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Lamezia: Annullato il premio antirazzista Forza Nuova festeggia

Al sindaco e al prefetto è bastato l’annuncio di una contestazione dell’estrema destra per rispedire a Lampedusa Giusy Nicolini

giusy nicolini

Festeggiano a modo loro, ma non hanno tutti i torti. È una vittoria di Forza nuova, una sconfitta per i democratici e gli antirazzisti. E il Viminale non ci fa una gran bella figura. «Abbiamo impedito a Giusy Nicolini, già pluripremiata, dedita esclusivamente a costruire la propria carriera politica sulla falsa riga del modello di moda solo nei ricchi salotti che contano, della pasionaria pro immigrazione, di fare una passerella. Questa volta rimarrà a Lampedusa e, chissà, forse troverà anche un po’ di tempo per occuparsi dei lampedusani», delirano dalle parti di Forza Nuova.

La storia è presto detta. C’è un premio, il Nausicaa — dal nome della mitica figlia di Alcinoo che aiutò Ulisse naufrago — che da molti anni viene consegnato a coloro che si distinguono per accoglienza e integrazione multietnica. L’anno scorso fu premiata la comunità di Riace. Quest’anno il riconoscimento sarebbe toccato alla sindaca di Lampedusa. Sulla carta. Perché questo premio, con tanto di cerimonia e palco già allestito nel corso principale di Lamezia, è rimasto nel cassetto: annullata la kermesse e tutti gli ospiti frettolosamente mandati a casa. Il motivo? Incredibile ma vero: una presunta contestazione annunciata sui social network da Forza Nuova, gruppo che da queste parti ha un consenso da prefisso telefonico. Ma, «per motivi di ordine pubblico», gli organizzatori, di concerto con il Viminale e il sindaco (Paolo Mascaro di Forza Italia), hanno deciso di sbaraccare cerimonia e cerimoniale. «Le contestazioni annunciate da alcuni movimenti antagonisti nei con­fronti del premio Nausicaa previsto per stasera a Lamezia non consentono alla manifestazione di svolgersi in un clima di necessaria serenità». Con queste grottesche parole Vincenzo Ruberto, presi­dente Unione nazionale Pro loco, ha annunciato ufficialmente la cancella­zione.

Furiosa l’opposizione, a cominciare da Sel: «La scelta di far saltare il premio è un segnale di imbarbarimento del clima nella nostra città, di un allarmante risveglio di atteggiamenti di intolleranza e di razzismo. Non è ammissibile, e chiamiamo alle proprie responsabilità anche sindaco e organizzatori, che bastino gli annunci di protesta di qualche piccolo gruppo di estrema destra per annullare una mani­festazione che negli anni scorsi si è svolta in un clima di civiltà e che avrebbe potuto lanciare un messaggio positivo a tutta la Calabria, terra da sempre vocata all’ospitalità».

In effetti Lamezia rischia di essere un laboratorio della peggior destra. Qui si è insediato il primo consigliere comunale di Casa Pound. E qui si è tenuta ad agosto una manifestazione xenofoba davanti alla comunità di minori stranieri Luna rossa, convocata sulla base della notizia, rivelatasi falsa, dell’aggressione da parte di un gruppo di migranti a un anziano. A quella manifestazione parteciparono diversi consiglieri di maggioranza e il sindaco non mosse un dito. Adesso questa vicenda del premio annullato per le contestazioni di Forza nuova.
Chi di certo non riceverà mai un “premio accoglienza” è Carmelo Rota, a capo della cooperativa Sant’Anna che gestiva un Cara per migranti ad Aprigliano, nella Sila cosentina. Un vec­chio albergo degradato e per nulla accogliente, come denunciato da migranti, mediattivisti e movimenti antirazzisti. La procura di Cosenza ha aperto un fascicolo, ha chiuso il centro, ha iscritto nel registro degli indagati lo stesso Rota (che è anche assessore e consigliere Pd nel comune di Pedace) e il proprietario dell’albergo. Gli investigatori hanno accertato svariati abusi edilizi, false documentazioni, la mancanza di certificazione di agibilità dell’edificio e perfino la precarietà degli allacci alla rete idrico-fognaria. Insomma, un ristorante dismesso, adattato alla peggio e convertito in struttura di “accoglienza” per ottenere dallo Stato 29 euro al giorno a migrante. Fino a ieri.

Silvio Messinetti da il manifesto

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