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Genova: il Tar straccia i Daspo urbani del questore

Genova, il Daspo non è legittimo se non è legato al contesto degli eventi sportivi. E parte una campagna cittadina contro il Daspo e la repressione politico-sociale.

Il Tar della Liguria ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dai primi due dei cinque militanti antifascisti denunciati per reati di “pericolosità sociale” che sarebbero stati commessi durante le manifestazioni di protesta contro un raduno di Forza Nuova a Genova, lo scorso marzo.

Ai due ricorrenti la Questura di Genova aveva notificato il provvedimento di Daspo, il divieto di partecipare alle manifestazioni sportive sulla scia della dottrina Minniti per intralciare la libertà di movimento alle pratiche conflittuali. «Nei casi in questione non emergono legami tra un avvenimento sportivo e i fatti reato ascritti ai ricorrenti – spiega il Tar -. Pare difettare, ad un primo esame, il presupposto che giustifica l’applicazione della contestata misura di prevenzione».

“Nel febbraio di quest’anno prima dei decreti, convertiti in legge Minniti-Orlando, L’Osservatorio Repressione ha calcolato in circa 700 il numero degli obblighi di dimora, fogli di via, firme quotidiane nei commissariati, allontanamenti forzosi dalla città di residenza che di fatto rappresentano la reintroduzione del confino.

L’introduzione del “Daspo Urbano” rappresenta un aggravamento di tale potere decisionale che limita la libertà degli individui che di fatto vengono sottoposti a misure penali su base discrezionale: accelerando il processo di trasformazione dei centri cittadini in città-vetrine e aumentando la militarizzazione dei territori, cercando di annichilire l’iniziativa politica delle classi subalterne, oltre che ad espellerla con la gentrificazione dal cuore cittadino”, si può leggere nell’appello che pubblichiamo in calce a questo articolo.

I promotori si chiedono: “Bisogna comprendere innanzitutto cosa comporterà per i margini di azione politica a Genova questo salto di qualità della logica penale dello stato”.

«Ero presente al corteo antifascista dell’11 febbraio scorso a Genova. La notifica della denuncia mi è arrivata una dozzina di giorni dopo, il Daspo invece mi è stato recapitato il 22 marzo», aveva raccontato, Andrea, uno tra i cinque antifascisti colpiti dal procedimento repressivo.

Era il 28 marzo scorso. «Pericolosità sociale e attitudine violenta che può essere ricondotta anche allo stadio, i documenti della questura dicono questo; ma noi siamo andati a Sturla per manifestare contro chi avvelena le nostre comunità, sputa odio razziale restando impunito e porta avanti una pericolosa, quanto criminale, propaganda fascista e xenofoba».

Secondo la questura, all’arrivo del corteo organizzato dall’Anpi e dalle forze antifasciste genovesi ci sono state delle tensioni tra i manifestanti e l’imponente schieramento di polizia preposto a protezione del convegno delle ultradestre.

Pochi istanti di disordine, ben lontano dagli stadi, che hanno spinto il questore di Genova a comminare il massimo della pena applicabile per il Daspo: 5 anni di interdizione a partecipare agli eventi sportivi.

«La Digos ci ha identificati come appartenenti al tifo organizzato – continua Andreae il risultato sono 5 anni di Daspo con una firma nel primo tempo e l’altra nel secondo. Eravamo lì davanti per proteggere la città, come avvenne il 30 giugno 1960. Mentre aumentano le aggressioni a sfondo razziale, le intimidazioni e gli atti di discriminazione le istituzioni difendono i neofascisti e reprimono chi lotta dalla parte dei più deboli».

da popoff

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