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Difensori dei diritti umani sotto attacco

Si calcola che almeno sei miliardi di persone nel mondo vivano in paesi dove la libertà di opinione, associazione, iniziativa sociale e politica, la possibilità di organizzare campagne per i diritti civili, sociali, ambientali sono in tutto o in parte negate.

Paesi nei quali le autorità governative varano leggi draconiane per mettere al bando organizzazioni nongovernative, o per restringerne progressivamente la capacità di azione. Dalle intimidazioni, alle campagne denigratorie e di diffamazione a mezzo stampa, all’imposizione di condizioni sempre più stringenti per la rendicontazione delle fonti di finanziamento, a complicate procedure burocratiche, ricorrendo poi in casi estremi all’arresto, e alla condanna per attività criminali, terroristiche o in qualche maniera considerate contro l’interesse nazionale e la sicurezza, gli strumenti per restringere questi spazi di agibilità sono tanti, e spesso ricorrenti.
 In gergo si definisce “shrinking space” o “closing space” per la società civile e più in generale per le libertà civili e democratiche. È un leitmotiv, che ormai in varia intensità attraversa la gran parte dei paesi nel mondo, anche in quelle che dovrebbero essere considerate “democrazie liberali”.  Torsioni securitarie, retorica nazionalista, xenofoba, rafforzamento delle formazioni populiste di destra rappresentano oggi una minaccia senza precedenti per le organizzazioni della società civile anche nell’Unione Europea.
Ne è la riprova un recente dossier preparato dall’organizzazione Civil Liberties Union for Europe, dal titolo “Participatory democracy under threat:Growing restrictions on the freedoms of NGOs in the Eu che sottolinea la gravità degli attacchi ripetuti alle organizzazioni della società civile in vari paesi membri dell’Unione Europea.

Secondo il dossier, la restrizione degli i spazi di agibilità per le organizzazioni della società civile è spesso accompagnata da misure volte a limitare la libertà d’espressione e di stampa e contro l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario. Le organizzazioni più colpite sono quelle che lavorano per assicurare le libertà e i diritti civili, quelli delle minoranze, dei rifugiati e dei diritti Lgbti e delle donne.

Il rapporto fa anche riferimento esplicito alle campagne di diffamazione e criminalizzazione delle organizzazioni che accolgono e prestano solidarietà ai migranti e rifugiati nel nostro paese stigmatizzando come pratica discriminatoria la creazione dell’albo delle Ong che operano per il salvataggio di migranti in mare. E anche di come tale campagna abbia alterato significativamente la percezione dell’opinione pubblica italiana verso l’operato delle Ong, pregiudicandone anche importanti fonti di autofinanziamento. Questi dati allarmanti riflettono quanto riscontrato anche nel primo rapporto dell’Ufficio dell’Osce per la Democrazia e i Diritti Umani, relativo alla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi Osce, il primo mai prodotto.

Un documento importante anche in vista della prossima presidenza italiana dell’Osce nel 2018, occasione per rilanciare con forza un’iniziativa ampia della società civile italiana sui temi dei diritti umani, e della difesa dei difensori dei diritti umani. Orbene il rapporto Osce per il 2014-2016, intitolato The Responsibility of States”: Protection of Human Rights Defenders in the Osce Region (2014–2016) denuncia l’aumento registrato negli ultimi tre anni degli attacchi ai difensori dei diritti umani nei paesi membri Osce da parte di attori statuali e non-statuali, in particolare – come anche sottolineato da Civil Liberties Union for Europe – contro chi difende i diritti delle donne, delle minoranze etniche e i diritti Lgbti.

Se ciò non bastasse, secondo quanto denunciato da Global Witness e dal Guardian, che tiene una conta aggiornata degli attivisti ambientalisti ammazzati in ogni parte del mondo, il 2017 si avvia a essere l’anno più sanguinoso di sempre, con 153 difensori della terra uccisi (dato aggiornato ai primi di ottobre) per essersi opposti a progetti di estrazione di risorse, agribusiness, grandi opere. La maggior parte dei difensori e difensore dei diritti umani uccisi nel mondo sono attivisti ambientalisti e difensori della terra, di questi la maggioranza rappresentanti di comunità indigene. Per quanto riguarda l’Italia, la recente campagna di criminalizzazione delle organizzazioni non governative e della società civile che fanno soccorso in mare, o solidarietà con migranti e rifugiati potrebbe non essere un caso isolato bensì la manifestazione estrema di un “trend” che si è insinuato in maniera insidiosa anche nel nostro Paese.

Dalla criminalizzazione e intimidazione verso comitati e movimenti per la protezione dell’ambiente e del territorio (per esempio No Tav o No Tap), o di alle minacce a giornalisti o avvocati da parte della criminalità organizzata o la proposta di legge per la criminalizzazione della campagna Bds e di chi la sostiene, anche nel nostro paese iniziano a palesarsi i sintomi di una dinamica preoccupante.

Sempre secondo Civicus, nel nostro paese nella prima metà del 2016 le principali libertà civili di associazione, riunione ed espressioni sono generalmente rispettate, ma sussistono alcune problematiche. Dalla discrezionalità nelle operazioni di ordine pubblico, all’uso eccessivo della forza in occasione di proteste di piazza. Occasionalmente difensori e difensore dei diritti umani soffrono minacce e intimidazioni. Anche il rapporto sulla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi Osce riporta alcuni casi relativi all’Italia tra cui le denunce di un’organizzazione di donne Rom e sottolinea anche i rischi per la libertà di associazione rappresentati dall’attuale legislazione sulle manifestazioni di piazza, e l’obbligo di notifica preventiva.

Preoccupa a tal riguardo l’assenza in Italia (a differenza della grande maggioranza dei paesi Osce) di un’Autorità nazionale indipendente per i diritti umani, come richiesto da importanti risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo anni e anni di discussioni e dibattiti parlamentari, si era giunti a una possibile mediazione che avrebbe permesso di approvare un disegno di legge per istituire l’Autorità, ipotesi “congelata” assieme ad altre importanti iniziative legislative sui temi dei diritti civili.

Questo il contesto del dibattito pubblico organizzato da Un Ponte Per… e In Difesa Di – per i diritti umani e chi li difende, dal titolo “Difensori dei Diritti Umani sotto attacco”, il 27 ottobre prossimo alle 19.45 al Salone dell’Editoria Sociale, a Porta Futuro a Roma, che vedrà la partecipazione oltre che ai rappresentanti della rete In difesa Di, e di Un Ponte Per… di Ben Hayes e Frank Barat del Transnational Institute e Carlotta Besozzi di Civil Society Europe.

Il Transnational Institute ha un programma internazionale sulla questione degli spazi di agibilità, e dopo la pubblicazione di un primo dossier sul tema sta per pubblicare un documento sulla criminalizzazione della solidarietà con i migranti in Europa. Civil Society Europe pubblica ogni anno un’analisi sullo stato di agibilità delle organizzazioni della società civile in Europa ed anche in Italia. Obiettivo dell’iniziativa quello di fornire occasione per uno scambio di riflessioni sul tema della restrizione degli spazi di agibilità, l’emergenza dell’attacco ai difensori dei diritti umani a livello globale ed europeo, ed una ricognizione della situazione nel nostro paese a partire dalle recenti strategie di criminalizzazione delle Ong e delle attività di solidarietà con i migranti.

Francesco Martone

portavoce della rete In Difesa Di, una coalizione di oltre 30 ong e movimenti italiani che si dedica al supporto e alla protezione dei difensori e delle difensore dei diritti umani

da Comune-Info

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