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La riforma penitenziaria del governo giallo-verde: più carcere per tutti…anche per i bambini

Esaminati dal Consiglio dei Ministri i decreti modificati dalle commissioni giustizia delle camere. Il 4 bis dopo essere stato esteso ai minori viene inserito come limitazione anche per la tutta la popolazione detenuta a essere occupata fuori dal carcere

Inasprimento per l’accesso al lavoro penitenziario ed eliminazione dello sconto di pena speciale. Questo è uno pareri che le commissioni giustizia delle Camere hanno espresso per il decreto legislativo alla riforma dell’ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro. Una mini riforma che, appunto, ha subito modifiche, contrarie allo spirito della delega ricevuta un anno fa dal Parlamento, anche sulla giustizia riparativa e l’esecuzione penale minorile.

Si sono conclusi gli esami delle commissioni sui decreti attuativi riguardante non solo il lavoro e vita detentiva, ma anche la giustizia riparativa e l’esecuzione penale minorile. Il Consiglio dei ministri si riunito ieri sera per approvare i decreti per l’attuazione della riforma penitenziaria già depotenziata. Una mini riforma che, appunto, ha subito modifiche nel tempo. Quindi non solo per quanto riguarda l’ordinamento minorile che il governo precedente ha modificato rendendo più stringente l’accesso ai benefici tramite l’inserimento del 4 bis, ma ora anche per quanto riguarda il lavoro nei confronti di tutta la popolazione detenuta, rinnovando i limiti di accesso al lavoro esterno. In sintesi, per accedere al lavoro all’esterno le limitazioni riguardano tutti i detenuti che hanno commesso i reati dell’art 4 bis, nel dettaglio i delitti indicati nei commi 1, 1- ter e 1- quater. Quindi non più solo quelli condannati per il 416 bis o ad esso connessi come prevedeva il testo originale. Il nuovo parere indica che l’assegnazione al lavoro di pubblica utilità svolto all’esterno può essere disposta solo dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Mentre nei confronti dei condannati all’ergastolo l’assegnazione può avvenire dopo l’espiazione di almeno dieci anni. Una notevole stretta di maglie sia in termini di bacino di utenza sia in termini di tempistica per l’accesso durante l’esecuzione della pena. Ma non solo. Nel testo originario era prevista una liberazione anticipata “speciale” che avrebbe aumentato da 45 a 60 i giorni dello sconto previsto a semestre per il detenuto che proficuamente avesse svolto il progetto dei lavori di pubblica utilità dando prova di risocializzazione. Il parere della commissione, invece, indica l’abrogazione di questa novità, con la conseguenza che nessuno sconto ulteriore si vuole venga concesso a chi porti a termine con dedizione il progetto dei lavori di pubblica utilità.

Di fatto, se il Consiglio dei ministri decidesse di accogliere questi pareri, il testo risulterebbe del tutto sostituito con altro, decisamente dal contenuto di minor ampio respiro rispetto ai principi e parametri offerti dalla legge delega.

Sì, perché quest’ultima aveva im- posto in materia di lavoro in carcere: l’incremento delle opportunità` di lavoro retribuito, sia intramurario sia esterno, nonché ´ di attività` di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati, anche attraverso il potenziamento del ricorso al lavoro domestico e a quello con committenza esterna, aggiornando quanto il detenuto deve a titolo di mantenimento; la previsione di una maggiore valorizzazione del volontariato sia all’interno del carcere, sia in collaborazione con gli uffici dell’esecuzione penale esterna e la previsione di norme volte al rispetto della dignità` umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, compresa la sorveglianza dinamica.

La panoramica sui principi che la legge delega aveva imposto come riferimento nell’elaborazione del decreto non può essere letta senza fare a meno di conoscere il senso che il governo diede all’art 20 ter, che si occupa di lavori di pubblica utilità: parliamo di attività che svolte sia all’interno che all’esterno del carcere, purché in favore della collettività, con la funzione di soddisfare l’esigenza del valore risocializzante del lavoro, ma nel senso di un impegno assunto e perseguito dal detenuto attraverso anche proprie iniziative e progetti, che per lui non sarebbero stati remunerativi ma di vantaggio alla società. La lettura del nuovo testo in tema di lavori di pubblica utilità, con l’estensione dei vincoli di accesso, pare disattendere l’obiettivo che si era posto il governo precedente di consentire a tutti i detenuti di svolgere i lavori di pubblica utilità, anche in ragione di una scarsa offerta di lavoro in carcere sia per fondi che per organizzazione. Con la sola esclusione dei 416 bis.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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