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Arresto a Padova durante sfratto per pignoramento

Un’altra giornata di ordinaria follia… Dopo ben 14 sfratti rinviati negli ultimi 2 anni, stamattina (ieri ndr) è toccato a Mohammed, a Lilia e al piccolo Younes pagare il loro debito con un sistema che succhia la gente fino al midollo, espiare la colpa di non essere abbastanza accattivanti per il mercato del lavoro, quella di essere nati dalla parte opposta del Mediterraneo o nel quartiere sbagliato della città. La loro vicenda non è un caso isolato, è la stessa storia di migliaia e migliaia di famiglie in tutta Italia, così come identica è la risposta che questo nostro paese da e vuole dare.

Anni fa, in una situazione economica diversa, decidono di comprare un piccolo appartamento indebitandosi con la banca, poi le cose cambiano, la crisi colpisce anche loro (come chiunque, tranne i ricchi) e la scelta diventa pagare la rata mensile del mutuo o il cibo, le bollette, e tutto il necessario per vivere. Risultato? La banca avvia lo sfratto, vende la loro casa e avvia il pignoramento dello stipendio. E da parte delle istituzioni solo porte chiuse, in una città in cui soluzioni reali per chi vive in emergenza abitativa risultano assolutamente insufficienti rispetto alla dimensione del fenomeno.

E intanto minacce quotidiane, pedinamenti, promesse in cambio di.., e da dicembre il rinvio a sorpresa, l’utilizzo di quell’infame articolo del codice penale che ti obbliga in una costante e quotidiana angoscia, ad una snervante attesa del giorno in cui questura e tribunale “troveranno il tempo” di portare a termine l’iter..il tutto per piegare la grinta e la voglia di combattere di una famiglia consapevole dei propri diritti negati. Non poteva che esserci un lieto fine: oggi entrano in azione una ventina tra celerini e digos, sguinzagliati per sistemare l’ordine, ristabilire una legalità che guarda solo a quanto è pieno il tuo portafoglio. Staccata la luce dell’abitazione sfondano la porta, mentre madre e figlio si trovano dentro terrorizzati dalla brutalità messa in campo.

I solidali vengono bloccati in strada e respinti. Il marito, tornato dal lavoro, reo di aver reagito un po’ troppo animatamente alla prospettiva di dormire in macchina con moglie e figlio, viene portato in questura, che la giusta rabbia sanno arginare solo con la repressione.

Al netto di questa mattinata abbiamo, un padre in stato di fermo accusato di resistenza con un processo per direttissima fissato a domani, una madre e un figlio di 5 anni lasciati in mezzo a una strada, una casa, prontamente blindata da una squadra di fabbri, data a una banca. Per realizzare questa nobile impresa, circa 20 uomini della questura chiamati in causa a fronte di soli due assistenti sociali, il cui unico ruolo peraltro é stato far leva sul figlio per convincere Lilia ad uscire e trasferire i loro bagagli fatti in fretta e furia in altra sede.

E intanto qui a Padova siamo in piena fase elettorale, tutti si riempiono la bocca con belle parole ma nessuno affronta i problemi reali delle persone..

Problemi come quello che si trova a vivere Mohammed, che questa mattina ci ha insegnato, dimostrandocelo, che resistenza non è una parola vuota, che trova il suo vero significato nella pratica quotidiana.

Resistere, per sé, per la propria famiglia, per tutti! Resistere a tutti i costi, resistere anche quando davanti hai un mostro infinitamente più grande e potente accettando anche l’arresto come prezzo da pagare, ma fiero di non essere mai uno schiavo loro…

Comitato di lotta per la Casa Padova

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