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Grecia: Il campo profughi di Moria in fiamme

Nella notte tra l’ 8 e 9 settembre  è divampato l’ennesimo incendio nel più grande campo profughi d’Europa. Questa volta, però, è quasi tutto distrutto. Probabilmente sono stati i rifugiati a chiudere il centro. Circa 13 mila persone sono in strada. È il momento di rispondere ai loro bisogni e garantirne i diritti

Per l’ennesima volta il campo di Moria è bruciato. Questa volta completamente, così come completa è la distruzione delle vite di 13 mila anime che erano intrappolate là dentro. Per cinque anni in una prigione di fango, spazzatura e violenza, uomini, donne e bambini hanno vissuto un inferno quotidiano sperando che la loro vita non proseguisse come prima.

Moria è molto più che un’esistenza in tende sporche, senza elettricità, senza fognature e senza acqua a sufficienza. Moria è un luogo in cui i bambini rifugiati sono costretti a prostituirsi per sopravvivere. Moria è un luogo in cui le donne camminano in gruppi di dieci o dormono con i pannolini perché hanno paura di essere stuprate mentre vanno in bagno. Moria è un luogo di accoltellamenti, tratta di esseri umani, suicidi e miseria organizzata dallo stato.

I confini greci sono i luoghi in cui l’Europa applica la politica di deterrenza più dura e militarizzata con lo scopo di rendere la vita dei migranti il più insopportabile possibile in modo che gli altri non vengano. Tutti e tre i corpi – esercito, guardia costiera e polizia – conducono operazioni contro un “nemico”, la cui unica arma è il proprio corpo e tutto ciò che chiede è il transito verso l’Europa e la protezione internazionale.

Anche i documenti ufficiali dicono che il sistema dei centri per migranti, degli hotspot, è disegnato con lo scopo di prevenire le migrazioni. Ieri nel campo sono stati rilevati 35 casi di Covid-19. In che modo i richiedenti asilo avrebbero potuto applicare le necessarie norme igienico-sanitarie a evitare il diffondersi del contagio con un rubinetto ogni 1.300 persone? Come avrebbero potuto applicare il distanziamento fisico se vivono in due per metro quadrato?

Come risposta il governo razzista ha annunciato la militarizzazione completa del campo e la detenzione della popolazione rifugiata, firmando un contratto da 854 mila euro con la più grande compagnia di costruzioni greca, la Aktoras, affinché realizzasse tutto intorno una recinzione.

È ovvio che questo incubo senza fine non può migliorare. Moria doveva essere evacuato e alla fine lo hanno fatto ieri nella pratica le migliaia di persone impoverite dallo Stato greco, prigioniere di una guerra dichiarata ed esercitata unilateralmente.

Bisogna stare al loro fianco con tutti i mezzi. Bisogna evacuare subito tutti i campi e soddisfare appieno i bisogni dei rifugiati. Gli Stati sono obbligati a fornire condizioni di vita dignitose ai richiedenti asilo. Mai più Moria, da nessuna parte.

Iasonas Apostolopoulos – attivista di Mediterranea. Attraverso la sua esperienza nei salvataggi in mare dinamopress ha raccontato l’evoluzione delle politiche di respingimento e criminalizzazione della solidarietà nel Mediterraneo in: Da Lesbo a Mediterranea, la storia di Iasonas Apostolopoulos

da DINAMOPress

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Moria, il campo adesso è lungo le strade

A migliaia dormono all’aperto senza nessuna assistenza. Trasferiti 406 bambini

Il giorno dopo l’incendio che ha distrutto il campo profughi di Moria la Grecia è sempre più un Paese law&order. «Chiunque pensa di poter raggiungere la terraferma e poi viaggiare fino a in Germania lo dimentichi. Agli adulti non sarà consentito lasciare Lesbo», ha chiarito fin dal mattino il viceministro per l’Immigrazione Giorgos Koumoutsakos parlando in televisione. Chi sperava, come pure era stato richiesto dalle istituzioni europee, che una parte dei richiedenti asilo venisse trasferita sul continente in modo da alleggerire la pressione sull’isola dell’Egeo, in questo modo è servito. L’ordine viene prima della pietà.

Quello che rimane del campo di Moria (nella notte l’esplosione di alcune bombole ha provocato nuovi roghi subito spenti dai vigili del fuoco) è l’immagine della sconfitta dell’Europa nell’affrontare la questione migranti. Rimasti senza più nulla dopo aver perso tra le fiamme anche le poche cose che possedevano, 12 mila uomini, donne e bambini hanno passato la notte dormendo all’aperto in qualunque posto potesse offrire loro un minimo di riparo: nelle strade, nei parcheggi, alle fermate dei pullman.

Alcune centinaia hanno raggiunto gli uliveti che si trovano nei dintorni dell’ex campo ormai incenerito. Tantissimi aspettano seduti sull’asfalto. Se l’inferno di Moria offriva quanto meno un bagno ogni 160 persone, adesso non hanno più neanche quello e sono in molti a spingersi nei villaggi alla ricerca di un po’ d’acqua. «Hanno bisogno di tutto, dai beni di prima necessità al supporto psicologico» spiega Vera Megali Keller, avvocato e attivista tedesca che si trova sull’isola.

A rendere poi tutto ancora più complicato ci sono i blocchi stradali fatti da parte della popolazione locale, e che hanno reso difficile anche per le ong come Medici senza frontiera raggiungere gli ospedali in cui operano. La situazione si è sbloccata in serata quando almeno per lo staff di Msf è stato possibile ricominciare a lavorare. Tra i primi a essere curati c’era un bambino: «Ha la febbre alta, ha inalato fumo e gas lacrimogeni. Lui e la sua famiglia dormono sul ciglio della strada», ha spiegato su Twitter l’ong.

Le cose potrebbe migliorare un po’ oggi con il trasferimento di almeno duemila persone a bordo di tre navi, un traghetto e due imbarcazioni della Marina militare greca. Altre due navi sono in arrivo cariche di generi di prima necessità come coperte, tende e cibo. Dopo aver proclamato lo stato d’emergenza per l’isola, il governo ha assicurato che il campo di Moria non verrà ricostruito, senza spiegare però con cosa intenderebbe sostituirlo. Nel frattempo ieri si è lavorato per rimettere in piedi le poche tende sopravvissute alle fiamme.

Per fortuna almeno i minori non accompagnati non si trovano più sull’isola. 406 sono stati prima trasferiti in strutture adeguate e sicure, e poi con tre voli portati nel nord della Grecia e alloggiati in ostelli in attesa del loro ricollocamento in Europa. Un piano messo a punto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron prevede il ricollocamento praticamente per tutti loro per ora in Germania, Francia e Olanda. «L’Europa non ignori quanto accaduto a Moria e non volti la faccia dall’altra parte», ha chiesto ieri sera la presidente greca Katerina Sakellaropoulou sollecitando probabilmente il ricollocamente anche degli adulti dopo quello dei minori. Su questo, però, l’Europa sembra ancora lontana.

Carlo Lania

da il manifesto

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