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Giornata del rifugiato e popolazione carceraria

Nella giornata internazionale dedicata al Prigioniero politico non possiamo che  guardare alla totalità della popolazione carceraria, alle condizioni di vita negli istituti di pena, al sovraffollamento, alle croniche carenze della medicina penitenziaria, al fatto che per molti e piccoli reati non esistono reali misure alternative alla pena detentiva.

Non si tratta solo di una questione democratica perché un paese non può ignorare i diritti civili dei detenuti, il problema riguarda le rapide involuzioni del sistema sanzionatorio e penale, la criminalizzazione di comportamenti e aree politiche, la negazione di elementari diritti come quello di assemblea e di sciopero

Il messaggio del Governo Conte  #IoRestoaCasa,   “Se ami l’Italia, mantieni la distanza“,  è un perfetto campionario della retorica penale e repressiva, quella distanza sociale non la puoi mantenere se sei in carcere, se vivi in qualche ghetto a ridosso dei campi o in microscopiche case di edilizia popolare dentro cui convivono forzatamente positivi e negativi al Covid.

L’emergenza  epidemiologica ha giocato un ruolo fondamentale nel promuovere delle forme di autodisciplina, supina accettazione di regole facendo leva sulla etica, il senso di responsabilità in noi innato da decenni di cultura. Non siamo usciti perché in quel periodo era prioritario evitare i contagi, tuttavia resta innegabile che i detentori del potere abbiano portato avanti un pericoloso esperimento sociale di natura repressiva perché ben presto il distanziamento sociale è passato al divieto di assembramento e di manifestazione potenziando la presenza in strada di esercito e forze dell’ordine.

E altrettanto impegno ci saremmo aspettati nel fare i tamponi a tappeto o nel punire le aziende che violando i codici esistenti decidevano di mantenere aperti i luoghi di lavoro ma così non è stato.

In un paese con circa 33 mila morti da covid le rivolte di marzo nelle carceri italiane erano destinate a cadere del dimenticatoio, i messaggi lanciati alla opinione pubblica tra Marzo ed Aprile sono quelli di un paese militarizzato, in guerra contro il nemico invisibile rappresentato dal Virus.

Se umanità albergasse tra noi saremmo furibondi verso le vittime predestinate del contagio, gli anziani nelle Rsa o nelle case popolari, gli operatori socio sanitari senza adeguati Dpi, i lavoratori contagiati probabilmente nello svolgimento delle loro funzioni anche se probabilmente non riusciranno a dimostrarlo. E allo sdegno subentrerebbe la rabbia e la opposizione sociale non certo istinti passivi e anime rassegnate.

Tra i motivi di sdegno e rabbia troveremmo anche le morti nelle carceri visto che già a fine Gennaio era a tutti noto l’allarme lanciato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di  «un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale»

Abbiamo perso almeno tre settimane nelle quali avremmo potuto adottare scelte e comportamenti necessari a fronteggiare il virus senza quella strage di innocenti, avremmo potuto, nel caso delle carceri . intervenire tempestivamente con decisioni coraggiose atte a porre fine al sovraffollamento.

Non occorre essere garantisti ma semplici democratici per capire che da anni la condizione dei nostri istituti penitenziari ricorda quella di un altro paese Nato, la Turchia, dove migliaia di uomini e donne, sovente oppositori politici e kurdi, vivono in degradate condizioni che poi favoriscono l’insorgere di malattie e favoriscono il contagio. E a distanza di settimane dalle morti in carcere scopriamo anche una inchiesta della Magistratura che denuncia pestaggi e abusi indiscriminati, violenze, trasferimento forzosi e abusi di vario genere.

Quanto accade nelle carceri italiane avviene in maniera diversa anche nella società con le continue minacce al diritto di sciopero, le cariche violente ai danni degli operai in lotta, le denunce e gli arresti che colpiscono gli attivisti sociali e sindacali.

Siamo davanti a una svolta repressiva dettata dal capitalismo della sorveglianza tanto che tra i motivi di valutazione di tanti dirigenti degli enti locali ritroviamo proprio la installazione delle telecamere per sorvegliare e punire i piccoli reati visto che quelli grandi resteranno impuniti. E tra i grandi reati rientrano quelli che hanno colpito la popolazione carceraria italiana

Federico Giusti

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