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Lega…re la magistratura?

Riprendiamo da Studi sulla questione criminale il contributo di Vincenzo Scalia alle questioni recentemente emerse in merito all’operato della magistratura in Italia. Il tema tocca quello che un tempo veniva chiamato il governo dei giudici o la giudizializzazione della politica,  questione tanto annosa quanto ancora largamente attuale.

Sul ruolo giocato dalla magistratura all’interno degli equilibri politici di questo Paese, abbiamo sempre mostrato più di una perplessità. Innanzitutto, non ci è mai piaciuto il cosiddetto ruolo suppletivo svolto dai giudici, che, dalla corruzione alla lotta alla criminalità organizzata, fino alla composizione di conflitti sul lavoro e al riconoscimento dei diritti sociali, sono spesso intervenuti in ambiti che avrebbero dovuto essere di competenza della politica. L’invasione della sfera dei diritti da parte del potere giudiziario, inserisce nella dialettica sociale e politica un codice autoritario che depotenzia le prerogative dell’attivismo e delle libertà civili. Non è casuale che una delle due  forze che compongono l’attuale coalizione governativa abbia tratto fin dall’inizio linfa elettorale dall’appoggio acritico all’azione della magistratura. In nome della legalità, acriticamente declinata a partire di una poco chiara “questione morale”, si sono obliterate altre più importanti conflittualità.  In secondo luogo, non ci è mai piaciuto l’effetto immediato dell’intervento della magistratura all’interno dei conflitti sociali. Fin dagli anni settanta, i magistrati hanno giocato un ruolo non secondario nella repressione e nella criminalizzazione dei movimenti, forti della legislazione di emergenza che li legittima in questa direzione. E’ stato così nel cosiddetto caso 7 aprile 1979, lo è tuttora nei confronti degli attivisti politici che si battono contro il neoliberismo o per la difesa delle comunità locali, come i no-global e i no-TAV. L’uso della carcerazione preventiva, degli avvisi di garanzia, in misura spropositata rispetto alla situazione di reale, oltre a criminalizzare movimenti politici, sfocia spesso in vere e proprie violazioni del principio di innocenza e nella irrogazione di misure afflittive anche dove non se ne intravede la necessità.

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D’altra parte, però, non riusciamo a non essere preoccupati rispetto ad alcuni recenti segnali che giungono dai nuovi rapporti tra politica e magistratura. Non si tratta di fasciarsi la testa prima di rompersela, bensì di registrare quello che si connota come un vero e proprio cambio di regime in atto. Approfittando dell’inchiesta di corruzione all’interno del CSM che ruota attorno al giudice Palamara e ad alcuni membri della precedente coalizione governativa, culminata con le dimissioni di quattro membri dell’organo di autogoverno dei magistrati, si avvertono manovre sostanziali. Settori importanti dell’opinione pubblica ammiccano alle riforme della giustizia promesse e promosse dal nuovo governo, in particolare dal suo uomo forte, in nome di un intreccio perverso tra politica e magistratura. Salvini potrebbe cogliere questa occasione sostituendo i membri dimissionari con nuovi componenti vicini alla Lega e al suo imprinting securitario, e per velocizzare le riforme auspicate. A questo punto, bisogna cominciare a preoccuparsi, e ad attivare quegli anticorpi democratici che impediscano un passaggio di consegne volto ad accentuare il controllo del terzo potere dello Stato nelle mani della Lega.

In primo luogo, una magistratura controllata dalla Lega Nord, in un contesto legislativo sempre più repressivo, come dimostrano gli ultimi decreti sicurezza, sarebbe una magistratura sempre più orientata alla repressione del dissenso e del conflitto sociale, alle condanne dei migranti, alla negazione dei diritti dei rifugiati. Quei magistrati che, come nel caso della Diciotti, si erano esposti nella tutela dei diritti umani, finirebbero per trovarsi in posizione marginale, se non addirittura per fronteggiare l’ostilità del governo e di un possibile CSM filo-leghista. In secondo luogo, in un Paese dove la famiglia Cucchi attende giustizia da dieci anni e la famiglia Magherini è dovuta ricorrere alla CEDU, gli spazi per perseguire gli abusi di polizia, già ristretti anche per le pecche della legge sulla tortura, finirebbero per estinguersi del tutto.

La cosa che ci preoccupa di più, tuttavia, sono le riforme che la Lega potrebbe introdurre. Primo tra tutti, il principio della separazione delle carriere dei magistrati. Pur vedendo con favore una separazione delle funzioni, così da non creare conflitti di interesse all’interno della magistratura stessa, non vediamo di buon auspicio la possibilità che le priorità dell’azione penale vengano fissate dal governo. In particolare, in un contesto politico ad egemonia leghista, una riforma in tal senso amplierebbe a dismisura l’impronta repressiva della magistratura, finendo per chiudere il cerchio tra populismo penale e poteri dello Stato. Ne conseguirebbero gravi lesioni alla cornice dei diritti fondamentali, le cui conseguenze permarrebbero per anni.

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La seconda riforma che il governo a trazione leghista potrebbe realizzare, riguarda l’abolizione del sistema giudiziario minorile. Questa riforma rappresenta un vecchio pallino della cultura giudiziaria leghista, sin dai tempi del ministro Castelli. Abolire i tribunali dei minori costituisce una vera e propria articolazione del securitarismo. Abbassare l’età minima di imputabilità, sottoporre gli adolescenti alla competenza dei tribunali ordinari, somministrare loro pene detentive, rappresenta, per i leghisti, la risposta da fornire al loro elettorato, allarmato da alcuni episodi efferati di criminalità che, nelle tradizionali aree di consenso per la Lega, hanno avuto come protagonisti alcuni minorenni.  Nell’Italia della fortuna mediatica di Gomorra, coi media pronti ad enfatizzare le vicende dei bambini napoletani coinvolti dalla camorra nelle sue attività criminali, una tale misura rappresenterebbe una vera e propria chiusura del cerchio, calibrata sulle trasformazioni sovraniste del partito del Ministro dell’Interno.

Dal momento che continuiamo a credere nella separazione dei poteri, nella presunzione di innocenza, nella necessità di salvaguardare uno dei sistemi giudiziari minorili migliori d’Europa, riteniamo necessario chiamare a raccolta tutti gli oppositori reali e potenziali del giustizialismo, a tutela degli spazi di civiltà giuridica e di agibilità democratica rimasti in Italia.

Ma a sinistra, qualcuno se ne è accorto…?

Vincenzo Scalia (Università di Winchester, UK)

pubblicato in Studi sulla Questione Criminale online, https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2019/06/28/legare-la-magistratura-di-vincenzo-scalia-universita-di-winchester-uk

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