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Canea giustizialista e Stato di diritto

Non ho nessuna simpatia per il prof.Scattone. Ma difendo il suo diritto di cittadino libero ad insegnare. Contro di lui si è, infatti, scatenata  una canea che allude ad un tema generale che attiene allo Stato di diritto.

Di conseguenza è di noi che parliamo,della nostra civiltà giuridica.

Se una persona non ha più debiti nei confronti della giustizia può ritornare a svolgere la sua professione. Altrimenti siamo alla barbarie giustizialista.

Rispetto molto il dolore dei familiari delle vittime ma ritengo inaccettabile che la stampa di regime li facciano assurgere a giudici vendicatori dell’offesa subita.

Dove è più,infatti, la funzione di terzietà del giudice? Siamo alla “legge del taglione”?

Comprendo dolore, pena, rancore a volte dei familiari delle vittime; ma non sono loro a dover giudicare; possono criticare processi e sentenze,ma non giudicare altrimenti si abbatte un principio fondativo dello Stato di diritto.

In questo senso è stupendo il comportamento di Ilaria Cucchi e dei suoi genitori. Non si sono arresi all’impunità e immunità per gli apparati militari con cui governo e parte della magistratura hanno protetto l’assassinio da parte dei carabinieri e della polizia penitenziaria.

E siamo, oggi, felici perchè la loro forza garantista ha ottenuto la riapertura delle indagini.

La canea contro Scattone allude anche ad un secondo profilo fondativo:la concezione stessa della pena che, in Costituzione, non è vendetta ma possibilità di ravvedimento, reinserimento, socializzazione.

Altrimenti prevarrebbe la concezione dell’ergastolo e della pena di morte.

I democratici, i comunisti devono essere molto attenti e sensibili su questi temi di libertà, di garanzie costituzionali. Altrimenti lo “stato di eccezione”, il comando militare contro i conflitti sociali, la soggezione al potere delle vite delle persone,in una vera e propria forma di “biorepressione”, non troveranno più ostacoli.

 

Giovanni Russo Spena

Comments ( 1 )

  • emme53

    Esprimere rabbia e, magari, desiderio di “giustizia” (leggasi anche vendetta), li ritiene “giudicare”, quindi sostituirsi allo Stato? Non so ma perdere una figlia od un figlio, per “colpa” di un criminale che cerca, tra l’altro, vista la sua posizione socio economica, di eludere o sfuggire alle maglie della giustizia (omicidio Kercher), quella da lei considerata unica e vera (non giudicare altrimenti si abbatte un principio fondativo dello Stato di diritto), come possono venir “soddisfatte”? Sedici anni sono tanti, mi sembra quelli scontati da Scattone, il cui diritto all’insegnamento è corretto, salvo il normale sentimento di “insoddisfazione” di chi abbia subito la perdita, ma quanto vale, secondo lei, la vita di una persona? Perché, parimenti (non è vendetta ma possibilità di ravvedimento, reinserimento, socializzazione) anche un pluriomicida od un mafioso che ordini l’esecuzione dei nemici, hanno diritto al reintegro nella società: ripeto, quanto vale la vita d’una persona, quale pena sarebbe giusta a suo dire, almeno in ordine temporale? (Altrimenti prevarrebbe la concezione dell’ergastolo). So di utilizzare un pensiero poco elevato ma, alla fine, l’idea della “legge del taglione”, quella privata non certo quella dello Stato, viene assolutamente voglia d’invocarla.

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