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La verità va “gridata dai tetti”. Lettera aperta ai Parlamentari italiani e europei

La verità va “gridata dai tetti” perché non ci sommerga: associazioni, ong, attivisti, giornalisti ed intellettuali hanno scritto una lettera aperta ai Parlamentari italiani e europei per chiedere con forza il cambio delle politiche disumane in atto

Uno stesso filo lega le morti in mare dell’11 ottobre 2013 e quelle del 6 novembre 2017: una politica di respingimento affidata all’Italia. Per questo motivo più di cento tra associazioni, Ong e singoli attivisti della società civile italiana ed europea, tra cui la Campagna LasciateCIEntrare, giornalisti ed intellettuali hanno scritto e sottoscritto una lettera aperta ai Parlamentari italiani ed europei chiedendo di accogliere la cruda testimonianza delle conseguenze delle politiche di respingimento in Libia attuate dall’Italia e dall’Unione europea: conseguenze che riguardano tanto il diritto internazionale e la democrazia, quanto la vita e la morte di migliaia di uomini, donne e bambini che tentano di arrivare in Italia e in Europa. Obiettivo: chiedere con forza un cambio delle politiche in atto. E’ possibile aderire alla lettera cliccando qui.

Di seguito il testo, consultabile e scaricabile qui.

Gentili Membri del Parlamento europeo e della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni,

Gentili Onorevoli del Parlamento italiano,

siamo associazioni, Ong, attivisti della società civile italiana ed europea che si rivolgono a voi in quanto rappresentanti della sola istituzione democratica dell’UE – il Parlamento – deputato a rappresentare i cittadini.

CHIEDIAMO che l’attivista italiano testimone del comportamento criminale tenuto lo scorso 6 novembre dalla guardia costiera libica – finanziata con fondi UE gestiti dall’Italia e addestrata da personale dell’UE – sia audito con urgenza dal Parlamento italiano e dal Parlamento europeo riunito in sessione plenaria, o dalla sua competente Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni.

Cinque profughi sono annegati, tra questi un bambino di quattro anni, e almeno altri trentacinque risultano dispersi. Il materiale video pubblicato dalla Ong tedesca Sea-Watch[i] mostra con chiarezza che la Guardia costiera libica, lungi dall’aver condotto un’operazione di search and rescue, ha agito in modo aggressivo e scoordinato per riportare i profughi in Libia, impedendo alla Ong e alle unità italiane e francesi presenti sulla scena del naufragio di procedere nelle operazioni di soccorso, già coordinate dal MRCC di Roma.

L’attivista Gennaro Giudetti ha affermato che la motovedetta libica «ha agganciato il gommone dei migranti, in quel momento bucato e quindi con decine di persone in mare, alcuni con il salvagente, molti altri senza nulla. […] Abbiamo dovuto farci largo tra persone che erano già annegate, per riuscire a raggiungere quelli che invece erano ancora in vita, per recuperarli. La situazione era abominevole: abbiamo tirato a bordo i superstiti con le braccia».[ii]

I quarantasette migranti recuperati in mare dall’equipaggio libico sono stati ammassati sul ponte e frustati per impedir loro di tuffarsi in mare e raggiungere i familiari a bordo dei gommoni della Sea-Watch3, che aveva intanto salvato cinquantanove persone. La motovedetta si è poi allontanata a tutta velocità, incurante del fatto che un naufrago fosse aggrappato a una cima sporgente da una paratia. La guardia costiera libica non si è fermata al disperato e ripetuto avvertimento dell’elicottero della Marina militare italiana, distintamente udibile sulle frequenze radio registrate dalla Sea-Watch 3.[iii]

«È stato terribile, abbiamo visto l’uomo gridare verso la moglie e poi buttarsi in acqua», ha detto Giudetti, «si è aggrappato alla cima che i libici usavano per far salire a bordo i naufraghi, ma a quel punto la motovedetta ha fatto un balzo in avanti trascinandolo via e non siamo riusciti a salvarlo. I libici sono stati violenti e incauti, picchiavano i migranti con funi e mazze e – per incredibile che possa sembrare – ci tiravano patate contro, per renderci più difficili i soccorsi».[iv]

Un comportamento criminale, che viola le leggi internazionali e la legge del mare, rispondente alla volontà dei governi italiani e dell’Unione europea di bloccare l’arrivo dei profughi delegando alla Libia quella che altrimenti sarebbe una palese prassi di refoulement, proibita dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

CHIEDIAMO che il governo italiano sia chiamato a rendere conto davanti al Parlamento europeo circa l’accordo stretto tra Italia e Tripoli lo scorso 2 febbraio,[v] alla luce del decreto con cui il ministero degli Esteri italiano ha conferito 2,5 milioni di euro al ministero dell’Interno per la rimessa in efficienza di quattro motovedette da consegnare alle autorità libiche. Tali fondi provengono dallo stanziamento di 200 milioni effettuato dal Parlamento italiano per il Fondo Africa destinato alla cooperazione,[vi] motivo per cui l’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI) ha notificato un ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio contro il Ministero degli affari Esteri e del Ministero dell’interno.[vii]

Siamo preoccupati dal fatto che non vi sia alcun controllo sul reale utilizzo dei fondi UE in Libia. Questa preoccupazione sembra confermata dalla risposta data dalla Commissione europea all’interrogazione scritta presentata lo scorso 5 settembre da ventuno parlamentari europei con riferimento alla denuncia dell’Associated Press, secondo cui i fondi versati dall’Italia al governo di Tripoli finirebbero alle milizie coinvolte nel traffico di esseri umani. I deputati chiedevano quali garanzie vi fossero che «il considerevole sostegno al governo libico, anche attraverso il Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa e con un progetto con una dotazione finanziaria pari a 46 milioni di euro», non finisse nelle mani dei trafficanti di uomini.[viii]

La risposta della Commissione è un groviglio di frasi ipotetiche che trovano sintesi in un paradosso: non ci sono controlli, ma se dai controlli dovesse risultare qualcosa, allora i programmi dell’UE verrebbero sospesi.[ix]

CHIEDIAMO al governo italiano, come cittadini dell’Unione, una risposta all’altezza della gravità dei fatti – quella che non ha avuto nemmeno il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, quando lo scorso 28 settembre ha chiesto chiarimenti in merito alla natura dell’accordo con la Libia e ai respingimenti di cui esso è causa.[x] La risposta del ministro dell’Interno Marco Minniti, infatti, è stata che non è l’Italia a respingere le persone, ma la Libia.[xi] Una risposta «sostanzialmente vuota e certamente irrispettosa a fronte della conoscenza delle reali politiche di delega, aiuto e supporto dell’Italia alla Libia ed al contemporaneo ostacolo posto alle attività di ricerca e salvataggio in mare da parte delle Ong operanti nel Mediterraneo centrale».[xii]

Il governo italiano e quello dell’Unione non possono non conoscere il rapporto del gruppo di esperti sulla Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSMIL), che già un anno fa elencava «esecuzioni, torture, deprivazione di cibo, acqua e servizi igienici», e dichiarava che «i trafficanti di esseri umani, il Dipartimento di contrasto all’immigrazione illegale libico e le guardia costiera libica sono direttamente coinvolti nelle violazioni dei diritti umani».

Secondo l’UNSMIL, «le intercettazioni di imbarcazioni di migranti da parte della guardia costiera libica hanno implicato azioni che possono costituire omicidi arbitrari».[xiii]

CHIEDIAMO ai nostri rappresentanti nelle istituzioni italiane ed europee di valutare, alla luce dell’autorevole serie di denunce della gravità della situazione in Libia,[xiv] le affermazioni fatte da rappresentanti del governo italiano e della Commissione europea sulla bontà dell’accordo con la Libia e il suo finanziamento.[xv]

CHIEDIAMO ai nostri rappresentanti nelle istituzioni italiane ed europee di agire per ottenere verità e giustizia sul filo rosso che lega le morti in mare dell’11 ottobre 2013 a quelle del 6 novembre 2017. Uno stesso accordo di respingimento continua a uccidere, oltre ai profughi nel Mar Mediterraneo, la democrazia nei nostri Parlamenti. Questo accordo – interrotto solo dall’operazione Mare nostrum e, alla sua dismissione, dall’entrata in azione delle Ong nelle operazioni di ricerca e soccorso – mostra ora in piena luce il suo volto criminale.

Per questo riteniamo un atto politico e umano non rinviabile l’ascolto della testimonianza del “naufragio dei bambini” dell’11 ottobre 2013 – portata da chi ha ricostruito l’infamante vicenda, il giornalista Fabrizio Gatti, e, se opportuno, i legali dei medici siriani che hanno perso i figli nel naufragio[xvi]  – e l’ascolto della testimonianza dell’eccidio del 6 novembre 2017, portata dall’attivista per i diritti umani Gennaro Giudetti. Come lui, siamo convinti che la verità vada «gridata dai tetti», perché non ci sommerga.

28 novembre 2017

Firmatari:

Osservatorio Carta di Milano – La solidarietà non è reato

ADIF – Associazione Diritti e Frontiere

Associazione per i Diritti Umani

ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione

ARCI

Associazione Costituzione Beni Comuni

Associazione K-Alma

Baobab Experience

Campagna LasciateCIEntrare

COSPE Onlus

Ex Opg – Je so’ pazzo

Fondazione Casa della carità di Milano “Mario Abriani”

Hayat Onlus

Lunaria

Terre des Hommes Italia

ActionAid

Scuola di pace di Napoli

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC

Vittorio Agnoletto, medico

Mario Agostinelli, Energia Felice

Alessandra Ballerini, avvocato

Diego Bianchi, conduttore televisivo, attore e regista

Daniele Biella, giornalista e scrittore

Stefano Bleggi, Progetto Melting Pot Europa

Tony Bunyan, Statewatch

Paolo Cacciari, giornalista e scrittore

Enrico Calamai, ex console italiano a Buenos Aires

Annalisa Camilli, giornalista

Eleonora Camilli, giornalista

Cosimo Caridi, giornalista

Valerio Cataldi, giornalista

Francesca Chiavacci, presidente nazionale ARCI

Laura Cima, scrittrice ecofemminista, Prima le persone

Don Luigi Ciotti, fondatore Associazione Gruppo Abele, presidente Associazione Libera

Marta Cosentino, giornalista

Andrea Costa, Baobab Experience Roma

Stefano Corradino, giornalista, direttore Articolo21

Raffaele Crocco, direttore Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo

Chiara Cuttitta, facoltà di giurisprudenza Università degli Studi di Milano

Paolo Cuttitta, docente di diritto della migrazione Vrije Universiteit Amsterdam

Stefania Dall’Oglio, esperta in diritti umani e diritto dell’immigrazione, docente master in Peace Studies Università di Roma Tre

Adele Del Guercio, Università degli Studi di Napoli L’Orientale

Cristiana Dell’Anna, attrice

Don Vitaliano Della Sala, parroco Mercogliano, Avellino

Italo Di Sabato, coordinatore Osservatorio Repressione

Erri De Luca, scrittore

Pino De Lucia Lumeno, responsabile immigrazione Legacoop Calabria

Giuseppe De Marzo, responsabile nazionale Libera per le Politiche sociali

Laura Di Lucia Coletti, presidente Associazione L’Altra Europa Laboratorio Venezia

Emilio Drudi, giornalista

Anna Falcone, avvocato

Luca Fazio, giornalista

Ciro Ferrara, calciatore

Vincenzo Ferrara, presidente Fondazione Cannavaro-Ferrara

Francesca Fornario, giornalista e scrittrice

Stefano Galieni, responsabile migrazione PRC

Riccardo Gatti, capomissione Proactiva Open Arms

Beppe Giulietti, giornalista

Patrizio Gonnella, presidente Antigone e Cild

Maurizio Gressi, portavoce del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani

Gabriella Guido, portavoce Campagna LasciateCIEntrare

Ben Hayes, Transnational institute

Charles Heller, Research Fellow al Centre for Research Architecture, Goldsmiths, University of London. Co-fondatore Forensic Oceanography e WatchTheMed

Francesca Lacaita, insegnante, DiEM25 Milano

Gad Lerner, giornalista

Antonella Leto, Forum siciliano dei movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni

Corallina Lopez Curti, ricercatrice

Yasha Maccanico, ricercatore e giornalista, Statewatch, University of Bristol

Anna Maffei, Pastora Chiesa Battista di Milano

Corrado Maffia, presidente Scuola di Pace di Napoli

Antonello Mangano, Terre libere

Francesca Mannocchi, giornalista

Lorenzo Marsili, direttore European Alternatives, coordinatore DiEM25

Maruego, rapper

Antonio Mazzeo, giornalista

Susi Meret, Associate Professor, Institute of Culture and Global Studies, Aalborg      University, Denmark

Filippo Miraglia, presidente ARCS e vice presidente ARCI

Emilio Molinari, Comitato italiano per un Contratto mondiale sull’acqua

Tomaso Montanari, presidente Libertà e Giustizia

Flore Murard-Yovanovitch, giornalista

Grazia Naletto, presidente Lunaria

Moni Ovadia, attore, regista e scrittore

Ernesto Pagano, scrittore

Salvatore Palidda, professore Università di Genova

Simon Parker, docente di Scienze Politiche, Università di York

Chiara Parolin, avvocato

Stefano Pasta, giornalista, Sant’Egidio

Steve Peers, professore School of Law University of Essex

Riccardo Petrella, economista politico

Lorenzo Pezzani, ricercatore al Centre for Research Architecture, Goldsmiths, University of London. Cofondatore Forensic Oceanoghraphy e WatchTheMed

Francesco Piccinini, direttore Fanpage.it

Paola Pietrandrea, coordinatrice DiEM25

Gaetano Placido, giornalista

Nancy Porsia, giornalista

Sara Prestianni, responsabile migrazione Sinistra Italiana

Roberta Radich, Coordinamento No Triv

Paola Regina, avvocato

Annamaria Rivera, antropologa, attivista e studiosa antirazzista

Antonia Romano, consigliera comunale Trento

Silvia Rossetti, editor

Fabio Sanfilippo, giornalista

Roberto Saviano, scrittore

Nello Scavo, giornalista

Ilaria Sesana, giornalista

Mario Sommella, ex operaio, presidente Associazione Prima Le Persone

Barbara Spinelli, avvocato, Giuristi Democratici

Silvia Stilli, portavoce AOI (Associazione delle Organizzazioni Italiane di   cooperazione e solidarietà internazionale)

Massimo Torelli, L’Altra Europa con Tsipras

Fulvio Vassallo Paleologo, presidente ADIF

Valeria Verdolini, ricercatrice

Guido Viale, sociologo

Giacomo Zandonini, giornalista

Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano

Padre Mussie Zerai, presidente Agenzia Habeshia


[iii] Trascrizione della registrazione:

00:01:13 Libyan coastguard, this is Italian Navy helicopter, people are jumping in the water. Stop your engine and please cooperate with Sea-Watch. Please, cooperate with Sea-Watch!

00:01:33 […] This is Italian Navy helicopter, channel 16, we want you to stop now, NOW, NOW! Lybian coastguard, lybian coastguard, you have one person on the right side, please stop your engine! Stop your engine!

00:02:03 Stop your engine now! Stop your engine! You have […] on right side, please, stop!

00:02:17 Stop! Stop! Stop! Stop your engine, stop your engine now. Stop your engine now, please!

https://www.youtube.com/watch?v=p4LU5-NoHVw.

[vii] L’avvocato Giulia Crescini spiega: «Abbiamo chiesto un accesso agli atti e abbiamo visto che uno dei decreti del ministero parla di 2,5 milioni di euro per il trasporto e la sistemazione delle motovedette, soldi che rientrano quindi nel  finanziamento dell’apparato militare libico». https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/libia-italia-ricorso-fondi-cooperazione/.

[viii] Interrogazione di Elly Schlein alla Commissione europea, 5 settembre 2017, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+E-2017-005531+0+DOC+XML+V0//IT.

[xiii] United Nations Support Mission in Libya (UNMSIL) and Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR), Detained and dehumanized, 13 dicembre 2016, http://www.ohchr.org/Documents/Countries/LY/DetainedAndDehumanised_en.pdf. Si veda anche S/2017/466 (final report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973).

[xiv]8 maggio 2017, il procuratore della Corte penale internazionale Fatou Bensouda riferisce al Consiglio di sicurezza dell’ONU sulle violazioni dei diritti umani in Libia, dicendosi «profondamente allarmata dai rapporti secondo cui migliaia di migranti vulnerabili, compresi donne e bambini, vengono detenuti in centri spesso in condizioni inumane». http://webtv.un.org/search/-fatou-bensouda-icc-prosecutor-on-the-situation-in-libya-security-council-7934th-meeting/5426325092001?term=bensouda.

18 maggio 2017, l’Ong tedesca Sea-Watch denuncia alla Corte penale internazionale dell’Aja il tentato speronamento in acque internazionali da parte della guardia costiera libica mentre la sua nave si apprestava a eseguire un salvataggio, aveva aperto il fuoco ad altezza d’uomo contro un peschereccio carico di migranti e aveva riportato i migranti in Libia, violando il principio di non-refoulement. https://sea-watch.org/en/17246/.

1° giugno 2017, il gruppo di esperti sulla Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite  pubblica un rapporto che parla di «esecuzioni, torture, deprivazione di cibo, acqua e servizi igienici», e dichiara che «i trafficanti di esseri umani, il Dipartimento di contrasto all’immigrazione illegale libico e le guardia costiera libica sono direttamente coinvolti nelle violazioni dei diritti umani». Letter dated 1 June 2017 from the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) addressed to the President of the Security Council, §104.

http://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/N1711623.pdf.

19 giugno 2017, Human Rights Watch afferma che «le forze libiche hanno esibito un atteggiamento irresponsabile, tale da mettere in pericolo le persone a cui venivano in aiuto, e per questo motivo l’Italia e altri Paesi dell’Unione europea non dovrebbero cedere il controllo delle operazioni di soccorso in acque internazionali alle forze libiche».  Judith Sunderland, Ue: delegare i soccorsi alla Libia significa mettere vite a repentaglio, https://www.hrw.org/it/news/2017/06/19/305148.

20 giugno 2017, il rappresentante speciale dell’ONU in Libia, Martin Kobler, afferma davanti alla Commissione affari esteri (AFET) del Parlamento europeo: «Sconsiglio di continuare la formazione della guardia costiera libica in assenza di un vigile controllo internazionale. […] Su Youtube potete vede tutto, comprese le guardie costiere libiche che respingono le persone e le gettano in acqua perché anneghino, oppure le riportano sulle spiagge. L’Unione europea dovrebbe cominciare a riflettere su come evitare le violazioni commesse da coloro che essa stessa sta formando». Martin Kobler, L’UE doit arrêter de former les garde-côtes libyens!,

https://club.bruxelles2.eu/login/?_s2member_vars=catg..level..2..post..92279..LzIwMTcvMDYvbHVlLWRvaXQtYXJyZXRlci1kZS1mb3JtZXItbGVzLWdhcmRlLWNvdGVzLWxpYnllbnMtbWFydGluLWtvYmxlci8%3D&_s2member_sig=1498912483-63cecc2e7e71c092e5dc074110ca679c.

21 giugno 2017, Amnesty International lancia un monito alle istituzioni europee: «L’UE sta consentendo alla guardia costiera libica di riportare migranti e rifugiati sulla terraferma in un Paese dove le detenzioni illegali, la tortura e lo stupro sono la regola. Mentre rafforza l’operatività della guardia costiera libica, l’Unione chiude gli occhi di fronte ai gravi rischi insiti in questa cooperazione», https://www.amnesty.it/amnesty-international-sulla-richiesta-collaborazione-la-guardia-costiera-libica/

28 giugno 2017, l’Upper Tribunal di Londra sentenzia che non è possibile effettuare rimpatri in Libia in considerazione del livello di violenza nel Paese, tale da mettere a rischio la vita o l’incolumità delle persone.

Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber), The Immigration Acts. «The violence in Libya has reached such a high level that substantial grounds are shown for believing that a returning civilian would, solely on account of his presence on the territory of that country or region, face a real risk of being subject to a threat to his life or person», http://www.statewatch.org/news/2017/jun/uk-immigration-asylum-tribunal-zmm-v-home-sec-returns-to-libya-28-6-17.pdf.

15 agosto 2017, Agnès Callamard, relatrice speciale dell’OHCHR sulle esecuzioni extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie, pubblica un rapporto in cui si legge che «alcuni Stati fanno affidamento su una politica di extraterritorialità per fermare i migranti prima che giungano sul loro territorio ed entrino nel loro controllo o giurisdizione [con riferimento al vertice informale sul Mediterraneo centrale tenutosi a Tallin il 6 luglio 2017]. Tali politiche possono includere assistenza, finanziamento e addestramento di agenzie di altri Paesi per l’arresto, la detenzione, il processo, il soccorso o lo sbarco e il rimpatrio di rifugiati e migranti. Queste politiche sollevano serie preoccupazioni quando le agenzie o gli Stati riceventi siano ritenuti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, compresa la violazione del diritto alla vita».

Unlawful death of refugees and migrants. Note by the Secretary General, 15 agosto 2017, http://undocs.org/A/72/335, § 36, p. 17.

14 novembre 2017, l’Alto commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein dichiara «disumana la politica dell’Unione europea di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle terrificanti prigioni in Libia. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità», http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=22393&LangID=E.

● Il 17 novembre 2017 l’Avvenire pubblica la notizia di un «coordinamento comune italo-libico sul fronte delle operazioni SAR», http://cartadiroma.waypress.eu//RassegnaStampa/LeggiArticolo.aspx?codice=SIM5021.TIF&subcod=20171117&numPag=1&.

[xv] ● Il 28 giugno 2017, l’Alto rappresentante Federica Mogherini, in risposta a un’interrogazione parlamentare,[xv] ha reiterato a nome della Commissione europea il sostegno, anche finanziario, alla guardia costiera libica, con un ossimoro che la strage del 6 novembre rende inaccettabile: «L’UE finanzia la formazione della guardia costiera libica e sostiene una gestione della migrazione basata sui diritti in Libia», http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2017-001542&language=IT.

● L’8 novembre 2017, a due giorni dalla strage al largo della Libia, il prefetto italiano Mario Morcone, capo di Gabinetto del ministero dell’Interno e consigliere del ministro Minniti, ha affermato: «Io non seguo le stupidaggini che dice Amnesty International, né il responsabile dei diritti umani europeo [il commissario dei Diritti umani del Consiglio d’Europa, ndr]. L’Italia non ha mai rispedito nessuno in Libia. Noi abbiamo solo consentito che la Guardia costiera libica salvasse le persone e le riportasse in Libia, ma lo ha fatto la Guardia costiera libica, non lo hanno fatto le navi italiane». http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/554175/Polemica-Morcone-Caritas-Falsita-sulla-Libia-l-Italia-non-respinge.

Alla richiesta di accesso agli atti sul numero di respingimenti in ciascun Paese, da maggio 2016 a maggio 2017, presentata dall’Associazione ADIF, è stato risposto che i respingimenti dall’Italia alla Libia sono stati 60, rispondenti a cittadini libici (di cui 5 donne e 55 uomini).

[xvi] Nel documentario Un unico destino, pubblicato il 14 ottobre 2017, il giornalista italiano Fabrizio Gatti ha ricostruito il naufragio del 13 ottobre 2013, nel quale morirono 268 profughi siriani in fuga dalla guerra, tra cui 60 bambini, a bordo di un barcone crivellato di colpi da un’unità libica: un massacro causato dalla volontaria omissione di soccorso della Marina italiana, il cui pattugliatore Libra, che si trovava a 45’ dalla scena del naufragio, è intervenuto più di cinque ore dopo la richiesta di aiuto, incalzato e costretto dalla Marina maltese.  http://espresso.repubblica.it/inchieste/2013/11/07/news/la-verita-sul-naufragio-di-lampedusa-quella-strage-si-poteva-evitare-1.140363.

Il 13 novembre 2017, dopo numerose richieste di archiviazione, il Giudice per le indagini preliminari di Roma ha stabilito che il comandante della sala operativa della Marina militare italiana e il collega della Guardia costiera debbano essere processati per omissione di atti di ufficio e omicidio colposo, accogliendo gran parte delle richieste dei familiari delle vittime, rappresentati dagli avvocati Alessandra Ballerini, Emiliano Benzi e Arturo Salerni. http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/11/13/news/strage-dei-bambini-le-motivazioni-del-giudice-quegli-ufficiali-hanno-ritardato-i-soccorsi-1.314253;

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/12/news/migranti_il_medico_del_naufragio_cosi_l_italia_ha_lasciato_annegare_i_miei_bambini-165222594/.

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