa realtà. In un suo ultimo rapporto riguardante la visita nel carcere calabrese “Ugo Caridi” di Catanzaro ha denunciato l’esistenza di tale cella nella sezione dedicata all’isolamento. La sua delegazione ha visitato una cella liscia descritta come una stanza con un letto uguale a quello delle altre stanze detentive fissato a terra, con un materasso – alla data della visita in cattive condizioni – e dotata di un gabinetto alla turca. La stanza è stata trovata priva di luce elettrica (per mancanza della lampadina), molto sporca. La delegazione è stata informata che un detenuto eventualmente alloggiato in tale ambiente viene sorvegliato a vista dal personale della Polizia penitenziaria. Il Garante nazionale ha espresso il proprio disappunto sia per le condizioni materiali di tale cella e degli spazi a essa connessi, sia per la previsione in sé di una cella cosiddetta “liscia” all’interno di una sezione detentiva. Pertanto il Garante nazionale ha raccomandato alle autorità dell’Amministrazione centrale di “emanare una chiara indicazione normativa secondaria (direttiva, circolare) al fine di chiarire che le celle lisce nel reparti detentivi, quali luoghi dove alloggiare per periodi temporali superiori a pochi minuti, detenuti in crisi di agitazione potenzialmente etero o auto lesivi, sono inaccettabili e devono essere chiuse”. Ancora è in attesa di una risposta da parte del Dap.

Damiano Aliprandi da il dubbio

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