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Per la Corte dei Conti i poliziotti che uccisero Aldrovandi “vittime del dovere”

La Corte dei Conti d’appello riconosce agli agenti pregiudicati l’indulto amministrativo

Chi ha ucciso Federico Aldrovandi è “vittima del dovere” e come tale ha diritto ai benefici di una legge pensata per quegli appartenenti alle forze dell’ordine caduti o rimasti invalidi nella loro lotta alla criminalità organizzata o al terrorismo.

Lo si evince leggendo le sei scarne pagine con le quali la seconda sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti di Roma decreta la conclusione del procedimento per il risarcimento al ministero di quanto pagato alla famiglia per l’uccisione – colposa – del diciottenne Federico.

Il presidente della Corte, Luciano Calamaro, con i consiglieri Silveri, Floreani, Acanfora e Padula, prende atto nelle motivazioni della sentenza con la quale la rivalsa del Viminale verso i quattro agenti viene ridotta a cifre che variano dai 16mila ai 67mila euro.

Il riferimento è al ricorso contro la sentenza della prima Corte dei Conti, quella regionale, che già aveva ridotto in larga misura il risarcimento chiesto dalla procura.

Facciamo un passo indietro. Nel luglio del 2013 la procura contabile chiedeva per “danno erariale e danno di immagine” al ministero una rivalsa pari all’intera somma pagata alle parti civili dopo il processo di primo grado. Vale a dire quasi due milioni e quindi 467.000 euro a testa per i quattro responsabili.

In primo grado i quattro agenti vengono condannati sì a risarcire lo Stato, ma solo di un terzo (il 30% per l’esattezza) di quei 1.870.000 euro chiesti dall’accusa. E così, anziché 467.000 euro a testa, Enzo Pontani e Luca Pollastri, l’equipaggio di Alfa 3, il primo a intervenire in via Ippodromo e quindi il primo a ingaggiare la violenta colluttazione con il diciottenne, erano chiamati a risarcire 224.512,18 euro ciascuno. Monica Segatto e Paolo Forlani, l’equipaggio della seconda volante Alfa 2, erano chiamati invece a pagare 56.128,05 euro ciascuno.

Quella sentenza venne appellata e l’esito del ricorso fu favorevole, al punto che i poliziotti si sono visti ridurre ulteriormente la pena pecuniaria: 150mila euro complessivi, spartiti in 67mila a testa per Pontani e Pollastri e 16mila per Segatto e Forlani.

La riduzione è dovuta a un’eccezione presentata dall’avvocato della Segatto, Eugenio Pini, che ha messo sul tavolo della decisione l’articolo 1 commi 231 e seguenti della legge 266 del 2005, la cosiddetta “vittime del dovere”. La normativa prevede “con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza. La sezione di appello, con decreto in Camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento. Il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello”.

E quel versamento è stato fatto tempestivamente (era una condizione della sentenza di appello) e così la Corte può decretare che il giudizio è estinto a decorrere dal 25 marzo 2016. La sentenza revoca anche il sequestro conservativo dei beni dei poliziotti e dichiara inammissibile l’appello del procuratore generale della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna contro la sentenza.

Unica incombenza per i poliziotti: pagare i 128 euro di giudizio.

da estense.com

Il commento a Radio Onda d’Urto di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi.
Ascolta o scarica l’intervista

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