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Disobbedire ai fogli di via per rivendicare la legittimità delle lotte

Nel nostro Paese è in atto una nuova stretta autoritaria che, con il pretesto ufficiale dell’emergenza terrorismo, aggredisce e criminalizza ogni forma di dissenso politico e sociale.

Quanto accaduto a Villa San Giovanni in occasione della mega kermesse del G7 di Taormina, e ancor prima a Roma durante la manifestazione del 25 marzo e a Bari per il G7 sulla Finanza, non lascia alcun dubbio su quale sia la vera natura della nuova politica di controllo e repressione messa in piedi dal Ministro Minniti: sono già decine i fogli di via comminati sul territorio nazionale, quindici dei quali soltanto tra Cosenza, Lamezia Terme e Catanzaro, proprio in occasione del corteo contro il G7 di Taormina, grazie ad un assurdo dispositivo targato Minniti – Ministro dell’Interno, nonché cane da guardia del PD.

Il tema securitario dell’emergenza terrorismo viene usato come leva per consentire l’introduzione all’interno del nostro ordinamento giuridico di alcuni strumenti repressivi ispirati alla logica del sospetto e costruiti unicamente sul requisito della cosiddetta “pericolosità sociale”, ossia sull’identificazione di un individuo come potenziale responsabile di reati in forza di semplici elementi indiziari per nulla sufficienti ad affermare, ad esempio, la responsabilità penale. Alle classiche misure previste dal diritto penale, quindi, sono stati così aggiunti altri dispositivi liberticidi che consentono una gestione poliziesca dell’ordine pubblico.

Si tratta di una deriva normativa che viola palesemente la relazione tra autorità e individuo sancita dalla Carta Costituzionale, il diritto alla mobilità sul territorio nazionale ed il trattato di Schengen, puntualmente sospeso in occasione dei ripetuti incontri internazionali tra le economie dominanti. Ai fogli di via si sommano le revoche di accoglienza per i migranti che provano a far sentire la propria voce per denunciare le pessime condizioni di molti Centri e gli indegni blitz di polizia nelle stazioni, nel nome di una sicurezza che ha come unico obiettivo la caccia al diverso e la criminalizzazione del più povero. Questa scia repressiva colpirà domani chiunque alzerà la testa per rivendicare i propri diritti dagli operai agli insegnanti, dagli studenti ai disoccupati.

Di fronte a tutto ciò ci si interroga su come fronteggiare tali meccanismi asfissianti di controllo e questa nuova filosofia della sicurezza che calpesta anche i basilari principi del diritto “democratico” al dissenso.

Il 6 giugno, durante una prima assemblea regionale svoltasi a Lamezia Terme, diverse realtà sociali hanno provato a ragionare su come riuscire a ribaltare questo dispositivo, rilanciando, con rinnovato vigore, le lotte sui singoli territori, senza ombra di rassegnazione e con l’intento di rispondere colpo su colpo ai tentativi liberticidi messi in atto da quello che sempre di più assume i connotati di uno “Stato di polizia”.

Faremo esplodere le contraddizioni annidate nelle politiche istituzionali, porteremo in piazza il nostro dissenso, contrapponendo alle illegittimità delle prescrizioni dei fogli di via la legittimità delle tante pratiche rivendicative messe in atto in questi anni: dalla difesa del territorio alla battaglia per una sanità pubblica e accessibile a tutte e tutti, dal diritto all’abitare alla lotta per il reddito e la dignità.

Rivolgiamo dunque un appello a tutti i cittadini calabresi, alle realtà sociali, politiche e sindacali, al mondo dell’associazionismo di base, agli studenti, agli insegnanti e a chiunque voglia far sentire la propria voce di dissenso contro le politiche securitarie del governo PD, a ritrovarsi tutti insieme a Cosenza mercoledì 21 giugno alle ore 18:00 in piazza Kennedy per un’assemblea pubblica in cui ribadiremo che nessun divieto e nessuna prescrizione potranno mai limitare la nostra libertà di movimento!

Calabresi contro la repressione

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