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Diminuiscono i reati ma aumentano i detenuti. Il rapporto di Antigone

Continua la crescita dei detenuti ( il tasso di sovraffollamento è al 113,2%) e il fatto che in alcune carceri si torna a scendere sotto la soglia minima prevista di 3 mq per detenuto; troppi reati e troppa durata irragionevole dei processi; nel 68% degli istituti visitati ci sono celle senza doccia, e solo in uno, a Lecce, e solo in alcune sezioni, è assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti, come richiesto dall’art. 14 dell’Ordinamento penitenziario; l’Italia risulta di essere uno dei paesi dell’Unione Europea con il più basso numero di detenuti per agente: vi è in media un agente per 1,7 detenuti, mentre ciò che manca sono gli educatori.

Sono questi i dati principali emersi dal pre – rapporto dell’associazione Antigone sulle condizioni delle carceri presentato ieri matti- na durante la conferenza stampa alla Camera dei deputati.

Già nell’ultimo rapporto, non a caso chiamato “Torna il Carcere”, si era posta l’attenzione sul ritorno del sovraffollamento con tassi di crescita che se continuassero all’attuale ritmo porterebbero in pochi anni l’Italia ai livelli che costarono la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ma quali sono le ragioni della crescita del numero dei detenuti? «Da una parte – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – il numero enorme di processi penali pendenti. Oltre 1,5 milioni di cui più di 300 mila dalla durata irragionevole e quindi prossimi alla violazione della legge Pinto. I tempi lunghi dei processi influiscono sull’eccessivo ricorso alla custodia cautelare che continua a crescere arrivando all’attuale 34,6%, quando solo due anni fa era al 33,8%. Dall’altra c’è il fatto che si registra un cambiamento anche nelle pratiche di Polizia e giurisdizionali, effetto questo della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti».

Altri dati riguardano il totale dei processi penali dalla durata irragionevole. Troppi processi, ma anche troppi reati e troppa custodia cautelare. Si legge nel pre- rapporto che al 31 marzo del 2017 i processi penali pendenti erano 1.547.630. Dieci anni prima erano 1.446.448. Secondo la legge Pinto che impone risarcimenti nel caso di procedimenti penali dalla durata irragionevole non deve essere superata la seguente durata: 3 anni in primo grado, 2 in appello, 1 in Cassazione. A fine 2016 a rischio di risarcimenti sono rispettivamente il 4,2% dei procedimenti pendenti in Cassazione, il 45,3% di quelli in appello, il 18,9% di quelli di primo grado, il 19% di quelli davanti al tribunale per i minorenni. Sempre Antigone spiega che la durata media di un processo in primo grado con rito collegiale è pari addirittura a 707 giorni, 534 nel rito monocratico, 901 in secondo grado. Temi che non diminuiscono negli ultimi anni. Dal 1992 a oggi 25 mila casi di ingiusta detenzione costati 630 milioni di euro. La custodia cautelare ingiusta costa troppo allo Stato. Antigone denuncia l’eccessivo ricorso alla custodia cautelare nonostante l’introduzione della legge che doveva limitarne l’uso. Nel pre- rapporto si legge che «nonostante i positivi cambiamenti legislativi è in aumento l’uso del carcere prima della condanna definitiva. Purtroppo è l’effetto di pratiche di Polizia e giurisdizionali, a loro volta effetto della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti». Altro dato interessante riguarda la presenza degli stranieri in carcere: sono il 34,1% dei detenuti, ma rispetto a dieci anni fa sono il 3,34% in meno.

Damiano Aliprandi da il dubbio

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Calano i reati ma aumenta il sopraffollamento

Ma che giustizia penale è una giustizia che ha pendenti nei suoi tribunali un milione e mezzo di processi di cui 300 mila circa hanno già superato i limiti di durata massima con relativi obblighi di risarcimento? Il carcere nuovamente troppo affollato di oggi – poco meno di 57 mila detenuti rispetto ai 54 mila del giugno del 2016 – è l’effetto di un sistema penale irrazionale, ingombrante, selettivo e di classe. Se solo un grande tema come quello delle droghe fosse trattato in modo non repressivo avremo varie migliaia di detenuti in meno con benefici per tutti: per i consumatori di sostanze che non finirebbero in galera, per il fisco, per tutti gli altri detenuti che avrebbero più spazio a disposizione.
A partire dalla questione del poco spazio (meno di 3 mq a testa) nel 2013 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani. Allora fu messo in moto un virtuoso circuito riformatore che portò a importanti passi in avanti nella legislazione in materia di custodia cautelare, benefici penitenziari, diritti dei detenuti. Fu istituito il garante nazionale delle persone private della libertà.

Come mai dunque in soli 4 anni, senza troppe modifiche in peggio della legislazione penale e penitenziaria e con un tasso di criminalità in calo, la popolazione detenuta di nuovo cresce? I motivi sono principalmente due: alcune di quelle riforme erano a tempo e il tempo è scaduto; il clima politico e culturale è pericolosamente deteriorato così influenzando l’operato delle forze di polizia e dei giudici non insensibili alle richieste securitarie che arrivano da politici e media. C’è una rinuncia da parte della classe dirigente all’esercizio di ogni vocazione pedagogica rispetto ai corpi sociali intermedi. Un dato è eloquente: negli ultimi cinque anni è diminuita del 3% circa la percentuale degli stranieri detenuti nelle carceri italiane nonostante le fantomatiche invasioni di migranti che turbano i sogni mezza Europa. Un dato di questo genere dovrebbe essere urlato per sconfiggere stereotipi e pregiudizi, invece passa sotto traccia.

Nonostante tutto, questo scorcio finale di legislatura potrebbe riservare una sorpresa positiva. Tutto è nelle mani del ministro della Giustizia Andrea Orlando e del premier Paolo Gentiloni. Loro, dopo l’approvazione a giugno della legge delega dal parlamento, dovranno in tempi stretti proporre una riforma dell’ordinamento penitenziario per adulti (e un ordinamento del tutto nuovo per i minori) che migliori sensibilmente la vita interna alle carceri espandendo l’area delle misure alternative su cui si gioca la vera partita della risocializzazione. C’è spazio per mettere al centro la dignità umana, abolire l’ergastolo ostativo, estendere l’applicazione delle misure alternative, assicurare luoghi e tempi per la sessualità, liberalizzare per i detenuti comuni l’uso delle telefonate, delle mail e di skype, rendere identificabile il personale, eliminare le pene accessorie e garantire il diritto di voto ai detenuti. Antigone ha già messo a disposizione delle commissioni ministeriali le sue proposte. In poco tempo si può fare una grande riforma nel nome di chi l’aveva già scritta (Alessandro Margara) alcuni anni addietro, prima di lasciarci, ma anche per dare un segnale al paese, ossia che anche in campagna elettorale si può essere progressisti e coraggiosi.

Patrizio Gonnella da il manifesto

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