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La Procura di Bologna inventa il “reato di opposizione politica”

Diverse realtà collettive bolognesi in solidarietà agli arrestati dal 13 maggio: “Messaggio chiarissimo: su quanto succede nelle carceri vige l’obbligo del silenzio, sulle violenze subite dai detenuti, sui trasferimenti punitivi, sull’assistenza e prevenzione sanitaria inesistenti, sull’estendersi dell’epidemia”. A firma “Complici e solidali”, invece, venerdì biciclettata e presidio sotto la Dozza.

“Il 13 maggio a Bologna sette compagne e compagni anarchic* sono stati arrestati e altr* cinque sottopost* ad obbligo di dimora con l’accusa assurda di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di compagne e compagni che negli ultimi mesi si sono distint* per aver espresso solidarietà ai detenuti e ai loro familiari di fronte ai 14 morti nelle rivolte di marzo, e in un momento in cui le carceri sovraffollate sono diventate immensi focolai di contagio. Stupefacenti le dichiarazioni della Procura, che giustificano un’imputazione abnorme sulla base di un unico fatto specifico, il danneggiamento di un ponte ripetitore nel 2018, la cui attribuzione è tutta da dimostrare”. Inizia così un comunicato con cui diverse realtà tra collettivi, spazi sociali, associazioni e sindacati di base solidarizzano con gli attestati e stigmatizzano l’inchiesta dei pm bolognesi. Queste le adesioni: Associazione Bianca Guidetti Serra, Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione, Associazione Primo Moroni, Circolo Anarchico Berneri, Làbas, Laboratorio Crash, Laboratorio Smaschieramenti, Noi Restiamo, Potere al Popolo – Bologna, Rete bolognese di iniziativa anticarceraria, Rete dei Comunisti, Si Cobas, Sgb, Tpo, Usb – Federazione del Sociale, Vag61, Xm24.

Prosegue il testo: “Bizzarro che a distanza di due anni si tiri fuori questa inchiesta, come un coniglio dal cappello, proprio nel momento in cui si allarga la solidarietà ai detenuti. Il messaggio è chiarissimo: su ciò che succede nelle carceri vige l’obbligo del silenzio, sulle violenze subite dai detenuti, sui trasferimenti punitivi, sull’assistenza e prevenzione sanitaria inesistenti, sull’estendersi dell’epidemia e i morti di Covid dietro le sbarre. Un altro elemento che emerge con chiarezza dal comunicato della Procura è l’invenzione di un nuovo reato: quello di opposizione politica. Viene contestata agli indagati la loro attività contro i centri per la deportazione forzata dei migranti e l’adesione alle campagne anticarcerarie, considerando come fatti eversivi l’organizzazione di manifestazioni non preavvisate, le scritte sui muri, la realizzazione e diffusione di opuscoli, articoli e volantini. Pratiche consuete e diffuse di tutti movimenti di lotta, da chi difende i territori dalle devastazioni ambientali, a chi si muove per affermare il diritto alla casa, al reddito, agli spazi sociali, alla dignità del lavoro. Quanta ipocrisia nelle istituzioni che si esprimono contro il regime militare egiziano che incarcera lo studente Patrick Zaki per reati di opinione, e restano in silenzio in patria davanti a degli arresti di cui la stessa Procura dichiara la natura preventiva, al fine di impedire che, come annunciato recentemente anche dal ministro Lamorgese, ogni atto di resistenza possa rapidamente diventare un ‘focolaio di tensione’. Un’ammissione che pesa come un macigno sull’agibilità democratica di questo paese e che vuole lanciare un avvertimento minaccioso: ognuno di voi, tanto più se collettivamente organizzato, è pericoloso, perché un paese ridotto in miseria è una gigantesca polveriera e la finzione dello ‘Stato di diritto’ finisce qui. Quanto disgusto, inoltre, per una stampa prona al potere che diffonde comunicati della Procura senza nessun spirito critico”.

Si legge in conclusione: “L’utilizzo spregiudicato delle veline confezionate ad arte dalla questura da parte della stampa non fa che confermare questo disegno. Insistere sul fatto che chi percepisce il reddito di cittadinanza non abbia il diritto di protestare contro lo stato che glielo eroga è un monito che viene lanciato verso tutti i soggetti sociali che stanno pagando i costi della pandemia e per i quali le briciole stanziate dal governo non saranno sufficienti. Il messaggio è chiaro: non sputare nel piatto in cui mangi anche se mangi merda e guai ad organizzarti per cambiare le cose! In questa logica perversa solo i ricchi hanno il diritto di fare politica (Confindustria docet) e quelli che dovrebbero essere in potenza diritti universali ad una vita dignitosa diventano privilegi di colpevoli fannulloni. Questi processi trovano radici ben profonde anche nei vari decreti in materia di sicurezza e immigrazione. Dalla chiusura dei porti, alla criminalizzazione di chi è solidale e di chi dimostra dissenso ribadiamo la necessaria abrogazione di tali decreti. Esprimiamo la nostra piena solidarietà agli arrestati e alle arrestate, con la ferma convinzione che oggi più che mai è necessario continuare la lotta”.

A firma Complici e solidali sono state invece indette per venerdì una biciclettata dalle 17 in piazza dell’Unità e un presidio dalle 18 alla Dozza. Si legge sul volantino: “La notte del 13 maggio un’operazione dei Ros dei carabinieri ha portato all’arresto di 7 persone, mentre altre 5 sono state raggiunte da misure cautelari. Le accuse sono pesantissime: associazione sovversiva con finalità di terrorismo, il famigerato 270/bis del codice penale. Le persone arrestate sono state condotte nelle sezioni di alta sicurezza di varie carceri italiane. La procura di Bologna si è espressa chiaramente: questi arresti hanno una “valenza strategica preventiva” legata al contesto emergenziale che stiamo vivendo. Queste persone potrebbero essere pericolose perché inserite nelle tensioni sociali che nasceranno dall’attuale crisi economico-sanitaria. Sono mesi che ci obbligano a stare in casa, colpevolizzando i comportamenti delle singole persone, ma nello stesso momento tenendo aperte fabbriche, riempiendo le Rsa di malati di Covid, esponendo i detenuti e le detenute a rischio contagio e a morte certa. Molti di noi hanno perso il lavoro e tanti altri non lo troveranno. Cassa integrazione e buoni spesa sono degli inutili palliativi e non bastano ad arrivare a fine mese. L’unica risposta che lo stato ha dato è polizia, militari, droni, telecamere e controlli a tappeto. La colpa degli/delle arrestati è anche quella di aver espresso vicinanza alle rivolte carcerarie del mese di marzo che hanno portato alla distruzione di intere sezioni detentive e purtroppo all’uccisione di 14 detenuti. La solidarietà espressa è considerata centrale in questa inchiesta. Proprio per questo motivo, per sostenere le persone arrestate e tutti/e i/le detenuti/e delle carceri italiane, ritorniamo con un presidio sotto il carcere della Dozza”.

da zic.it

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