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Grecia: profughi chiusi nello stadio, cariche della polizia. MSF: “Mai vista una cosa del genere”

“E’ la prima volta che vediamo una cosa del genere in Grecia, persone rinchiuse in uno stadio e controllate dalla polizia antisommossa. Stiamo parlando anche di donne con bambini e uomini anziani. Rinchiuse sotto il sole”. Commenta così Julia Kourafa, portavoce di Medici senza Frontiere intervistata dal quotidiano inglese The Guardian, la situazione che si è creata a Kos. Da giorni la piccola isola dell’Egeo, a soli quattro chilometri dalla Turchia, è interessata da continui sbarchi di profughi, provenienti per la maggior parte da Siria e Afghanistan. “Gli arrivi oscillano tra i 600 e gli 800 al giorno”, ha sottolineato il sindaco del capoluogo Yorgos Kyritsis. E ora è scoppiato quello che la vicepresidente del Parlamento tedesco Claudia Roth, in visita sull’isola, ha definito “un inferno sulla terra”. Centinaia di persone – bambini, uomini, donne – sono chiuse da ieri nello stadio. Molte persone svengono per il caldo, un uomo ha avuto una crisi epilettica, la polizia ha addirittura utilizzato una bomba sonora per mantenere l’ordine. “La situazione sta diventando incontrollabile – sottolinea Kourafa di Msf-, c’è una totale mancanza di coordinamento. Non c’è l’UHNCR, non c’è nessuno. Solo la polizia”. Proprio la polizia sta portando avanti le procedure di registrazione. Ma, secondo la testimonianza di MSF, sarebbero solo tre i poliziotti impegnati in questo lavoro: una condizione che rallenta il processo e aumenta le tensioni.

E’ proprio la lentezza delle procedure burocratiche una delle cause scatenanti i violenti scontri tra profughi e forze dell’ordine avvenuti ieri, martedì 11 agosto, sull’isola. L’intenzione del governo ellenico sarebbe infatti quella di trasferire nello stadio di Kos le 7mila persone presenti nell’isola, che al momento trovano riparo nelle tendopoli sorte nelle strade. Per farlo, si deve prima procedere alla registrazione dei migranti, da giorni  ammassati fuori dallo stadio, senza alcun tipo di sostegno e informazione. Nessuna assistenza sanitaria, carenza di cibo, caldo insostenibile, oltre alla frustrazione di essere chiusi in una struttura lontana da tutto e non poter proseguire il viaggio: tutte condizioni che, insieme alla lentezza delle operazioni di registrazione, hanno fatto crescere rapidamente la tensione tra le circa 1500 persone in fila fuori dallo stadio in attesa del proprio turno. Alcuni migranti hanno iniziato a protestare e a lanciare sassi: ne è nato un violento scontro con il piccolo gruppo di poliziotti presenti, che hanno caricato i migranti usando manganelli, estintori e gas lacrimogeni (qui e qui i video e qui le immagini). Fortunatamente nella calca che si è creata a causa del panico non sembrano essersi registrati feriti gravi: ma “le tensioni aumentano sempre di più”, ha affermato Roth, la quale ha ammesso: “Non ho mai visto nulla di simile prima, questa situazione non può continuare”. Il sindaco di Kos ha lanciato un appello all’Unione europea affinché fornisca assistenza immediata prima che “scorra del sangue”.

Secondo i dati diffusi dalla Guardia Costiera le persone sbarcate sulle isole greche del Mar Egeo nei primi sette mesi di quest’anno sono state almeno 124 mila, il 750 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Il quotidiano Ekatimerini ha informato dell’invio a Kos di dodici funzionari dell’immigrazione, per velocizzare le pratiche di registrazione. Sull’isola sarebbero state inoltre trasferite due unità antisommossa, mentre sarebbero 250 i poliziotti spostati a Kos, Lesbos e Chios. L’Unhcr ha parlato di “caos totale” in tutte le isole dell’Egeo. E proprio da Lesbos arriva la testimonianza di una donna, Carlotta Dazzi, che con la propria famiglia ha soccorso 45 persone a Pserimos, piccola isola di fronte a Kos. “Ore 4 di mattina. 45 profughi siriani fra cui 11 bimbi sotto l’anno di vita sbattuti sugli scogli nel cuore della notte davanti alla nostra barchetta su un gommone stramarcio. Urla, pianti, paura che si palpava nell’aria e alla cieca andare in loro soccorso. Pensavano di essere a Kos e si stavano arrampicando impauriti su una montagna di pietre altissima. Dopo un po’ di richiami a suon di “yalla yalla e siamo italiani fidatevi” siamo riusciti a farli scendere e a portare tutti in salvo sulla spiaggia per poi scortarli a piedi nel paesucolo e aiutarli a orientarsi, tirare il fiato, asciugare i bimbi e parlare col capitano del ferry che questo pomeriggio alle 17 li porterà a Kalimnos. Speriamo sia l’inizio di una vita migliore”, scrive la donna sulla proprio profilo Facebook. Che sempre dalla bacheca social informa di altri due sbarchi sulla piccola isola: “Stamane altri 50 profughi su Pserimos arrivati dal mare. Altri 100 arrivati sulla spiaggia di Agathonissi”.

Una situazione allarmante. In cui il silenzio dell’Unione europea pesa sempre di più.

da Cronache di ordinario razzismo

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