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Chi arma le mani dei «pazzi»

Gli amici di Idy manifestano in questi giorni rabbia ma anche paura. Sentono di essere i bersagli dell’odio xenofobo che circola copioso nella narrazione pubblica. «Sanno che la stessa impresa di Traini a Macerata è stata sostanzialmente giustificata dall’opinione pubblica locale e nazionale come l’eccesso di “un pazzo” – scrive Lorenzo Guadagnucci – legato però a un problema considerato vero, cioè “l’immigrazione fuori controllo”, i “clandestini”, i “nigeriani spacciatori”, “l’omicidio efferato di una ragazza” e così via…, con il risultato di declassare la furia terroristica di un militante politico al rango di episodio deprecabile ma in fondo comprensibile….». Intanto il discorso razzista si appresta a entrare in forze in parlamento

Il procuratore capo Giuseppe Creazzo dice che l’omicida, Roberto Pirrone, non ha agito spinto da razzismo, ma gli amici e connazionali di Idy Diene, assassinato a Firenze sul ponte Amerigo Vespucci a mezzogiorno di lunedì, sanno che le parole del magistrato non sono sufficienti a rassicurare chi vive la condizione del possibile bersaglio dell’odio xenofobo e razzista.

Non bastano, se anche corrispondessero all’imperscrutabile animo dell’assassino, perché la dinamica dell’omicidio offre indizi contraddittori: una donna (bianca) con un bambino in braccio è stata risparmiata prima che Pirrone prendesse di mira Idy Diene e non sappiamo se altri possibili obiettivi sono stati scartati, se davvero Idy sia stato il primo bersaglio possibile, se al suo posto un cittadino di pelle non nera avrebbe conosciuto la stessa sorte.

Non bastano, quelle parole, perché amici e connazionali di Idy Diene, scendendo il strada, bloccando il traffico, protestando sotto Palazzo Vecchio hanno manifestato non solo rabbia, ma anche paura. Sentono di essere potenziali bersagli dell’odio xenofobo e razzista che circola copioso nel discorso pubblico corrente; sentono d’essere stati, con decine, centinaia di migliaia di altri stranieri, l’involontario cardine di una feroce campagna elettorale chiusa con il trionfo dei più spregiudicati imprenditori politici della xenofobia.

Non bastano, quelle parole, perché Idy Diene era legato alla vedova di Samb Madou, ucciso con Diop Mor il 13 dicembre 2011 in piazza Dalmazia da Gianluca Casseri, militante dell’estrema destra, morto suicida al termine di un raid che ricorda da vicino l’impresa compiuta a Macerata da Luca Traini, salvo l’esito meno drammatico di quest’ultima. Sanno, gli amici e connazionali di Idy Diene, che la strage del 13 dicembre non è servita a cambiare l’ordine delle cose: i potenziali bersagli delle campagne di odio continuano a sentirsi in pericolo, anzi la paura è cresciuta, di pari passo con la legittimazione pubblica del discorso d’odio, che nel frattempo è dilagato nei talk show, nei mezzi d’informazione, nelle campagne elettorali e si appresta a entrare in forze fin dentro il parlamento.

Sanno, gli amici e connazionali di Idy Diene, che l’omicidio del Ponte Amerigo Vespucci non è stato e non sarà considerato come un segnale del moto di violenza che cova sotto la superficie delle campagne d’odio; sanno che la stessa impresa di Traini a Macerata è stata sostanzialmente giustificata dall’opinione pubblica locale e nazionale come l’eccesso di “un pazzo” legato però a un problema considerato vero – “l’immigrazione fuori controllo”, i “clandestini”, i “nigeriani spacciatori”, “l’omicidio efferato di una ragazza” e così via – con il risultato di declassare la furia terroristica di un militante politico al rango di episodio deprecabile ma in fondo comprensibile.

Pape Diaw, fiorentino nato in Senegal, primo (e apprezzato) consigliere comunale di pelle nera a Palazzo Vecchio un’era politica fa, ieri ha detto parole che andrebbero meditate: “Ha sparato a un nero e non crediamo al gesto di un pazzo. Non ci piace che questa cosa sia avvenuta in questo momento politico dell’Italia”.

Lorenzo Guadagnucci

da ComuneInfo

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Chiedete a Ndeye se esiste «l’onda nera»

Ndeye Rokhaya è una donna che nel 2011 ha visto il proprio compagno, il senegalese Samb Modou, essere ammazzato a colpi di pistola da Gianluca Casseri, noto simpatizzante di Casa Pound. In quell’attentato fascista e razzista ha perso la vita anche un altro cittadino senegalese, Diop Mor. Il 14 dicembre del 2017 a Ndeye viene attribuita la cittadinanza onoraria. Il 5 marzo del 2018, Roberto Pirrone spara e uccide il cugino di Samb, Idy Diene (che ultimamente si era avvicinato affettivamente a Ndeye, viveva con lei e l’aiutava nel mantenimento della figlia). Idy era rimasto molto scosso per il duplice omicidio nel 2011, aveva accompagnato il feretro del cugino nell’ultimo viaggio verso il Senegal e organizzato il funerale nella sua terra. Quindi una donna, venuta in Italia, alla ricerca di un futuro migliore, nell’arco di sette anni, ha visto uccidere i suoi due compagni a causa della violenza razzista presente nel nostro Paese.

Fa rabbia vedere come i telegiornali e i giornali, liquidino l’omicidio operato da Pirrone come il gesto di un folle depresso, che inizialmente voleva suicidarsi poi cambia idea e decide di uccidere qualcuno per trascorrere il resto della vita in carcere; risparmia una famiglia con bambini e passandogli, subito dopo, dinanzi Idy lo uccide. Secondo questa ricostruzione, l’omicidio si può attribuire al fato. Idy ha avuto solo la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato, al momento sbagliato. Mistificazioni, come al solito, strumentali a non definire le cose con il proprio nome. Anche quest’omicidio, infatti, è un omicidio razzista, fatto da un uomo cosciente che ha deciso di sparare non a un passante qualunque ma ad un nero. Come a dire che, oramai, la vita delle persone di origine migrante valga molto meno.

Lo stesso sindaco di Firenze Dario Nardella, che pochi mesi fa aveva “concesso” la cittadinanza onoraria a Ndeye, oggi adotta un atteggiamento vergognoso. Nardella definisce l’omicidio di Pirrone come il gesto di uno “squilibrato” e anziché avviare un confronto con una comunità senegalese duramente colpita da questi atti criminali, decide di condannarne la legittima rabbia; preoccupandosi più di due fioriere rotte durante una protesta che dell’ondata di violento razzismo che sta colpendo la città che amministra.

In queste ore, dopo questi terribili esiti elettorali, molti commentatori, dato lo scarso risultato di Casa Pound, hanno ironizzato sull’”onda nera”, definendola “inesistente”. L’onda nera, invece, esiste e non è quantificabili in termini di voti presi da Casa Pound, anche perché comunque gran parte dell’elettorato xenofobo è stato intercettato dalla Lega. L’onda nera esiste e semina violenza e odio nelle nostre città. L’onda nera esiste e lo sa bene Ndeye e tutta la comunità senegalese che oggi decide di reagire e lottare. Lottare per loro ma anche per tutti noi. Lottare per non rassegnarsi all’idea che in questo Paese si possa essere uccisi per il colore della pelle.

Federica Borlizzi

da ComuneInfo

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