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Coronavirus: la morte arriva in carcere

Vincenzo Sucato, 76 anni, recluso a Bologna in pessime condizioni di salute, colpito anche da ictus. Quattordici giorni per i domiciliari in ospedale ed era già risultato positivo Il garante dei detenuti: il sovraffollamento rende più alti i rischi di contagio

Il detenuto morto per coronavirus era da un giorno e mezzo ai domiciliari all’ospedale, quando oramai la sua situazione di salute si è aggravata tanto da finire ricoverato alla sala di rianimazione del policlinico Sant’Orsola di Bologna. In sintesi, ha avuto formalmente lo stato di detenzione ospedaliera il 30 marzo scorso, quando oramai è finito in terapia intensiva per poi spirare la notte del primo aprile. Parliamo di Vincenzo Sucato, classe 1944, era detenuto nel carcere la Dozza di Bologna ed era accusato di 416 bis.

La verità è che da tempo presentava gravi patologie e, quindi, era in serio pericolo stando in un carcere dove, in seguito, erano stati accertati casi di contagio da coronavirus. Non solo. Non è vero – come scrive il Dap – che l’uomo è stato sottoposto al tampone dopo essere stato ricoverato presso l’unità di medicina d’urgenza. In realtà è stato sottoposto al tampone quando era già in carcere, proprio perché all’istituto penitenziario bolognese erano stati, da tempo, accertati casi di contagi tra il personale penitenziario. Da sottolineare che casi di positività sono stati resi pubblici dalla stampa il venerdì del 20 marzo.

Il suo difensore, avvocato Domenico La Blasca del foro di Palermo, ha spiegato a Il Dubbio che l’istanza per i domiciliari era stata presentata il 16 marzo scorso, quando già cominciava a circolare la voce di alcune persone che avrebbero presentato sintomi da coronavirus. Voci all’epoca però ancora non confermate. L’istanza era della sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per gravi motivi di salute, eccependo che le condizioni di salute si erano aggravate e mancavano i farmaci specifici per la patologia glicemica di cui era affetto Sucato. Inoltre era stato colpito da un altro episodio di ictus celebri durante una notte e rilevato solo negli esami strumentali successivamente. Non solo, era un soggetto ad alto rischio della vita a ragione della stenosi carotidea sinistra dell’ 80% asintomatica con occlusione nota dell’arteria carotide destra. Ma il motivo principale della richiesta dei domiciliari era dovuto dal fatto che «essendo un soggetto di anni 76 anni – aveva scritto nero su bianco l’avvocato – affetto da numerose patologie, l’eventuale contagio del coronavirus avrebbe un esito fatale».

Il Gup ha però rigettato l’istanza il 19 e notificata il giorno dopo. Da sottolineare – ci tiene a specificare l’avvocato – che in quel periodo l’ufficio giudiziario era sommerso di richieste. Dopodiché – visto che le notizie di contagio sono state confermate – l’avvocato ha fatto ulteriore istanza il 24 marzo e, prima ancora, ha chiesto urgentemente una relazione alla direzione del carcere di Bologna sullo stato di salute del suo assistito e se erano state intraprese delle «cautele per prevenire il contagio del Covid 19 trattandosi di un soggetto ad altissimo rischio quoad vitam e l’esito dei recenti esami di cui si era in attesa di esecuzione sin dal mese di agosto 2019, ribaditi in data 23.01.2020 e non ancora eseguiti». Ma nulla da fare, l’avvocato non ha ricevuto nessuna risposta dalla direzione del carcere.

È stato poi il giudice a chiedere informazioni al carcere per valutare l’istanza. Lo ha scritto nero su bianco nel provvedimento premettendo che ha fatto richiesta della relazione sanitaria del detenuto «il 25 – si legge nel provvedimento – e poi sollecitata il 27 marzo». Solo il 29 il giudice ha finalmente ricevuto una nota dalla direzione del carcere che il detenuto, a seguito dell’esito positivo del tampone, è stato trasferito in ospedale nella serata del 27. A quel punto – il 30 marzo – arriva finalmente il provvedimento favorevole alla detenzione ospedaliera. Ma oramai Sacuto si era aggravato e portato in terapia intensiva. Tempo un giorno e mezzo muore.

L’avvocato Domenico La Blasca non ci sta e ha annunciato che farà una denuncia nei confronti dei responsabili della casa circondariale di Bologna, presentandola alle procure di Palermo e Bologna.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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