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Detenuta rischia la paralisi. Da febbraio che è caduta, ancora non viene curata

Rosa Zagari, condannata in primo grado a 8 anni.  non riesce a muoversi dal letto. Il suo avvocato, Antonino Napoli, ha presentato un’istanza a giugno scorso

Da mesi è senza cure appropriate e rischia l’atrofizzazione degli arti. Non è una detenuta qualunque colei che si trova costretta a vivere l’incubo di poter rimanere paralizzata per sempre. Si chiama Rosa Zagari, condannata in primo grado a otto anni al processo denominato “Terramara Closed”, compagna dell’ex latitante Ernesto Fazzalari di Taurianova – catturato nel 2016 – il quale era considerato il ricercato più pericoloso dopo l’imprendibile Matteo Messina Denaro. Ma la Zagari, quarantaduenne, si trova nel carcere di Santa Maria Capua Vetere in condizioni gravi, senza riuscire a muoversi dal letto.

LA CADUTA
Perché? Il nove febbraio scorso, quando era al carcere di Reggio Calabria, è caduta nella doccia. Subito è stata trasportata all’ospedale, nel reparto di neurologia, e dalla tac è emersa una “duplice rima di frattura lineare in corrispondenza del processo trasverso di destra di L3 e rima di frattura a livello del processo trasverso di L2”.

Il primario ha consigliato delle cure adeguate per evitare peggioramenti. “Riposare su letto rigido idoneo – si legge nella cartella clinica -, praticare terapia medica con antalgici al bisogno e proseguire con la terapia antitrombotica come da prescrizione neurochirurgica.

Si consiglia inoltre di iniziare fin da subito a sottoporsi a prestazioni di Magnetoterapia alla colonna, a massaggio leggero decontratturante dei muscoli paravertebrali, alla rieducazione motoria degli arti inferiori, per cicli di 20 gg. al mese per almeno 5 mesi”.

E infine: “Utile, ma solo dopo il terzo mese e dopo controllo radiografico e specialistico, oltre alle prestazioni di fisioterapia, la rieducazione dei muscoli paravertebrali e della colonna dorsolombare in piscina, in assenza di carico sul rachide”. Cure tuttora non ricevute.

SERVE UN INTERVENTO URGENTE
L’associazione Yairaiha Onlus si è attivata il 16 luglio scorso scrivendo al garante nazionale delle persone private della libertà, a quello regionale, al ministro della Giustizia e al magistrato di sorveglianza, sollecitando un intervento urgente perché «le cure ricevute sono state esigue e inadeguate limitando la terapia al busto, che porta ininterrottamente dal 9 febbraio, e ad antidolorifici. Riteniamo – concludono – che il diritto alla salute rientri tra i diritti fondamentali dell’uomo, a prescindere dagli eventuali reati commessi, così come sancisce la nostra Costituzione» .

L’avvocato Antonino Napoli, legale di Rosa Zagari, ha anche presentato un’istanza a giugno scorso, denunciando la mancanza di cure e ha chiesto la nomina di un perito per verificare lo stato di salute della donna, anche per chiedere la compatibilità delle sue condizioni con il regime carcerario.

Stando a quanto denuncia anche la madre di Rosa, lo stato di salute della figlia sarebbe «gravemente peggiorato, a causa dell’assenza di cure – scrive in una lettera indirizzata alla direzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere -, a tratti inappropriate, come la vana somministrazione di Flactodol, farmaco rigettato fisicamente fin da bambina, deteriorandole pesantemente il normale funzionamento dei reni».

La madre – che ha problemi di salute – è disperata, tanto da aggiungere che se la situazione di sua figlia non cambia radicalmente in positivo, «non mi resterà che sospendere la terapia, tutte le mie cure, e lasciarmi morire finché non avrete curato mia figlia».

DIRITTO NEGATO
Il diritto alla salute è riconosciuto universalmente dalla nostra Costituzione, compreso chi è privo della libertà. Non a caso l’articolo 39 comma 2 dell’ordinamento penitenziario sancisce espressamente l’obbligo di sottoporre a costante controllo sanitario il soggetto detenuto, garantendo, la propria tutela alla salute. Un dritto garantito anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che sancisce espressamente il divieto di sottoporre i detenuti a trattamenti disumani e degradanti.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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Questa mattina i familiari di Rosita hanno informato l’associazione Yairaiha Onlus che il giorno stesso in cui è uscito l’articolo (ieri 9 agosto) è stata immediatamente trasferita in un centro clinico. Denunciare pubblicamente quello che avviene nelle carceri è oggi l’unico mezzo per far sì che i diritti vengano un minimo rispettati. Non è facile esporsi pubblicamente dopo essere passati dalle gogne mediatiche né si ha certezza che la denuncia pubblica possa sortire gli effetti desiderati anzi, tutt’altro. Spesso verso chi denuncia pubblicamente quanto avviene nelle carceri scattano ritorsioni e trasferimenti punitivi. Grazie a Damiano Aliprandi per essere al nostro fianco nel dare voce agli ultimi.

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