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La Digos vieta anche ai sindacati di esporre uno striscione ironico su Di Maio e Salvini

Il segretario generale della Uil – Fpl denuncia l’ennesimo episodio di censura da parte della Digos: bloccato uno striscione ironico nei confronti dei due vicepresidenti del Consiglio Luigi Di Maio e Matteo Salvini. L’episodio in occasione della manifestazione unitaria dei lavoratori del pubblico impiego.

Ora la discutibile prassi della Digos di impedire l’esposizione di striscioni e di bandiere contenenti messaggi di critica nei confronti degli esponenti del governo Conte, in particolare del ministro dell’Interno Matteo Salvini, colpisce anche esponenti del sindacato. Questa mattina, infatti, la polizia ha impedito che fosse esposto uno striscione realizzato in occasione della manifestazione a Roma del pubblico impiego, solo perchè conteneva critiche all’indirizzo dei due vicepresidenti del Consiglio Luigi Di Maio e Matteo Salvini. La denuncia arriva dal segretario generale della UIL Michelangelo Librandi, che spiega: “Questa mattina volevamo apporre lo striscione al Pincio, ma ce lo hanno bloccato perché troppo grande. Quindi abbiamo provato a metterlo per strada, ma a quel punto è intervenuta la Digos, dicendo che lo striscione non poteva essere aperto perché era contro i due vicepresidenti del Consiglio”. Al momento lo striscione è arrotolato nei pressi dello stand UIL in piazza del Popolo e la Digis piantona il posto per evitare che venga aperto.

Librandi definisce “ironico” lo striscione e, in effetti, a leggerne il contenuto si fa fatica a comprendere le ragioni della censura della Digos, peraltro discutibile anche in linea generale. Lo striscione ritraeva i due vicepresidenti del Consiglio Matteo Salvini e Luigi Di Maio, a mo’ di fumetto. “Matte’, dicono che mettese contro il sindacato porta male”, dice il leader dei Cinque Stelle in un insolito romanesco; “Sì Giggino, lo so, infatti me sto a porta avanti col lavoro”, risponde il leader leghista mentre si fa un selfie con la maglia blu della UIL – Flp. Francamente, non si capisce in che modo questo striscione possa rappresentare un problema di ordine pubblico o un’offesa al prestigio delle istituzioni.

da fanpage.it

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A chi interessa fare di Salvini un “intoccabile”?

La Uil è il più sistematicamente complice dei sindacati complici. I tarantini, per esempio, almeno fin quando l’Ilva è stata dei Riva, sapevano benissimo che bisognava iscriversi alla Uil per avere qualche speranza di essere assunti nell’acciaieria. Una “piccola” inversione della normalità sindacale (ogni lavoratore dipendente, dopo essere stato assunto, è libero di iscriversi a qualsiasi sindacato o anche a nessuno), che fa vedere in quella sigla un’agenzia di collocamento impropria. O clientelare.

E dunque può stupire la durezza con cui la Digos romana, ieri, ha impedito a sindacalisti Uil di appendere un molto innocuo “striscione ironico” nel confronti di Salvini e Di Maio.

Potete giudicare da soli guardando la foto (fatta prima del tentativo di issare lo striscione sul Pincio)…

Non c’è niente da ridacchiare, ci sembra. La trasformazione delle cosiddette “forze dell’ordine” in servizio d’ordine personale del ministro dell’interno sta andando alla velocità della luce. In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un’escalation che non vede fine. Dagli smartphone sequestrati a singoli cittadini che attendevano il momento dell’immancabile selfie con Salvini per sfoderare un irridente “ma non siamo più terroni di merda?”, fino ai piccoli striscioni appesi fuori di una finestra; dalle cariche contro chiunque fischiasse il ministro fino all’”avvertimento preventivo” operato da carabinieri in tutti gli appartamenti lungo una strada di paese che “il ministro” avrebbe dovuto fare per arrivare a un banale comizio.

La confessione involontaria, ben oltre i limiti del comico, sta già nella nota con cui la Questura di Roma ha cercato di giustificare la sua decisione: «Nessuna valutazione è stata fatta sul contenuto, ma si è ritenuto che lo striscione fosse lesivo del decoro paesaggistico, così come previsto dall’art.49 del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio, dove si vieta il collocamento o l’affissione di cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelate come Beni Culturali. Giova precisare che già in precedenti ed analoghe situazioni non è stata consentita l’esposizione di manifesti e di striscioni nel medesimo posto. Pertanto è evidente come non si sia trattato di alcun atto di censura, come erroneamente da alcuni denunciato».

Fosse stato vero, la Digos non avrebbe continuato a “presidiare” lo striscione, impedendone l’apertura anche dopo, in Piazza del Popolo. Il selciato romano, che tutti noi amiamo, non è un manufatto artisticamente tale da dover essere tutelato in questo modo…

Questo è un paese in cui i governanti non hanno mai gradito le critiche, diciamolo subito. Non si contano i casi di giornalisti “destinati ad altro incarico” per aver dato notizie sgradite o condotto trasmissioni in cui veniva dato spazio alle malefatte del potere di turno. Lo stesso è avvenuto per comici o intrattenitori molto – troppo? – popolari, da Luttazzi a Crozza (finito ormai sulla Nove).

Un esercizio infame del potere, sicuramente. Indirizzato contro dei professionisti nella formazione delle coscienze (l’informazione “forma l’opinione pubblica”, non si limita a rifletterla). Infame, ma nell’ordine delle cose “normali”; da censurare decisamente, ma è anche il rischio del fare informazione.

Salvini non è soltanto l’unico ministro per cui la Digos o i carabinieri si sono autonominati “ufficio censura” personalizzato, in stile Minculpop. Ma è anche il pretesto – non crediamo affatto che la sua carriera politica sarà molto lunga, Renzi docet… – per esercitare una pressione politica e “culturale” contro la popolazione normale.

Polizia e carabinieri, nella breve era salviniana, stanno lavorando per rendere praticamente pericoloso criticare chi comanda. Non è ancora un reato formalmente inscritto nel codice penale, ma si sta andando in questa direzione. “Si portano avanti col lavoro”…

Ma non ci sembra di sentire proteste o grida d’allarme nella cosiddetta “opposizione democratica” (Pd, Repubblica, Corriere, ecc). Al massimo un sorrisetto di compatimento, una battutina irridente, un ohibò molto ipocrita.

Segno che questa modificazione pratica della Costituzione reale non dispiace poi troppo. Potrà tornare utile, in forme magari meno rozze e questurine, quando al governo ci sarà qualcun altro. Magari un “tecnico europeista” incaricato di fare strame del paese e delle condizioni di vita della gente.

da Contropiano

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