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Lettera aperta di un intellettuale sconfitto ma non rassegnato

Lettera aperta dell’avvocato Adriano D’Amico al Direttore Responsabile del Carcere di Rossano Calabro, al Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Calabria e al Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria  a riguardo la detenzione di Cesare Battisti

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lettera aperta di un intellettuale sconfitto ma non rassegnato

“Oltre ad essere spiccatamente punitivo sotto tutti gli aspetti, il mio trasferimento a Guantanamo Calabro equivale ad una condanna all’isolamento ininterrotto, dato anche l’impossibile contatto con i membri dell’Isis o supposti tali.

Voglio sperare che il Dap trovi una sistemazione degna di un paese civile, senza costringermi a riprendere lo sciopero della fame. Già che è preferibile finirla in un mese, con la gioia dell’ipocrisia nazionale, piuttosto che agonizzare un anno in condizioni vergognose e insostenibili. 

Dopo l’isolamento forzato di Oristano sono qui sottoposto a un regime di gran lunga più restrittivo. Il mio spazio vitale è stato ridotto ai minimi termini di sopravvivenza.

In un clima di estrema tensione e ordinaria intimidazione, sorvegliato a vista e costretto all’ozio forzato in una cella di un terzo inferiore allo spazio della precedente, sprovvista di suppellettili indispensabili.

Mi è stato confiscato il computer impedendomi di fatto di svolgere la mia attività di scrittore e concludere il mio ultimo lavoro rimasto in memoria.

A una mia richiesta, è stato provocatoriamente risposto che non risulta alle autorità una mia professione che implichi la disponibilità del computer o di altro materiale didattico.

Come se non bastasse, mi è stata applicata una feroce censura.

Questa non già per la supposta fitta attività epistolare eversiva (sic), come pretende il vergognoso provvedimento, al quale nessuno può seriamente credere, bensì con il chiaro obiettivo di impedirmi di interagire con le istanze esterne, culturali e mediatiche, grazie alle quali starei guadagnando consensi democratici e garantisti, di fronte alla vendetta dello Stato”.

 

   Illustri Signori,

quanto sopra riportato in virgolettato, è il contenuto di alcune dichiarazioni rese dal Sig. Cesare Battisti, noto scrittore italiano, già militante dei PAC, recluso nel carcere di Rossano Calabro (CS) ormai da qualche settimana.

   Nei miei studi universitari, ma anche di seguito, ho sempre apprezzato l’opera di Cesare Beccaria, che certamente non può essere annoverato tra comunisti ed estremisti nemici del Popolo e dello Stato; questi, il Beccaria, a proposito della pena riferisce che non può essere “…Uno strumento per raddoppiare con altro male il male prodotto dal delitto commesso…” ma uno strumento “…Per impedire che al male già arrecato se ne aggiunga altro ad opera dello stesso criminale o ad opera di altri che dalla sua impunità potrebbero essere incoraggiati…”; del resto, lo stesso Stato in base al dettato costituzionale, dovrebbe garantire la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, lo prevede l’Art. 27 della nostra Costituzione, laddove afferma che: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”

   La rieducazione, quindi, è il fine ideale della pena; e lo Stato, durante l’esecuzione della stessa, dovrebbe creare le condizioni necessarie affinché il condannato possa reinserirsi nella società in modo dignitoso, mettendolo in condizioni, una volta libero, di non commettere nuovi reati; finalità introdotta per salvaguardare la dignità umana quale diritto fondamentale dell’uomo in quanto tale.

   Ora, tralasciando il merito “storico” della vicenda Battisti, sul quale non ha senso interloquire in questo ambito; evidenziando che le condizioni lamentate dal Sig. Cesare Battisti sono comuni, purtroppo, a moltissimi detenuti italiani, sembra agli Illustri Signori in indirizzo che si stia rispettando l’art. 27 della nostra Costituzione e la dignità dell’uomo nel momento in cui al predetto è ridotto lo spazio vitale ai minimi termini di sopravvivenza?

   Nel momento in cui il predetto è costretto all’ozio forzato in una cella di un terzo inferiore allo spazio della precedente, sprovvista di suppellettili indispensabili?

   Nel momento in cui al predetto è stato confiscato il computer e gli è impedito di fatto di svolgere la sua attività di scrittore e concludere il suo ultimo libro?

   Nel momento in cui al predetto, che ha scritto numerosi libri pubblicati in Italia ed all’estero da importanti case editrici, tra questi: Travestito da uomo, (Bologna, Granata Press, 1993) L’ultimo sparo (Roma, DeriveApprodi, 1998) L’orma rossa (Torino, Einaudi, 1999), Avenida Revolucion, (Ozzano nell’Emilia, Nuovi Mondi Media, 2003), Faccia al muro (Roma, DeriveApprodi, 2012), si risponde provocatoriamente che non risulta alle autorità una sua professione che implichi la disponibilità del computer o di altro materiale didattico ?.

    E’ evidente che si vuole impedire al detenuto di interagire con le istanze esterne, culturali e mediatiche, che potrebbero fargli guadagnare il consenso di democratici e garantisti.

   Se così non è, si dia un segnale altro, diverso; si ridia dignità al Sig. Cesare Battisti ed a tutti gli altri detenuti italiani, che possono scontare la loro pena secondo le regole e le leggi dello Stato, senza subirne da questi, dallo Stato, una vile ed inutile vendetta.

Avv. Adriano D’Amico

 

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