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Daspo urbano, la carica dei sindaci-sceriffo

Degrado urbano, la nuova frontiera securitaria. I Daspo, sulla cui legittimità costituzionale esiste una ampia bibliografia, diventano lo strumento a tutela del decoro urbano

Nella mia città, Pisa, i daspo, decreti amministrativi che vietano di partecipare alle manifestazioni sportive,  sono stati inflitti ad alcuni attivisti sociali e politici  a seguito di alcune manifestazione dei movimenti della casa. Dopo un ricorso, il Tar ha annullato i provvedimenti.
Sempre a Pisa, i daspo hanno allontanato dalla curva dello stadio oltre 100 tifosi a seguito della segnalazione da parte della Questura di Firenze.
Questa premessa si rende necessaria perché i daspo sono ormai divenuti da tempo uno strumento repressivo, nati come misura per arrestare i fenomeni di violenza negli stadi si sono presto dimostrati lo strumento utile per allontanare dalle curve degli stadi attivisti politici e per colpire gli stessi per  ben altri fatti ed episodi.
Ora i Daspo, sulla cui legittimità costituzionale esiste una ampia bibliografia, diventano lo strumento a tutela del decoro urbano.
Tra i fautori entusiasti di questa normativa non potevano mancare i nuovi potestà, i sindaci , che vedono positivamente il rafforzamento del loro potere di ordinanza decretato dal Consiglio dei Ministri e subito sostenuto dall’Anci che ha direttamente partecipato alla stesura del testo di legge, anzi se ne assume addirittura la paternità con il presidente dell’Associazione, Antonio Decaro, ad ammettere che “la nuova norma l’abbiamo scritta noi sindaci”  annoverando tra i meriti  l’avere proposto da tempo “la sanzione penale per i parcheggiatori abusivi”. Per i sindaci la sola sanzione amministrativa risulterebbe inadeguata.
Tra le motivazioni del sindaco di Bari Decaro ne abbiamo trovata una particolarmente significativa: la sanzione amministrativa per i parcheggiatori abusivi non è a sufficiente perché non avendo reddito e proprietà possono farla franca, quindi meglio applicare il codice penale e, pensiamo noi certi di leggere nel pensiero, arrivare direttamente all’arresto, magari non solo per loro ma per tutti i numerosi protagonisti del nuovo degrado.
La lista degli apolegeti del Daspo urbano è lunga, dal sindaco di Bologna (per il quale i tornelli alle biblioteche sarebberp un atto dovuto) a quello  di Firenze che si dice  entusiasta e se ne assume la paternità in nome della lotta al piccolo crimine e al vandalismo.
Nella folle rincorsa securitaria non poteva mancare la Lega, il Governatore della Lombardia Maroni vorrebbe perfino piu’ poteri per i sindaci, ordinanze esecutive e magari la polizia municipale in assetto antisommossa contro homeless, writers, occupanti di immobili sfitti.
Nel nome del decoro urbano sono state assunte innumerevoli iniziative, anche di segnalazione on line, per denunciare alle istituzioni la scorretta gestione dei rifiuti, l’assenza e la carenza di manutenzione , la inadeguata segnaletica stradale, l’abbandono delle aree verdi fino ad episodi di vandalismo .
Ma quante di queste segnalazioni sono andate a buon fine? Veramente poche, basta pensare alle continue denunce di comitati e associazioni contro i quartieri ghetto, l’abbandono e il degrado dei quartieri, la mancanza di manutenzione del territorio.
Ai sindaci non interessa il protagonismo dei cittadini se non diventa funzionale al raggiungimento del loro programma di mandato .
Con il tempo poi le cose sono profondamente cambiate, a modificarle sono intervenuti alcuni fatti. Innanzitutto il ruolo dei sindaci ormai divenuti terminali di grandi e piccole opere per finanziare le quali devono farsi garante della loro reddittività.
Nelle città non c’è piu’ spazio per luoghi e pratiche resistenti al mercato e al liberismo, la solidarietà attiva deve essere canalizzata in strumenti e percorsi istituzionali di mera consultazione lasciando alla politica ogni decisione che conta
Mentre dilagano fenomeni corruttivi, clientele e mal costume, la lotta contro la piccola criminalità diventa funzionale a costruire un nuovo modello di sviluppo dei centri urbani, non è casuale che la tendenza sia anche quella di spostare nelle periferie le università non certo per farle rivivere ma per ghettizzare gli studenti in aule non comunicanti, in luoghi chiusi dove regna una sorta di coprifuoco.
Con il daspo urbano, il Consiglio dei Ministri ha pensato di applicare in modo assai più ampio  quanto già si applica nelle manifestazioni sportive e cosiì sarà più facile  l’allontanamento di chi non rispetta alcune regole. Tra i ribelli ci saranno studenti che occupano spazi, lavoratori che fanno scritte o  bloccano i cancelli con i picchetti, pensiamo che l’applicazione di queste normative possa prevedere un certo margine di discrezionalità e il ricorso alle ordinanze dei Sindaci nel recente passato è fonte di insegnamento.
Ma non sfugge il salto di qualità, se fino ad oggi le ordinanze securitarie dei sindaci erano ritenute una ricetta sbagliata della destra, oggi diventano lo strumento con il quale normalizzare le città, la stessa sicurezza  si costruisce con un modello integrato tra stato e autonomie locali uniti da patti di collaborazione , per questo il ministro Minniti  sostiene che «la sicurezza urbana va intesa come un grande bene pubblico. La vivibilità, il decoro urbano e il contrasto alle illegalità sono elementi che riguardo il bene pubblico».
I sindaci e i presidenti delle nuove Province da tempo si lamentano per non avere le risorse dallo stato necessarie alla manutenzione del territorio, ovviamente i soldi invocati non arrivano ma si rafforzano i dispositivi di controllo poliziesco e amministrativo da vendere alla opinione pubblica come risposta al degrado deviando l’attenzione dai problemi reali.Nell’immaginario comune ormai la nozione del degrado non riguarda le aree industriali dismesse e mai recuperate, non riguarda i cosi d’acqua da pulire , le case sfitte da recuperare con affitti concordati e  magari l’autorecupero

I nuovi nemici del decoro sono chi sporca le strade, i senza casa, i venditori di accendini, i parcheggiatori abusivi, i mendicanti ma anche e soprattutto le forme di opposizione organizzata, siano essi occupanti di casa, centri sociali, associazioni che operano nel sociale in maniera disinteressata e con come cinghia di trasmissione delle istituzioni.
Possiamo anche capire che il vandalismo rappresenti una piaga da combattere in una epoca dove tuttavia i vandali mediatici agiscono indisturbati, ma si rischia di cancellare ogni nozione di degrado derivante dalla privazione di diritti, reddito, dalla esclusione sociale per includere le diversità e le anomalie in un unico calderone da perseguire penalmente e da espellere.
Una lotta senza confini e senza regole contro gli esclusi dal benessere o contro chi parteggia per gli esclusi.
Il problema non sta quindi nella condanna a pulire per chi sporca la città, chi deturpa monumenti dovrebbe restare qualche mese o anno a svolgere attività sociale e gratuita nei musei, si tratta di ben altro. Le liste di proscrizione potrebbero annoverare attivisti politici e sociali, emarginati, immigrati, autoctoni senza casa e senza lavoro, il confino di fascista memoria potrebbe prendere le sembianze democratiche dell’allontanamento dal territorio, i daspo appunto nvocati e applicati per dare risposta ad un allarme sociale che nasce non dalla microcriminalità o dalla devianza sociale ma dal sacco delle città, dai comitati di affari che difendono i centri vicini ai palazzi del potere disinteressandosene fino a quando non arrivano le lottizzazioni e le varianti urbanistiche
Il degrado urbano e le turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica  diventano tutt’uno e nel provvedimento non poteva mancare un preciso richiamo alla presenza della forza pubblica per  eseguire i provvedimenti dell’autorità giudiziaria,  pensare allora alla Polizia municipale come forza pubblica per gli sfratti  non è fantasia ma solo una anticipazione della realtà, magari a discapito del controllo del territorio, della lotta contro gli abusi edilizi, i prezzi taroccati, l’inquinamento.
Il degrado urbano è frutto della cultura liberista, della lotta contro gli ultimi ma tra gli ultimi e gli emarginati può finire anche chi oggi vanta un reddito e una condizione sociale dignitosa, del resto la caduta negli inferi dei senza reddito e dei senza casa, o la mobilità  verso l’ultimo scalino sociale è più facile di quanto si creda, basta guardare alla Grecia e all’impoverimento del ceto medio
Federico Giusti

 

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