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«Le guardie libiche ci uccidono e ci gettano in una buca»

Se si vuol dare un giudizio minimamente serio sulla “gestione dei flussi migratori” adottata dal duo Minniti-Gentiloni, approvata entusiasticamente dagli altri tre partner più rilevanti dell’Unione Europea (Merkel, Macron, Rajoy), bisogna almeno leggere il pezzo che segue.

Che ci racconta poche cose, ma terribilmente serie.

a) il traffico di migranti, opportunamente “ridotto” per dar modo ai governi europei di farsi vedere “efficaci” agli occhi di un’opinione pubblica in preda alle allucinazioni indotte, prosegue proprio a partire dalle poche zone costiere controllate dal “governo libico” del fantoccio Al Serraj. Per il momento, infatti, un altro accordo con le milizie di Sabrata, ha fermato la direttrice principale.

b) Paghiamo – noi europei, tutti, compreso chi scrive – con le nostre tasse una piccola squadriglia di tagliagole abituati a pretendere un prezzo per il passaggio da una sponda all’altra; con il loro buon cuore, sono capaci di prendere un “pizzo” supplementare per tenerseli lì, dopo averli spogliati di ogni avere. Un pizzo pagato direttamente dal governo italiano, per ora, con la scusa di “combattere i trafficanti”. In realtà, solo per impedire che altri migranti arrivino sulle nostre coste (senza nemmeno la penosa distinzione tra “rifugiati” ed “economici”, che li ammazzino tutti…).

c) Quei tagliagole non sanno ovviamente cosa farsene di gente ormai senza più nulla, che dovrebbe dunque essere nutrita per restare in vita. Un po’ li tengono come eventuale arma di pressione, se i governi europei non dovessero pagare quanto promesso nei tempi concordati; gli altri…

Quando un tribunale internazionale aprirà finalmente un processo per crimini contro l’umanità, a Minniti e Gentiloni dovrebbe esser riservato un posto di prima fila…

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«Le guardie libiche ci uccidono e ci gettano in una buca»

da Vita

Terrificante racconto di un giovane camerunense, raccolto da una volontaria dell’ong Sos Mediterranée dopo il salvataggio suo e di altre di 250 persone domenica 27 agosto, concordato con la Guardia costiera e le altre ong presenti in mare. “Ascoltiamo queste testimonianze prima che sia troppo tardi”, chiede ai governi la vicepresidente dell’organizzazione

“I libici ci hanno picchiato tutto il tempo, senza motivo. Ci hanno messo in prigione, sempre senza motivo. Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca. Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi”. E’ talmente sconvolgente da sembrare appartenente al mondo irreale degli incubi la testimonianza di un giovane camerunense raccolta da una volontaria della Aquarius, la nave di salvataggio dell’organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, gestita in partnership con Msf, Medici senza frontiere, che domenica 27 agosto 2017 ha tratto in salvo due imbarcazioni in acque internazionali ad est di Tripoli. In totale 251 persone – tra cui 26 donne, 5 bambini sotto i 5 anni e 29 minori non accompagnati – sono state salvate e condotte al sicuro a bordo della nave.

“La frusta, mattina, pomeriggio e sera: questo è il nostro pasto. Ho assistito a una scena di tortura in cui guardie libiche hanno colpito la testa di un prigioniero appeso a testa in giù, come una palla“, ha raccontato il ragazzo africano, che ha spiegato di avere trascorso 6 mesi in stato di detenzione in Libia. “Abbiamo tutti sofferto così tanto. Tutte le persone che vedete qui sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da molto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti. Oggi è come una resurrezione”.

Narrazioni agghiaccianti di fronte a cui Sophie Beau, vicepresidente di Sos Mediterranée, chiede di non rimanere indifferenti: “La prima cosa che raccontano i naufraghi quando arrivano a bordo non è il trauma del viaggio in mare. Quello che evocano, prima di tutto, è quello che chiamano ‘l’inferno libico’: sequestri di persona, stupri, estorsioni di riscatto sotto tortura, abusi e umiliazioni, il lavoro forzato, i mercati di schiavi”, rimarca Beau.

“I migranti sono in balia di un traffico di esseri umani su larga scala. Invitiamo gli Stati europei e mediterranei ad ascoltare queste storie terrificanti prima che sia troppo tardi e che altre persone muoiano in mare mentre cercano di fuggire dalla Libia, o vengano respinte e rimandate nelle mani dei loro carnefici”.

Appello che arriva proprio nel momento in cui i leader europei stanno invece elogiando le ultime mosse del governo italiano che ha stretto accordi con le autorità libiche per pattugliare le proprie coste per non fare partire le imbarcazioni.

Secondo i racconti delle persone soccorse, le imbarcazioni sarebbero partite da Al Khums, ad est della capitale. “Le due operazioni di salvataggio di domenica hanno avuto luogo in acque internazionali ad est di Tripoli, mentre la maggior parte dei salvataggi dall’inizio dell’anno si erano svolti ad ovest, al largo di Sabratha”, ha detto Nicola Stalla, il coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranée a bordo della nave Aquarius.

Alle 6.30 di domenica mattina, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (Mrcc) ha chiesto alla nave Aquarius di ricercare attivamente una imbarcazione in difficoltà segnalata a 20 miglia nautiche dalla costa libica, facendo presente che anche la guardia costiera libica, avvertita della presenza di questa imbarcazione, sarebbe potuta intervenire. Dopo aver individuato l’imbarcazione in difficoltà a 24 miglia nautiche dalle coste e in assenza di altre unità navali della zona, ivi comprese quelle delle Guardia Costiera Libica, i soccorritori della nave Aquarius hanno prestato la prima assistenza alla imbarcazione in difficoltà distribuendo giubbotti salvagente alle 116 persone che erano a bordo del gommone.

Il Mrcc di Roma ha poco dopo autorizzato il trasferimento delle 116 persone a bordo della nave Aquarius, dove i naufraghi sono stati presi in carico dal personale medico di Msf, anche nella considerazione dell’urgenza derivante da una importante perdita di carburante al fondo del gommone, che rischiava di causare gravi ustioni alle persone sedute al centro dell’imbarcazione.

Completata questa prima operazione di salvataggio, il Mrcc ha poi segnalato alle navi delle ong presenti nella zona ad est di Tripoli la presenza di una seconda imbarcazione in pericolo. La nave Open Arms, della Ong Proactiva, ha individuato poco dopo il gommone e avviato la distribuzione di giubbotti di salvataggio, collaborando poi al trasferimento, in accordo con il Mrcc, delle 135 persone a bordo della nave Aquarius.

Da http://www.vita.it

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