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Hamburg, G20. Chi ben comincia…

Le proteste contro il meeting dei 20 “grandi” del pianeta sono già iniziate, con qualche ora di anticipo. Alcune coordinate per capire cosa sta succedendo e cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni nella città anseatica, capitale dell’export tedesco, ma anche della scena radicale del Paese.

Sono io la legge”

(poliziotto di Amburgo durante lo sgombero del Campo di Entwerder, ad un manifestante che denunciava come illegale l’azione, mostrando la sentenza della corte, 2 luglio 2017)

Il G20 di Hamburg non è ancora iniziato ma già nelle sue fasi preparatorie non ha risparmiato momenti preoccupanti che rimandano alla mente dolorosi ricordi di anni fa. Altri vertici, altri anni, forse.

Tuttavia anche senza evocare i fantasmi che ogni grande evento porta con sé ciò che si sta mettendo in campo in queste ore è sicuramente capace di rappresentare benissimo la torsione autoritaria di quel capitalismo che, nella versione globalista e ordoliberale o in quella sovranista e protezionista, è rappresentato dai 20 grandi che si riuniranno i prossimi 7 e 8 luglio sulle rive dell’Elba. Il casus belli è stata la decisione del Tribunale amministrativo del land che, dopo un tira e molla tra gli organizzatori del contro vertice e la municipalità a guida rosso-verde durato settimane, lo scorso 2 luglio ha dato ragione ai primi facendo cadere il divieto a usare come campeggi due parchi cittadini: per la Corte prevale il diritto a manifestare su ogni cavillo burocratico e su ogni sicurezza possibile. La sentenza veniva rinforzata, tra l’altro, da un pronunciamento dell’Alta corte costituzionale.

Alla decisione è seguito il giorno stesso l’inizio dei lavori di montaggio dei campeggi (già di troppo ritardato dagli uffici comunali per rendere più difficile e incerta l’accoglienza delle migliaia di persone che vogliono protestare contro i “grandi” del pianeta). Dopo qualche ora, intorno alle 22, la polizei di Hamburg (insieme a quelle di altri land in supporto, per un totale record di 15.000 uomini) ha fatto irruzione dopo varie provocazioni in uno dei due campeggi, sgomberandolo in modo improvviso e brutale. Una ragazza è stata ferita, diversi attivisti arrestati, le 12 (!!!) tende portate via, giornalisti e legali allontanati mentre 800 poliziotti violavano la legge Costituzionale. Dopo il blitz i poliziotti si sono dileguati, il campeggio è stato notte tempo rimontato, ma la notizia aveva nel frattempo fatto il giro d’Europa e avvocati, giornalisti, politici si erano mossi contro l’improvvisa violenza poliziesca motivata formalmente “per ragioni di sicurezza; nella sentenza della Corte non viene esplicitamente specificata la possibilità di poter dormire nel campeggio”.

Il giorno dopo, tutto il movimento contro il G20, i partiti di sinistra, i sindacati hanno gridato allo stato d’emergenza (che in Germania evoca giustamente i bui anni ’30): la Linke ha chiesto le dimissioni del Ministro degli Interni SPD, le chiese protestanti, il sindacato DGB, Attac hanno organizzato proteste, petizioni, catene di solidarietà per far dormire chi stava arrivando in città. Ma soprattutto il movimento, la scena militante, così presente e radicata nella città anseatica, non si è lasciata intimorire e ha convocato non solo la resistenza nei campeggi autorizzati ma l’occupazione di stabili abbandonati, di campeggi improvvisati, di squat anche nella zona blu (dove vige il divieto di manifestare e la polizia può identificare senza mandato), che occupa quasi un terzo dell’intera città.

“Se la polizia di Hamburg vuole violare lo stato di diritto, nessun problema diamole una mano!”, è lo slogan lanciato dal movimento.

Nel frattempo, i campeggi autorizzati sono diventati sempre di più una sorta di “prigione a cielo aperto”, come l’hanno definita gli organizzatori stessi. Le provocazioni, i pattugliamenti, le minacce, le identificazioni continue agli ingressi hanno dopo due giorni convinto i militanti ad abbandonare quegli spazi. Una sorta di mobbing kafkiano per indurre le persone a girare per la città cercando una sistemazione. Molti dei campeggi occupati sono stati sgomberati violentemente nella notte del 4 luglio. Nelle vie della zona blu, tra cortei spontanei e il caos di chi arrivava senza avere più una sistemazione, gli scontri con la polizia sono andati avanti ore, in particolare negli storici quartieri di sinistra tra lo stadio del Santi Pauli e il Rote Flora (a poche centinaia di metri dalla zona rossa scelta per il vertice). Arresti, uso di lacrimogeni, idranti, teste rotte, violenze questo è il prologo del vertice di Amburgo.

Un’escalation cercata dalle forze dell’ordine ancora prima che il vertice inizi, su un espediente burocratico, forzando persino il diritto costituzionale. Una guerra scatenata per 12 tende, autorizzate.

Nei prossimi giorni, Amburgo ospiterà decine di cortei (dalla marcia delle donne alle manifestazioni dell’enorme comunità curda contro Erdogan, dai messicani contro Trump ai blocchi della zona rossa e del porto), riunioni e meeting. Sono attese decine di migliaia di persone. Eppure l’ordine pubblico è diventato il tema centrale ancora prima dell’inizio. Cosa ci aspetta nei prossimi giorni è difficile dirlo, sicuramente il Welcome to Hell, titolo scelto per la manifestazione serale del 6 luglio, non sembra solo una forzatura retorica.

 

Una città libera

Wir sind Zecken,
Asoziale Zecken,
Wir schlafen unter Brücken,
Und in der Bahnhofsmission”

(“Noi siamo zecche, zecche antisociali, dormiamo sotto i ponti

o nelle missioni delle stazioni ferroviarie”, dall’inno del St. Pauli FC di Hamburg)

La ricca e protestante città sull’Elba è il secondo porto più grande d’Europa. Nata da una piccola comunità di pirati si è sviluppata intorno all’import-export e alla logistica portuale. È una città-stato, gode di poteri speciali e il suo motto fondativo è “libera e anseatica”. Insieme a Berlino, Hamburg è però la città dove più forte è la scena antagonista in Germania, è la città del Sant Pauli, squadra autogestita dalla tifoseria popolare e antifascista, è la città degli squat che occupano tre interi quartieri. Una città da sempre anticonformista in cui la comunità curda e l’estrema sinistra autogestiscono porzioni importanti di territorio, osteggiati da sempre dal governo, quasi da sempre, socialdemocratico.

Una città che si vorrebbe normalizzare da oltre un decennio a tutti i costi, per metterla a valore. Il tentato sgombero del centro sociale Rote Flora nel 2013, la candidatura alle Olimpiadi insieme a Berlino (bocciata in modo unilaterale da un referendum popolare), l’immagine di “nuova capitale delle start up” (tramontata abbastanza rapidamente) sono segnali di un’ossessione da parte del governo di risolvere l’anomalia Hamburg una volta per tutte. In questo senso si può leggere il tentativo, quantomeno avventato, di convocare il G20 a guida tedesca proprio in città.

Con l’avvicinarsi della data del vertice, tuttavia, è diventato sempre più evidente che la scelta, già giudicata poco saggia, potrebbe rivelarsi suicida. In un lavarsi le mani progressivo dal livello federale a quello locale, i socialdemocratici in piena crisi identitaria (pre-elettorale) hanno alla fine puntato sull’uomo “peggiore” in circolazione: il capo della polizia, Hartmut Dudde.

 

La “linea Hamburg”

Sovrano è colui che decide sullo stato d’eccezione”

(C. Schmitt – Teologia Politica)

L’uomo che è responsabile di ciò che sta accadendo e che ha ideato questa gestione dell’ordine pubblico si chiama Hartmut Dudde. È capo della polizia di Amburgo (una figura molto simile al nostro Questore, risponde esclusivamente al Ministro degli Interni del land). Un anno prima del vertice, quando si è deciso di convocare il G20 proprio nella capitale della “scena” antagonista tedesca, la sua nomina anche a “responsabile della sicurezza per il G20” aveva reso tutto molto simile ad una provocazione nei confronti del movimento. Già un anno fa, Emily Laquer di IL dichiarava sulla FAZ che “la nomina di Dudde dimostra evidentemente che le autorità non attueranno una gestione di contenimento o una politica di de-escalation”.

Da anni la strategia che Dudde utilizza nella gestione dell’ordine pubblico è quella di un’ottusa inflessibilità, anche se riguarda, appunto, solo un paio di tende Quechua. Possiamo riassumere la sua strategia nella dichiarazione rilasciata nel 2015 al Welt: “Se diciamo che in un punto c’è la conclusione di una manifestazione, subito dopo c’è la fine. Da quel momento noi, polizia, reagiamo. Noi non aspettiamo che i reati siano commessi “. Il “cowboy” (come lo definì il Tageszeitung) o questo “genere di arcidemone” (Hamburger Abendblatt) ha, con la sua linea intransigente, causato più volte disordini e violenze, evitabili e sproporzionate. Spesso, ha provocato vere e proprie battaglie campali totalmente inutili anche alla più cinica analisi costi/benefici, e lo ha fatto quasi sempre compiendo azioni che, se da un lato sono state dichiarate non legali in sede di tribunale, dall’altro si sono rivelate delle vere e proprie débacle sul piano politico e militare da parte della polizei (il 21 dicembre 2013 la sua gestione della piazza ha causato il ferimento di quasi 200 poliziotti nell’escalation intorno al fallito sgombero del centro sociale Rote Flora).

Anni fa Dudde ha ricevuto anche una lettera di denuncia pubblica da parte dei suoi stessi colleghi poliziotti, esasperati dal carrierismo e dalla sua linea “dittatoriale” nel prendere le decisioni. Nella lettera, inviata al Senato socialdemocratico, c’era un lungo elenco di violazioni da lui commesse. Proprio lui, così rigido nel far rispettare ogni singola regola formale o cavillo burocratico, ma solo agli autonomen evidentemente! Nel marzo 2015, il capo del reparto antisommossa sotto la sua gestione dette le dimissioni quando la polizei fu usata, durante una manifestazione di meno di venti neonazisti dell’NPD, per aprire un varco tra le centinaia di contromanifestanti, con lo scopo di far passare il camion nazionalsocialista. Nell’episodio si registrarono molti feriti, scontri e violenze. Questo è il profilo del “sovrano” che oggi dispone dello stato d’eccezione ad Amburgo.

Nonostante i fallimenti, le denunce, le campagne politiche portate avanti da associazioni, movimenti e partiti per chiedere le sue dimissioni, il governo continua a difendere a spada tratta quello che definisce il proprio “uomo migliore”. Il sindaco di Amburgo, Olaf Scholz dell’SPD (che, secondo tabloid tedeschi, desidera diventare Ministro degli Interni in un eventuale governo federale di Grosse Koalition, dopo le elezioni di autunno), lo difese nell’occasione del tentato sgombero del Rote Flora in un modo surreale ma carico di quello spirito protestante che anima la ricca borghesia anseatica: “le brave persone sono spesso controverse”. I verdi, che attualmente condividono con l’SPD il governo del land, dopo aver provato inizialmente ed in modo balbettante a chiederne quantomeno la limitazione dei poteri, hanno iniziato, se interpellati, a fare spallucce o cambiare discorso (è accaduto anche domenica scorsa). L’emorragia di consensi e iscritti dei Gruene di Amburgo probabilmente è legata a questo abbraccio mortale, dicono alcuni osservatori. Tuttavia, la ricca borghesia anseatica spesso apprezza di Dudde il piglio decisionista, la capacità di prendere decisioni rapide e chiare (indipendentemente dall’esito catastrofico).

Il sovrano che ordina lo stato d’eccezione di Amburgo ha anche una biografia politica, più inquietante se possibile del suo curriculum nella polizei: è figlio dello storico trauma politico nella roccaforte socialdemocratica del 2001. Una vicenda che ricorda in modo quasi inquietante ciò che successe con l’elezione di Guazzaloca a Bologna e l’involuzione autoritaria e punitiva del governo di Cofferati, quando gli eredi del PCI tornarono a governare il capoluogo emiliano: da allora in Italia “la sicurezza è un tema della sinistra” (citando l’inquietante Minniti) non è un paradosso, ma un dogma indiscutibile. La “porta verso il mondo” della Repubblica Federale Tedesca era stata governata dalla seconda guerra mondiale ininterrottamente, fino a quell’anno, dai socialdemocratici. Nel 2001, invece, andò per la prima volta al potere la CDU, grazie all’inaspettato exploit di un partito nato dal nulla: il “Partito dell’offensiva per lo Stato di Diritto”, che prese quasi un quinto dei voti permettendo ai liberali e agli ordoliberali di spodestare l’SPD.

Il partito in questione fu fondato da un rubicondo giudice, Ronald Schill, che aveva utilizzato le aule dei tribunali per creare casi mediatici contro tutti coloro che violavano il “decoro” della ricca Amburgo. Per completezza, bisogna aggiungere che la carriera di Schill, sia come politico che come giudice, è finita insieme al suo partito, travolta dagli scandali, dall’abuso di cocaina e dall’esclusione per immoralità, estorsione privata ed abuso d’ufficio dallo stesso Senato del land anni dopo. Tuttavia, il giudice campione di doppia moralità fu nominato quell’anno vicesindaco di Amburgo e Ministro degli Interni. Nella sua condotta è interessante notare come abbia creato un piccolo compendio di cavalli di battaglia molto in voga oggi in Italia: ordinanze per il decoro, leggi contro il vagabondaggio, caccia agli immigrati, tentativi di criminalizzare la scena antagonista, ronde cittadine, videosorveglianza. Anche lui, come Dudde, alla prova dei fatti ha fallito (vinse le elezioni promettendo di dimezzare il crimine in 100 giorni, riuscì ad aumentarlo di diversi punti percentuali in qualche anno). Grande sostenitore del partito di destra e pupillo del giudice, il giovane e rampante vicecapo della squadra mobile, da lì in poi, sarebbe stato sempre promosso: nei secoli fedele, il nostro Dudde. Politicamente è un mix tra un militante di Forza Nuova e Spartaco Mortola, della Digos di Genova all’epoca della Diaz.

La nomina a capo della polizia di Hamburg è in qualche modo una sorta di compulsione politica, un feticcio con cui i socialdemocratici provano a scacciare il fantasma di quella sconfitta sotto i colpi della sicurezza, mantenendo nella sua posizione di potere un pericoloso provocatore, ideologizzato, odiato da metà della città. È a lui che, in questi giorni, è affidato l’ordine pubblico del più importante vertice dei 20 “grandi”, nella città tedesca meno adatta ad ospitarlo.

Ma Dudde è anche un sapiente calcolatore. Sa perfettamente che domenica 9 luglio, dopo il G20, avrebbe comunque dovuto rispondere di quello che sarebbe successo (o non successo) in città e, avendo una lunga schiera di nemici ad attenderlo al varco, ha preferito giocare d’anticipo interpretando il ruolo con cui è conosciuto da tutti. Del resto, è l’uomo che anni fa, per la prima volta dagli anni del nazionalsocialismo in tutta la RFT, utilizzò le “zone speciali” (in cui la polizei ha speciali poteri), sdoganandole poi a uso e consumo degli altri land. Un creativo della repressione, un sadico con molto potere che ha la funzione di alzare da anni l’asticella della violenza poliziesca in Germania. Il cinico capo della polizia di Amburgo sta giocando la sua partita personale in solitaria e lo sta facendo utilizzando 15.000 poliziotti contro i manifestanti, per difendere e, spera, rilanciare la linea Hamburg a livello federale. Una partita ambiziosa e pericolosa, per tutte e tutti.

Lo sta facendo, tuttavia, perché sa benissimo che, a maggior ragione prima del controvertice, il governo dell’SPD non solo non lo farà mai dimettere, ma lo tutelerà fino all’ultimo giorno. Questa complice omissione politica del tandem verdi-SPD è la sua garanzia di superare indenne il G20. E magari persino rilanciarsi. Del resto, l’ambizione e la spregiudicatezza non gli mancano affatto, purtroppo per noi.

 

Un uomo del suo tempo

“…Ora cercherò
un amico, un lavoro
poi non lo so
una casa
il decoro…”

(Zen Circus – L’anima non conta)

C’è bisogno di uomini con un senso morale e allo stesso tempo capaci di utilizzare il loro primordiale istinto di uccidere, senza sentimenti, senza passione, senza giudizio, senza giudizio, perché è il giudizio che ci distrugge.”

(Walter E. Kurtz – Apocalypse Now)

La linea Hamburg è in tutto e per tutto la linea italiana del “decoro”, richiama la “teoria delle finestre rotte” newyorkese, tanto cara al Movimento Cinque Stelle, e inserisce il “diritto penale del nemico” e la parificazione del diritto penale e di quello amministrativo nell’ordine pubblico. In qualche modo, è la linea repressiva che caratterizza tutta la governance europea contemporanea. È la gestione della normalizzazione della metropoli in cui la gentrification è il motore dell’economia capitalista e la polizia ha il compito di cacciare nel modo più rapido ed efficace possibile le indecorose presenze di tutti coloro che minano la valorizzazione immobiliare, la rendita e le sicure proprietà di una borghesia spaventata dal proprio progressivo impoverimento.

Come puoi parlare di diritto a manifestare a chi ti manganella perché non puoi portare un sacco a pelo dentro un campeggio? È come provare a spiegare la funzione politica e sociale di uno spazio occupato con un burocrate che sgombera perché le uscite non hanno i maniglioni antipanico.

Una gestione che nel caso di Hamburg potrebbe essere ancora più brutale e disperata essendo questa l’ultima chiamata possibile in occasione del vertice del G20 per liberare da ogni minaccia di conflitto una città da cui passa la quasi totalità dell’export tedesco, attraverso il gigantesco e onnipresente porto.

Per chi scrive, condividendo un mix di rabbia, preoccupazione, paura e gioia rivoluzionaria, sarà soprattutto l’occasione importante per chiudere la stagione dei maxieventi, dei vertici e dei controvertici, della denuncia della “cattiveria” dei 20 potenti (parliamo di Trump, Putin, dei sauditi, di Merkel, di Erdogan… insomma personaggi sulla cui condotta etica ci sono pochi dubbi). La fine della pratica che sfida lo stato di diritto durante uno stato d’eccezione chiamando all’indignazione generale. Per chi scrive, il G20 di Amburgo sarà invece un momento per battere il sovrano, per sperimentare pratiche intelligenti di gioiosa conflittualità e impedire che un territorio sia normalizzato manu militari. Insomma per raccogliere la sfida di Dudde e battere, almeno sulle rive dell’Elba, la sua idea di società mortifera e poliziesca.

Nicola Carella on road to Hamburg, luglio 2017

da DinamoPress

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