Menu

Egitto: Prorogata di altri 45 giorni la detenzione di Patrick Zaki

La custodia cautelare in carcere in Egitto di Patrick Zaki è stata prolungata di 45 giorni. Lo ha riferito all’ANSA una sua legale, Hoda Nasrallah, annunciando l’esito dell’udienza svoltasi ieri e reso noto oggi dalla Procura egiziana. Amnesty: «Accanimento giudiziario». Tenuto fuori dal tribunale cairota anche l’avvocato dell’Unione europea. Coro di: «Ora basta»

Altri “45 giorni, come ogni volta”, si è limitata a dire al telefono l’avvocatessa rispondendo alla domanda su quale fosse l’esito dell’udienza di ieri. Patrick Zaki trascorrerà dunque il suo 30esimo compleanno, il 16 giugno, in carcere.

«Rinnovata la detenzione preventiva per Patrick Zaki. L’ennesimo rinnovo che non lascia spazio a dubbi: la sua detenzione è un accanimento giudiziario #freepatrickzaki». twitta così Amnesty international Italia alla notizia diffusa dall’avvocata Hoda Nasrallah, legale egiziana dello studente universitario di Bologna al quale la sua città adottiva ha già conferito la cittadinanza onoraria. A nulla è servito inviare un rappresentante dell’ambasciata italiana in Egitto, tanto più che nel tribunale cairota dove martedì si è svolta l’ennesima udienza per il rinnovo della custodia cautelare di Zaki, il nostro diplomatico, come altri, e pure l’avvocato dell’Unione europea, non è riuscito neppure ad entrare. Uno schiaffo ai diritti umani e pure ai rapporti con Roma, malgrado – o forse proprio a causa – il trattamento speciale riservato dalle istituzioni italiane ed europee al regime di Abdel Fattah al Sisi.

Ieri – scrivono sulla pagina Fecebook Free Patricksi è tenuta l’udienza per rinnovare la detenzione di Patrick Zaki davanti al tribunale nella sala di consultazione. Come ad ogni sessione, le/i rappresentanti delle ambasciate di alcuni paesi europei e l’avvocato dell’Unione europea erano venute/i per assistere, ma questa volta è stato impedito loro di entrare nell’aula e non hanno potuto assistere all’udienza”. “Tutti i tentativi del team legale di Patrick di far accedere ambasciatori e ambasciatrici all’aula sono stati respinti. Per quanto riguarda la decisione, il team legale di Patrick ha appreso che la corte ha deciso di rinnovare la sua detenzione di altri 45 giorni. Non sappiamo perché la detenzione di Patrick sia stata rinnovata, e non sappiamo perché ai/alle rappresentanti delle ambasciate sia stato impedito di assistere all’udienza. Come al solito, non siamo a conoscenza di nulla. Tutto quello che sappiamo è che Patrick rimarrà in detenzione preventiva e che compirà 30 anni in una cella tra due settimane, lontano dalle persone a lui care. Ma, nonostante tutto, continuiamo a sperare e ad augurarci che la situazione cambi e che da un momento all’altro riavremo Patrick tra noi“.

La deputata Pd Laura Boldrini centra il problema: «Quanto durerà ancora questa violazione dei diritti umani? Il tempo delle parole è finito. Il nostro Paese sia coerente e dia un segnale chiaro. L’Egitto è il primo importatore di armi italiane: fermiamo il commercio!». Sì perché non solo il regime di Al-Sisi è il più importante partner commerciale dei produttori italiani di armi e navi da guerra ma, come riportato dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), negli ultimi cinque anni il governo egiziano è diventato il terzo più grande importatore di armi al mondo dopo Arabia Saudita e India, acquistando il 136% di armi in più rispetto al quinquennio precedente.

E così Patrick Zaki, arrestato per «propaganda sovversiva su Internet» dalle autorità egiziane all’aeroporto del Cairo il 7 febbraio 2020, compirà 30 anni in una fetida cella della terribile prigione di Tora. Una detenzione giudicata «illegittima» dal deputato di LeU, Erasmo Palazzotto, a capo della commissione monocamerale sull’omicidio di Giulio Regeni. «Inaccettabile. Disumano – twitta Palazzotto – Non possiamo più stare a guardare».

Sono tanti gli esponenti della maggioranza di governo che commentano questa ennesima prova di arroganza da parte delle autorità egiziane sollecitando pubblicamente il loro stesso esecutivo (evidentemente non trovano spazio o attenzione nei luoghi della politica e istituzionali) a non indugiare ulteriormente e ad agire incisivamente una volta per tutte. «La strategia italiana fondata su piccoli passi e relazioni diplomatiche non sta dando risultati – è l’analisi dell’europarlamentare dem Pierfrancesco Majorino – Dal parlamento europeo diciamo altro, attraverso la risoluzione votata il 18 di dicembre: basta armi all’Egitto. Basta mezze misure».

Gli fa eco il suo collega Giuliano Pisapia che chiede al governo Draghi di «dare seguito alla posizione assunta dal Parlamento» e concludere l’iter per la cittadinanza italiana (e di conseguenza europea) a Patrick, «in modo da avere più forza nel chiedere il suo ritorno nel nostro Paese». La senatrice Monica Cirinnà, responsabile Diritti del Pd, annuncia che per accelerare i tempi si recherà dal presidente Mattarella, insieme a tutti i membri della Commissione diritti umani del Senato. A supportare l’iniziativa della cittadinanza italiana, su Change.org, con una petizione lanciata a gennaio dalla community Station to Station e da 6000 Sardine, ci sono anche 264.000 persone, di cui circa 56 mila firmatari da Spagna, Francia, Germania e Regno Unito.

Perché, come sottolinea in una nota l’europarlamentare M5S Sabrina Pignedoli, l’Egitto sta «compromettendo i rapporti con tutta l’Unione europea. Alla luce di questi eventi – aggiunge – chiediamo a Joseph Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, di valutare una presa di posizione forte verso l’Egitto che includa anche l’uso di sanzioni».

La speranza, almeno quella di una parte dell’opinione pubblica italiana, è di non dover assistere nuovamente allo stesso valzer di promesse e indignazioni tra 45 giorni.

***************

L’Italia deve fare più per la liberazione di Patrick

Intervista a Riccardo Noury di Amnesty international: «L’Italia deve fare di più». «Se l’Egitto è il primo Paese tra gli importatori di armi italiane e la nostra seconda fregata militare è stata inviata 4 giorni prima del voto sulla cittadinanza, il messaggio è di disinteresse» 

Patrick Zaki, lo studente egiziano e cittadino onorario italiano che viveva e studiava a Bologna prima di essere arrestato al Cairo il 7 febbraio 2020 resterà in carcere per altri 45 giorni. Tra pochi giorni, il 16 giugno, compirà 30 anni, e lo “festeggierà” nella fetida prigione di Tora.  Ieri nell’ennessima udienza, «come di consueto, un diplomatico italiano ha tentato di entrare in tribunale per assistere all’udienza, ma stavolta non gli è stato concesso. Lo hanno lasciato fuori», ci racconta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, l’associazione che ha legato il suo 60° anniversario proprio al compleanno dello studente italo-egiziano.

Il caso Zaki è inserito nel programma di «trial monitoring» dell’Ue. A cosa serve?

Nelle intenzioni dovrebbe mandare alla giustizia egiziana il segnale che queste udienze sono oggetto di preoccupazione internazionale. Il punto è che per 16 mesi ci si è limitati a questo: ad inviare a turno uno o più rappresentanti delle ambasciate europee, a volte anche degli Usa e del Canada, ad aspettare che rientrino in ambasciata – sempre che riescano ad assistere al processo -, prendere atto della decisione del giudice e attendere l’udienza successiva che si svolgerà un mese e mezzo dopo. In questo modo non si arriverà a nulla, e anzi si dà una parvenza di legittimità a tutta questa procedura che è completamente irregolare.

L’Italia non sta agendo come dovrebbe?

No, se l’Italia non eserciterà pressioni serie, nessuna autorità egiziana ordinerà mai di aprire la porta della cella di Patrick. Al governo glielo abbiamo chiesto noi e glielo ha chiesto il parlamento, il 14 aprile scorso. Ma nulla si è mosso, al di là di qualche dichiarazione di circostanza o, peggio, dell’invito al silenzio da parte del ministro Di Maio , come se si trattasse di un ostaggio nelle mani di un gruppo di rapitori.

Perché secondo lei questo accanimento dell’Egitto malgrado il grande risalto mediatico?

Non si può parlare di accanimento perché quella di Patrick è una storia comune a migliaia di altri egiziani senza diritti.

Ma sfortunatamente gli altri sono nell’ombra, mentre Patrick ha il sostegno dell’opinione pubblica.

Credo che l’unico modo per incidere sulle sorti dei detenuti egiziani sia un’azione politica seria, quella che è mancata nonostante una mobilitazione incredibile della società civile italiana o gli appelli di personalità e artisti (come Adriano Celentano che ha scritto a Draghi, ndr). Ma purtroppo da sola non basta. In Egitto non si commuovono certo per la solidarietà espressa a Zaki. O ad Ahmed Samir, ricercatore a Vienna accusato di terrorismo che da oggi (ieri, ndr) è a processo ma senza che i suoi difensori abbiano nemmeno potuto visionare il fascicolo. La prossima udienza si terrà l’8 giugno. Ma quando nell’ultima relazione sul commercio di armi italiane l’Egitto è il primo Paese, e quando quattro giorni prima del voto del parlamento sulla cittadinanza onoraria a Zaki, l’Italia invia la seconda fregata militare all’Egitto, allora al Cairo capiscono che su questi temi c’è disinteresse.

La sorella Marise ha riferito che Patrick è molto provato nel corpo e nella mente. Voi avete altre notizie?

Sappiamo che rischia di contrarre il Covid, se pure non lo ha già preso, perché è asmatico. Dorme per terra in una prigione durissima e ha un rimpianto continuo della sua Bologna. L’unica cosa positiva è che per la prima volta da mesi ha rivolto il suo pensiero al futuro, quando ai familiari ha detto di aver scritto una lettera alla senatrice Liliana Segre ma di non avergliela spedita perché vuole consegnargliela di persona. È un segnale che un po’ ci rincuora.

intervista a cura di Eleonora Martini per il manifesto

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>