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Brasile: Polizia assassina, record di uccisioni

L’impietoso rapporto di Amnesty International.

Uno Stato di polizia, nel senso più endemico e cruento del termine perché la sua polizia agisce di fatto come uno squadrone della morte e le cifre della mattanza stanno lì a testimoniarlo. Il Brasile fotografato dal rapporto presentato da Amnesty International alle Nazioni Unite è un paese feroce in cui le forze dell’ordine solo a Rio de Janeiro hanno ucciso 185 persone nei primi due mesi del 2017, una media da guerra civile, novanta morti al mese per mano delle autorità, oltre mille l’anno in un’unica metropoli. Un aumento del 78% rispetto allo stesso periodo del 2016. L’anno scorso in città sono state registrate 920 uccisioni da parte di agenti, contro 419 nel 2012. «Dal 2012 il Brasile non ha preso misure sufficienti per affrontare lo scioccante livello di violazioni dei diritti umani, comprese le uccisioni da parte della polizia, che causano centinaia di vittime ogni anno», ha dichiarato Jurema Werneck, direttrice generale di Amnesty International Brasile. «È stato fatto davvero molto poco per ridurre il numero delle uccisioni, controllare l’uso della forza da parte della polizia o garantire i diritti delle popolazioni native sanciti dalla Costituzione. Gli stati membri dell’Onu devono dire in modo chiaro al Brasile che tutto questo deve cambiare», ha aggiunto Werneck.

Il Brasile – sottolinea ancora Amnesty International – vanta un livello assai alto di omicidi, circa 60mila nel 2015. La maggior parte delle vittime sono giovani neri.

Confrontate a una criminalità organizzata storicamente molto violenta anche le forze di polizia si macchiano da sempre di crimini efferati come se agissero in un territorio di guerra al di fuori del perimetro della legge. Molti omicidi commessi da poliziotti possono essere considerati esecuzioni extragiudiziali ovvero un crimine che riguarda il diritto internazionale. Nel 2015 sempre a Rio del Janeiro le forze di polizia sono state responsabili di un’uccisione su cinque, a San Paolo di una su quattro. Nonostante il fatto che oltre il 70% degli omicidi in Brasile avviene mediante l’uso di armi da fuoco – denuncia l’organizzazione – il Congresso sta purtroppo discutendo una propo- sta di legge che ridurrebbe le limitazioni al possesso di armi da fuoco in vigore dal 2004.

La violenza è aumentata negli ultimi anni anche nelle zone rurali del paese, soprattutto nel contesto delle dispute sulla terra che vedono vittime le comunità contadine e native. Nel 2016, la Commissione pastorale della terra ha registrato 61 uccisioni, 200 minacce di morte e 74 tentati omicidi relativi alle dispute sulla terra e sulle risorse naturali. Si è trattato del secondo anno più violento in un quarto di secolo, dopo il 2013 in cui furono registrate 73 uccisioni. Finora nel 2017 le uccisioni sono state 19. Nel rapporto sottoposto alle Nazioni Unite in occasione dell’Esame periodico universale del Brasile, Amnesty International ha espresso anche gravi preoccupazioni in materia di diritti dei popoli nativi, maltrattamenti e torture, condizioni delle carceri, libertà d’espressione e repressione delle proteste pacifiche.

Sara Volandri da il dubbio

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