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Genova, Minniti scrive la Lega esegue: daspo per i poveri

Un assessore leghista vuole prendere a calci i poveri. Minniti gli fornisce lo strumento.

Il Pd scrive leggi di destra e le amministrazioni di destra le dispiegano sui territori. Come a Genova. Una sperimentazione del daspo urbano nel centro storico di Genova per «tenere lontani spacciatori e violenti da una zona che deve essere sempre più risanata e fatta conoscere ai turisti».

L’idea dell’assessore comunale Stefano Garassino e del sindaco di Genova Marco Bucci, uno leghista, l’altro a capo di una giunta forzista-leghista e (post)fascista con Fdi (votata al ballottaggio da una minoranza di genovesi). «Il prefetto ha condiviso con l’amministrazione l’utilità di avviare una sperimentazione del daspo urbano con verifiche trimestrali sui risultati» ha detto Garassino.

Il daspo urbano, mutuato dalla normativa sugli stadi e contenuto nella legge Minniti sulla sicurezza, prevede la possibilità per i sindaci di vietare per 48 ore l’accesso a una determinata area o porzione di città a chi viola le regole contenute nel regolamento di polizia municipale che dovrà per questo essere modificato. «Ci vorranno almeno due o tre mesi – spiega Garassino – per modificare il regolamento di polizia municipale che dovrà passare al vaglio dei Municipi e poi essere sottoposto all’esame di commissione e consiglio comunale». Per individuare l’area entro la quale applicare il Daspo i Comune metterà al lavoro «un’equipe di analisi dei dati sui reati commessi in centro storico in modo da collegare il Daspo a solide motivazioni di sicurezza». Per chi non rispetta il Daspo la legge prevede una sanzione che, se non pagata, consente l’intervento del questore che può a sua volta emettere un Daspo della durata compresa tra sei e dodici mesi.

In realtà nel mirino dell’assessore ci sono soprattutto i poveri. L’unica reazione all’annuncio è di Potere al Popolo Genova: «Utilizzando una norma del Decreto Minniti-Orlando. Quindi, l’assessore che voleva prendere a calci i mendicanti può stare tranquillo: a fare una legge di destra ci ha pensato il PD e la strada è libera. Per centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 stelle (intenti in questi giorni a studiare alleanze di governo) il problema non è la povertà ma i poveri.

Eliminandoli dal centro storico con la forza avranno una vetrina per i turisti mentre chi non ha i soldi per campare andrà a fare la fame lontano dagli occhi della borghesia benpensante. Il problema è quindi il decoro. Come da tradizione della destra reazionaria. Potere al Popolo è assolutamente contraria a queste norme e ribadisce che il problema sono i salari da fame, il lavoro che non c’è o è in nero e senza diritti. Il problema è la gestione criminale dell’immigrazione che considera e tratta i cittadini stranieri con brutalità, li lascia senza permessi per anni alimentando l’economia illegale. Per noi il decoro è lottare per i diritti dei più deboli senza nessuna distinzione di etnia, colore della pelle o religione. Per eliminare i poveri servono la destra o il PD, per lottare ed eliminare la povertà serve costruire potere popolare. Per questo siamo nati e vi chiediamo un sostegno contro questa vergognosa classe politica».

Ma chi è Garassino? Assessore alla Sicurezza a Tursi, un soggetto che secondo molti, in città, presenta alcune evidenti ossessioni xenofobe: a ottobre bucò gli schermi annunciando una sua personale guerra contro le «orde sudamericane che banchettano con uso smodato di birra».

Imitando il Cofferati sceriffo a Bologna (fece lo stesso una decina di anni fa) ha pensato bene che i picnic dei migranti siano il vero problema della periferia. Una settimana prima di fronte all’arrivo di 25 (venticinque) richiedenti asilo a Multedo se n’era uscito con una minaccia piuttosto esplicita: «Il primo che vedo a chiedere l’elemosina lo prendo a calci nel sedere». Linguaggio colorito o razzismo congenito? Prima di diventare assessore, aveva espresso il proprio apprezzamento su facebook per una frase di Mussolini: “Vorrei soltanto che un giorno gli italiani sapessero ricordare che li ho soprattutto amati e che mio ogni atto o pensiero furono rivolti alla grandezza dell’Italia”, affiancata dall’immagine del duce. «Il like potrebbe essere stato messo da qualche editor a mia insaputa – disse quando il caso scoppiò e gli chiesero le dimissioni – io oggi non lo metterei consapevolmente anche se si tratta di una frase contro niente e nessuno. Non lo farei nel profilo istituzionale». Garassino, prima di entrare nella Lega ha danzato prima coi liberali poi con Forza Italia. Perfetta sintesi di opposti centrismi. Per disincagliarsi dall’accusa di voler prendere a calci i mendicanti è solito fare l’esempio della sua collega milanese: «Ogni giorno ricevo 40 email dei genovesi contro l’accattonaggio molesto, quindi ho il dovere di intervenire per la legalità, anche la mia omologa di Milano ha identificato i mendicanti attraverso la Polizia municipale, nessuno ha tirato su dei polveroni perché lei è di sinistra. Se uno non è di sinistra passa da fascista».

Oppure, permettiamo di suggerire, Pd e Lega hanno la stessa ricetta razzista e la stessa perversa idea di decoro. E torniamo al punto di inizio: Minniti fa le leggi razziste e Garassino e i suoi omologhi le applicano nelle città. Dopo le elezioni forse sarà il contrario: un governo con la Lega e assessori del Pd a fare al guerra ai poveri. Non alla povertà. Mai alla povertà.

Checchino Antonini da popoff

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