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caso Budroni: troppi dubbi sulla morte, intervenga il ministro

Interrogazione al ministro della Giustizia presentata da Tancredi Turco (deputato Gruppo Misto). Per sapere – premesso che: la cronaca si è occupata da diversi anni ormai del caso dell’uccisione del signor Bernardino Budroni occorso per mano di un agente della polizia di Stato sul grande raccordo anulare in Roma, il 30 luglio 2011, al chilometro 11, nei pressi dello svincolo per via Nomentana;

uno dei due proiettili calibro nove esplosi dall’agente, che viaggiava sulla Volante 10, ha attinto il veicolo Ford Focus sul quale viaggiava il signor Budroni, pressoché fermo contro il guard-rail, e lo ha trapassato dal fianco sinistro, perforando i polmoni e il cuore e provocandone il decesso in pochi istanti; lo stesso agente avanti il pubblico ministero che lo ha interrogato due giorni dopo i fatti, riferiva di aver esploso due colpi dopo un inseguimento durato dieci minuti;

nell’inseguimento, avvenuto intorno alle ore 5 del mattino del sabato 31 luglio 2011, erano stati coinvolti anche altri due veicoli delle forze dell’ordine: Beta Como della Polizia e una gazzella dei carabinieri, quest’ultima nelle fasi finali dell’inseguimento era riuscita a sorpassare l’auto inseguita, a farla rallentare ed infine a mettersi in diagonale impedendo alla vettura dei signor Budroni di poter proseguire la marcia;

l’agente che ha sparato riferisce che prima dell’inseguimento, quella notte, era stato parecchio occupato dall’una meno un quarto a cercare il signor Budroni che sotto l’abitazione della sua ragazza, aveva posto in essere schiamazzi ed il danneggiamento di porte e cancelli che avevano quindi necessitato l’intervento delle forze dell’ordine le quali hanno quindi iniziato una ricerca dell’uomo poi sfociata nell’inseguimento sulla tangenziale romana;

l’agente scelto Michele Paone, che ha sparato, riferisce che da un controllo effettuato durante le ricerche dell’uomo, prima dell’inseguimento, era emersa una pendenza per il possesso di una balestra e di un fucile ad aria compressa, poi, durante il successivo inseguimento, ha ritenuto di dover estrarre la sua pistola d’ordinanza per fare fuoco in direzione dello pneumatico posteriore sinistro e così tentare di fermare l’auto del signor Budroni;

secondo la parte civile che assiste i familiari del signor Budroni, invece, il comportamento dell’agente non sarebbe compatibile con quanto dallo stesso dichiarato, sia per l’esito luttuoso che ha avuto il tentativo di sparare allo pneumatico della vettura del Budroni, sia perché apparirebbe che i colpi di pistola ed in particolare il secondo, quello mortale, siano stati esplosi quando il veicolo dell’inseguito fosse ormai fermo contro il guard-rail ed ostacolato dalla posizione della gazzella dei carabinieri che lo aveva bloccato, pertanto impossibilitato a proseguire nella fuga;

ciò nonostante, il giudice di primo grado ha assolto l’agente che materialmente ha aperto il fuoco contro il veicolo del signor Budroni poiché non ha ritenuto fosse stata accertata la sua responsabilità penale per omicidio colposo, o meglio omicidio dovuto ad eccesso colposo nella scriminante dell’uso legittimo delle armi, poiché ha riconosciuto l’uso legittimo delle armi e pertanto ha assolto l’agente imputato per aver agito in presenza della scriminante di cui all’articolo 53 del codice penale;

secondo il giudice monocratico di primo grado del tribunale di Roma “l’iniziativa assunta dall’agente appare adeguata e proporzionata”, l’uso delle armi sarebbe insomma stato giustificato dal voler interrompere una “grave e prolungata resistenza”; ?in linea teorica questa causa di giustificazione all’articolo 53 del codice penale, permette al pubblico ufficiale di fare uso delle armi o di mezzi di coazione fisica, per impedire una serie di reati tassativamente codificati (ma non è questo il caso, poiché non vi era alcun rischio del genere), o per respingere una violenza o vincere una resistenza;

nel caso di cui ci si occupa, si assume che l’imputato abbia sparato in direzione delle portiere dell’auto della vittima, ferendola a morte, in un contesto fattuale coperto dalla scriminante (l’arma sarebbe stata usata per costringere il signor Budroni a ottemperare all’ordine degli operanti di fermarsi) di cui però a giudizio degli interroganti vengono ecceduti i limiti per colpa, così che l’evento finale risulta la morte della vittima;

tuttavia, sebbene il giudice di primo grado non abbia riconosciuto un eccesso colposo, la difesa dei familiari del sig. Budroni sostengono che il momento nel quale sono stati esplosi i colpi non poteva più rientrare nell’uso legittimo delle armi poiché non vi era più alcuna necessità di vincere la resistenza dell’inseguito in quanto il suo veicolo di trovava già pressoché fermo, e senza possibilità di riprendere la fuga; tecnicamente non vi sarebbe più il requisito della “attualità” della resistenza;

questa teoria è supportata dalle risultanze della perizia richiesta dal pubblico ministero, la quale riconosce che l’impatto contro il guard-rail della vettura di Budroni a velocità non minime avrebbe provocato danni alla carrozzeria ben diversi dal graffio che invece è stato registrato, il consulente del pubblico ministero, infatti, sostiene che al momento del primo colpo la Focus di Budroni aveva una velocità terminale residua, prossima allo zero, in rapida fase di esaurimento e di avvicinamento al guard-rail, quindi di inizio arresto; al momento del secondo colpo, la Focus ormai accostata a ridosso del guard-rail metallico di destra, veniva attinta dal secondo proiettile, esploso dall’agente Paone, passeggero della “Volante 10”, con traiettoria obliqua a sinistra quando la stessa Volante era in stato di quiete, ferma;

non vi sarebbe più stata alcuna resistenza da vincere, cioè il non aver ottemperato all’ordine di fermarsi, poiché la resistenza è stata vinta senza l’uso di armi bloccando il veicolo con la gazzella dei carabinieri: mancherebbe pertanto un presupposto applicativo dell’articolo 53 codice penale dell’uso legittimo delle armi che porterebbe a riconoscere la responsabilità dell’agente se non altro per omicidio colposo;

ulteriormente la difesa della famiglia Budroni rileva che nell’imputazione era presente l’articolo 575 del codice penale che punisce l’omicidio, reato per il quale la competenza a decidere andrebbe attribuita alla corte d’assise e non al giudice monocratico qual è quello che ha giudicato i fatti in primo grado;

la difesa dei familiari del signor Budroni ha svolto appello avverso la sentenza di assoluzione, così come lo stesso pubblico ministero, e la data della prima udienza del processo d’appello è stata fissata per il prossimo 4 aprile 2016;

al di là dell’esito che avrà il processo di appello la stampa segnala sullo stesso caso una ulteriore particolarità: il signor Budroni è stato condannato per altri reati nonostante fosse già deceduto;

nel 2010 la magistratura, infatti, avviò un’indagine per rapina, nei confronti del signor Budroni accusato di aver rubato la borsa alla sua ex-compagna, per costringerla a tornare a casa;

la borsa è poi stata effettivamente ritrovata in casa dell’uomo, e nel corso della perquisizione è stata rinvenuta anche una carabina ad aria compressa con dei piombini, ed una balestra;

l’8 luglio 2013 il signor Budroni viene, quindi, condannato dal tribunale di Roma a due anni e un mese di reclusione per rapina e detenzione illegale di armi; parallelamente il tribunale di Tivoli ha recentemente notificato ai familiari del signor Budroni un decreto di condanna al pagamento di una pena pecuniaria di 150 euro per i medesimi fatti riportati nella sentenza di condanna;

il procedimento, svoltosi in aula con rito ordinario, sebbene l’imputato fosse contumace, risulta radicalmente viziato a causa dell’intervenuto decesso, medio tempore, dell’imputato stesso, poiché a norma dell’articolo 69 del codice penale si sarebbe dovuto estinguere il procedimento con sentenza di non luogo procedere ex articolo 129 codice di procedura penale; ai sensi dell’articolo 150 codice penale, la morte dell’imputato è, infatti, causa di estinzione del reato;

ci si augura che la magistratura possa fare chiarezza su questa vicenda poiché appare densa di aspetti che meritano un approfondimento maggiore, stanti anche i numerosi dubbi sollevati riguardo alle valutazioni che sono state rese e che hanno determinato la situazione paradossale nella quale una persona ormai deceduta, ed in codeste circostanze, possa essere condannata dallo stesso tribunale, e dallo stesso giudice persona fisica dottor Polella che ha processato per omicidio colposo l’agente che gli ha sparato causandone la morte: se ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori ministeriali presso il tribunale di Roma ai fini dell’esercizio dei poteri di competenza in merito ai fatti di cui sopra.

da il Garantista

Comments ( 1 )

  • Pellerey Mario

    il solito rebus? se in una stanza ci sono quattro anarchici e uno sbirro, pardon, commissario di polizia, quando il comm vola dalla finestra è omicidio, se invece a parti invertite vola l’anarchico, è suicidio o pensava di saper volare……..intanto il figlio del comm è direttore della Stampa di Torino, una intelligenza eccezionale, mentre il figlio dell’anarchico cosa fa?……no pasaran

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