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Emergenza infinita: Da D’Alema a Salvini …storia di “pacchetti sicurezza”

Periodicamente ma inesorabilmente arriva da decenni in Parlamento qualche pacchetto di nuove norme sulla sicurezza. Il nome muta seconda delle circostanze e dell’allarme sociale di turno: dall’’ emergenza microcriminalità’ alle ‘ norme sul decoro urbano’ al più franco e sbrigativo ‘ decreto immigrazione e sicurezza’. Cambia il soprabito, molto meno quel che si nasconde sotto.

Le varie reincarnazioni delle norme emergenziali tese a preservare i cittadini dall’insicurezza che li attanaglia quasi non pretendono di essere poi rispettate davvero. Non è quello il loro ruolo. Trattasi infatti della risposta propagandistica e mediatica a un allarme che solo su quel piano può essere affrontato, essendo a propria volta privo di consistenza reale.

In Italia, infatti, il tasso di criminalità ha raggiunto il picco nei primi anni ‘ 90 e da allora ha preso a scendere sino a precipitare negli ultimi tre anni. Nel 1992, in giugno, il ministro della Giustizia Martelli varò, in tandem con il ministro degli Interni Scotti, il decreto antimafia che istituiva il 41bis, il carcere duro per i mafiosi. Per quanto discutibili fossero quelle misure, molto vicine alla tortura, non si può negare che il decreto, varato subito dopo la strage di Capaci e alla vigilia di quella di via D’Amelia, rispondesse a un’emergenza reale.

Da allora, per tornare a forme di legislazione d’emergenza sulla criminalità, bisogna saltare 7 anni e approdare nell’Italia del 1999. La criminalità era in calo costante già da parecchio ma nel 1998 c’era stato un leggero rialzo, rispetto all’anno precedente, dei furti in appartamento e nelle rapine ma soprattutto erano cresciuti nelle grandi città e in particolare a Roma e Napoli gli episodi di ‘ microcriminalità’. Robetta. Scippi. Furtarelli. Un altro pianeta rispetto all’Italia delle guerre di mafia, della lotta armata e dei sequestri di persona degli anni ‘ 70 e’ 80. Ma in termini di consenso e popolarità quei microdelitti facevano danno: ne facevano addirittura di più, secondo l’allora premier D’Alema: «Devi capire che uno scippo a Milano crea più allarme di tre delitti di mafia in Sicilia», spiegò ruvido alla ministra degli Interni Rosa Russo Jervolino. Il governo mise a punto di ‘ pacchetto sicurezza’ che prendeva di mira proprio i crimini minori. Il pacchetto diventò legge sotto un altro governo, quello guidato da Giuliano Amato, essendosi nel frattempo D’Alema dimesso. ma il grosso delle misure erano quelle messe a punto dal leader dei Ds, che aveva anche organizzato, per la prima volta nella storia repubblicana, un vertice ad alto effetto scenografico con 500 prefetti provenienti da tutta la penisola.

Sul piano penale il pezzo forte era l’equiparazione dei reati minori a quelli più gravi, con un inasprimento secco delle pene per gli scippi e i furti negli appartamenti, più una maggiore estensione della custodia cautelare. Sul piano della repressione le decisioni, a leggerle, facevano impressione. Ampliamento del fermo di polizia e dei poteri d’indagine della polizia giudiziaria, concessione ai questori del potere di disporre la custodia cautelare, possibilità di ricorrere alle forze armate per presidiare il territorio. A prima vista era un elenco da stato d’assedio, decisamente sproporzionato all’emergenza in questione. Di fatto buona parte del pacchetto non fu mai scartata.

Eppure si trattò di una svolta. Per la prima volta la lotta alla criminalità sconfinava in più punti in una campagna contro gli immigrati. «Tra criminalità diffusa e immigrazione – spiegava D’Alema – non esiste una sovrapposizione strumentale ma un intreccio». Si doveva tuttavia all’immigrazione l’arrivo della criminalità «in zone del paese tradizionalmente tranquille.

Gli immigrati diventeranno il bersaglio numero uno di un nuovo pacchetto sicurezza sette anni dopo, in seguito a un omicidio efferato: una donna di 47 anni, Giovanna Reggiani, era stata stuprata e poi uccisa da un giovane muratore romeno vicino alla stazione di Tor di Quinto a Roma, il 30 ottobre 2007. Il sindaco Walter Veltroni improvvisò una conferenza stampa in un giardinetto vicino al luogo del delitto e reclamò misure contro i romeni. In realtà non era una novità. Un mese prima, dopo una sparatoria nel quartiere Africano, il sindaco era stato altrettanto chiaro: «Questo è frutto dell’arrivo dei romeni. Bisogna dare ai prefetti potere di espulsione immediata. Il 75% degli arrestati degli ultimi mesi sono romeni». Il governo Prodi si riunì la notte stessa dell’omicidio Reggiani, col fiato di Veltroni sul collo. Varò norme per l’espulsione facile dei maledetti romeni che restarono per lo più lettera morta ma diedero soddisfazione agli spauriti.

Un paio d’anni dopo, però, il nuovo ministro degli Interni, stavolta di destra, Roberto Maroni, riprese il discorso con una «legge sulla sicurezza pubblica» che teneva tutto insieme: norme anti- immigrazione, anti- mafia, anti- microcriminalità e una importante new entry: il ‘ decoro urbano’: carcere per chi imbratta autobus e vagoni della metro, multe salate per chi getta rifiuti per terra, sanzioni severe per i graffitari e naturalmente mano dura e drastica con le occupazioni.

La legge in sé ha effetti limitati, apre però i bocchettoni per gli interventi di una serie di sindaci, di sinistra quanto di destra. Lungo tutta la penisola è tutto un fiorire di ordinanze fantasiose, spesso assurde. C’è chi vieta di mangiare i panini per strada in una città a bassa intensità turistica come Roma, chi proibisce le minigonne e chi appunta gli strali sulle scollature, chi pretende che i cani siano portati a spasso da umani con corporatura affine a quella dell’animale, chi rimuove fiori e fioriere, chi prende di mira le gelaterie notturne. Molti si scagliano contro la prostituzione ma solo i più cervellotici ordinano l’analisi del dna delle deiezioni canine per individuare i padroni- malfattori. Contro l’accattonaggio e gli artisti di strada invece la crociata si ripete quasi identica ovunque.

Per questa via, però, la lotta contro criminalità, dopo aver equiparato il crimine minuto a quello sanguinoso e dopo aver accorpato nei luoghi comuni dell’immaginario microcriminalità slitta verso una vera e propria campagna contro i poveri, che rappresentano di per sé una specie di offesa al decoro. Si arriva così al decreto Minniti dell’anno scorso, anche quello un ‘ decreto sicurezza’ che però si appuntava essenzialmente sulla fastidiosa presenza degli indecorosi nei centri storico, introducendo un surreale ‘ DASPO urbano’ che può essere applicato contro chi ‘ limita la libera accessibilità e fruizione’ di strutture urbane e di trasporto. Una formula tanto vaga da potersi allargare e restringere come una fisarmonica.

Anche nel caso del DASPO di Minniti le conseguenze reali delle norme sono state limitatissime e così sarà anche per il decreto sicurezza di Salvini ( a differenza di quelle sull’immigrazione). Ma sarebbe miope pensare che questa serie di decreti e leggi sia rimasta senza conseguenze. Ha modificato la cultura e la mentalità dell’Italia.

Paolo Delgado

da il dubbio

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