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Cosa succede quando la polizia interviene per sgomberare un’occupazione abitativa?

Cosa succede quando la polizia interviene per sgomberare un’occupazione abitativa?

Qualcuno ha iniziato a parlare di riot porn per descrivere l’attrazione del “pubblico” nei confronti delle immagini dedicate agli scontri di piazza e ai tafferugli con le forze dell’ordine. Le cariche indiscriminate, le manganellate a persone inermi, le istantanee di poliziotti che calpestano o schiaffeggiano i fermati credendo, magari, di non essere visti, in realtà si sprecano e sono abbondantemente disponibili in rete e altrove, insieme alle riprese, molto più rare, di reparti costretti alla ritarata grazie a una controcarica o a un fitto lancio di oggetti.

Merito dell’imperante economia dei click: una caratteristica dell’informazione ai tempi di Internet, capace di attirare i giornalisti sui luoghi del conflitto sociale come le mosce sul miele. Perché in fondo la fotografia di una testa spaccata o l’istantanea di manifestanti presi a calci è una delle poche cose che, sulla colonna destra dei quotidiani on-line, riesce a reggere il confronto con le gallery dedicate ai gattini o alle donne nude. E anche perché, sovraesponendolo, il dolore finisce per decontestualizzarsi: il manifestante colpito dal lacrimogeno, i cadaveri di decine di migranti stipati in un camion, il gol in rovesciata di un campione dello sport, il lato B di una famosa attrice di Hollywood, l’arte di impiattare i dessert sono soltanto tessere di un palinsesto e, in questo schema, rispondono alla necessità di andare incontro agli sfaccettati gusti degli spettatori, non certo alla reale esigenza di riflettere su ciò che accade e su perché accade.

Per questa ragione, dopo lo sgombero di un’occupazione abitativa, a scomparire non sono le immagini dell’eventuale resistenza offerta dalle famiglie buttate in mezzo alla strada. Nei corpi scomposti di chi oppone resistenza a un nemico tanto più forte, numeroso e meglio armato come quello rappresentato da interi battaglioni di polizia, infatti, si cerca di cristallizzare ciò che, grazie all’esposizione, palesa una sconfitta presentata come inevitabile. Piuttosto, dopo lo sgombero di un’occupazione abitativa, a scomparire sono le immagini che parlano di ciò che fanno le forze dell’ordine, lasciate sole con se stesse, degli averi degli occupanti e degli spazi che questi hanno faticosamente strappato al degrado, recuperandoli alle proprie umanissime esigenze.

Ebbene, lasciate sole con se stesse, negli spazzi appena sgomberati, per prima cosa le forze dell’ordine si accaniscono contro i bagni. È un grande classico, ma sulla scia di una psichiatria insondabile gli uomini in divisa sembrano godere nel distruggere gabinetti e docce, quasi a voler implicitamente affermare che la loro controparte – uomini, donne, bambini… – non può davvero avere utilizzato un water o una vasca da bagno. Accade perché, se pensasse di fare tutto ciò che fa a uomini, donne e bambini, il personale in divisa finirebbe per abbandonare in masse il proprio servizio, da qui il bisogno di presentare il “nemico”, cioè il comune cittadino, come una sorta di animale, operare su di lui un’operazione di despecificazione fisica e morale utile al suo annientamento. Per questa ragione, le tazze del cesso degli spazi occupati, trasudando umanità, vengono immediatamente spaccate e divelte: la polizia afferma con quel gesto ricorrente che tutto ciò che ha fatto non lo ha fatto contro esseri umani e, considerando come né le cose né gli animali hanno mai usato i bagni, quei bagni non esistono, non devono esistere, quindi vengono distrutti.

Immancabile, dopo la devastazione dei servizi igienici, segue il bisogno da parte della polizia di marcare il territorio conquistato. Tradizionalmente tutto questo avviene pisciando sui vestiti degli sconfitti e sui loro letti. Cacare sui materassi, da parte della polizia, è un simbolo di vittoria e una modalità tipica di festeggiamento.

Una volta avvenuto tutto questo si può procedere alla spartizione del bottino: televisioni, macchine fotografiche e videocamere i beni più ambiti. Ma anche un bel paio di scarpe sparisce spesso e volentieri: avete mai visto degli animali girare provvisti di calzature?

E soprattutto, da che mondo e mondo, il saccheggio è il primo diritto concesso dalle stesse gerarchie di comando ai soldati dell’esercito invasore. Il tutto accade al di fuori e oltre ogni razionalità tecnica legata all’occupazione militare. Il furto è solo una piccola parte di ciò che accade in questi casi, considerando che lo stupro e la tortura vengono largamente praticati, segni indelebili della sopraffazione e punizione supplementare inflitta ai vinti.

Anche gli sgomberi delle occupazioni abitative parlano di guerra. In modo particolare parlano della guerra contro i poveri e della sopraffazione degli oppressori ai danni degli oppressi. E infatti immagini come quelle riprese dalla scena dello sgombero dello studentato occupato Degage non finiranno mai in una delle tante gallery dei quotidiani on-line. Perché mostrarle significherebbe ammettere l’odio brutale provato dalle forze dell’ordine nei confronti degli stessi cittadini che avrebbero il compito di tutelare (altro che “ripristino della legalità”!), riconoscendo in ultima istanza il corso – e l’aumento di intensità – di quella che è la nuova guerra civile italiana.

 

tratto da armati.info

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