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Approvata la riforma penitenziaria: scompaiono le misure alternative

Il governo ha privilegiato la vita in cella, escludendo anche giustizia riparativa e malattia psichiatrica. Il provvedimento introduce e disciplina le misure penali di comunità destinate ai condannati minorenni e giovani adulti resta invece anche per loro l’ostacolo del 4 bis

Approvata definitivamente la riforma dell’ordinamento penitenziario dopo un iter, cominciato dai tavoli degli stati generali per l’esecuzione penale istituiti dall’ex ministro Orlando nel 2015, durato tre anni. Il Consiglio dei ministri, nella tarda serata di giovedì, su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato, in esame definitivo, il decreto che introduce disposizioni volte a modificare l’ordinamento penitenziario, con particolare riguardo all’assistenza sanitaria, alla semplificazione dei procedimenti per le decisioni di competenza del magistrato e del Tribunale di sorveglianza, nonché alle disposizioni in tema di vita penitenziaria e lavoro.

Altro decreto approvato è quello che riguarda l’introduzione dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei condannati minorenni.

Non parliamo però della riforma originaria licenziata preliminarmente dal governo precedente: non era stata approvata definitivamente, lasciando così la palla alle nuove commissioni giustizia insediate con il nuovo Parlamento, le quali hanno bocciato il testo che riguarda le misure alternative e quello riguardante la giustizia riparativa. Quindi, in sostanza, la riforma appena varata riguarda esclusivamente tutto ciò che contempla il perimetro penitenziario. D’altronde lo dice la relazione del governo Conte stesso, dove si legge che si tratta di «un testo diverso, nelle opzioni di fondo, rispetto al precedente, con conseguente superamento dell’assetto complessivo della riforma reso oggetto dei pareri contrari», e che si caratterizza per la «scelta di mancata attuazione della delega nella parte complessivamente volta alla facilitazione dell’accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi». In realtà, il governo ha deciso di non attuare la delega non solo sulle misure alternative, ma, come aveva riferito a Il Dubbio il garante nazionale delle persone private delle libertà Mauro Palma, anche sulla «valorizzazione del volontariato, il riconoscimento del diritto all’affettività, nonché di revisione delle misure alternative finalizzate alla tutela del rapporto tra detenute e figli minori». Nel contempo, però, la riforma approvata dà disposizioni che tendono a migliorare la quotidianità detentiva. Vediamo quali.

ASSISTENZA SANITARIA E VITA DETENTIVA

In estrema sintesi, il decreto approvato definitivamente detta disposizioni in tema di assistenza sanitaria in ambito penitenziario ( artt. 1 e 2). In particolare, la riforma adegua l’ordinamento penitenziario al riordino della medicina penitenziaria, confermando in particolare l’operatività del servizio sanitario nazionale negli istituti penitenziari. Amplia le garanzie dei reclusi modificando la disciplina della visita medica generale all’ingresso in istituto. il medico deve, in particolare, annotare nella cartella clinica tutte le informazioni riguardo a eventuali maltrattamenti o a violenze subite. Estende la gamma dei trattamenti sanitari che i reclusi possono richiedere in carcere a proprie spese, in particolare includendo gli interventi chirurgici nei reparti clinici interni al carcere, previ accordi con la Asl competente. Prevede controlli sanitari in carcere da parte della Asl anche a seguito delle segnalazioni ricevute e reca disposizioni per la semplificazione dei procedimenti disciplinati tanto dall’ordinamento penitenziario quanto dal codice di procedura penale. Non c’è, però, l’equiparazione tra detenuti affetti da patologie fisiche con quelle psichiatriche, mantenendo così delle preclusioni ai benefici per quest’ultimi.

Il provvedimento detta misure volte ad integrare i reclusi stranieri, tra le quali la garanzia ad un’alimentazione rispettosa del loro credo religioso nonché l’inserimento, tra il personale dell’amministrazione degli istituti penitenziari, dei mediatori culturali e degli interpreti. La riforma, inoltre, integra le disposizioni dell’ordinamento penitenziario con la finalità di garantire il rispetto della dignità umana e la conformità della vita penitenziaria a quella esterna. Vanno in questa direzione le previsioni circa l’ampliamento delle ore minime che i detenuti possono trascorrere all’aperto, la richiesta prossimità tra l’istituto penitenziario e la famiglia del recluso, le spe- cifiche tutele per i reclusi esposti a minaccia di soprusi a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, l’ampliamento dei diritti di informazione e comunicazione.

LAVORO PENITENZIARIO

l provvedimento approvato interviene sulla legislazione penitenziaria, attraverso modifiche finalizzate a rafforzare il ruolo del lavoro quale strumento essenziale del trattamento rieducativo dei condannati. Il lavoro non può, comunque, costituire un obbligo, ma è da incentivare ai fini delle prospettive di risocializzazione. Le norme prevedono la disciplina e le modalità per l’avviamento al lavoro, anche mediante rotazione tra i detenuti, se i posti non sono sufficienti per tutti. Si adegua la paga e che sia quindi pari a due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi. Si promuove anche l’attività di ‘ autoconsumo’, che ha una sua rilevanza in relazione agli spazi agricoli a disposizione dell’amministrazione penitenziaria, che possono essere utilizzati per produrre generi alimentari per il consumo o per la vendita, negli spacci aziendali dell’amministrazione penitenziaria. Dà la possibilità all’amministrazione del carcere di stipulare contratti con soggetti pubblici privati e cooperative. Si prevede che l’amministrazione penitenziaria debba rendere disponibile a favore dei detenuti il servizio di assistenza per ottenere prestazioni assistenziali e previdenziali e l’erogazione dei servizi previsti per i lavoratori. Per quanto riguarda i lavori di pubblica utilità, per parere delle commissioni, rispetto al decreto originale, si reintroduce la limitazione dell’accesso per i condannati rientranti nei reati del 4 bis ( articolo dell’ordinamento penitenziari che pone dei limiti all’accesso ai benefici penitenziari).

ESECUZIONE PENALE MINORILE

L’intervento legislativo approvato mira ad adeguare il quadro normativo alle numerose pronunce della Corte costituzionale e agli impegni assunti dall’Italia con la sottoscrizione di svariati atti internazionali ed europei. In particolare, il provvedimento introduce e disciplina le misure penali di comunità, quali misure alternative alla detenzione qualificate dall’essere destinate ai condannati minorenni e giovani adulti. Si tratta di affidamento in prova al servizio sociale, affidamento in prova con detenzione domiciliare, detenzione domiciliare, semilibertà e affidamento in prova terapeutico.

L’ammissione alla misura di comunità, nonché la revoca, sono di competenza del tribunale di sorveglianza per i minorenni, mentre l’applicazione in via provvisoria è demandata al magistrato di sorveglianza. Quanto alla concessione la riforma prevede che il provvedimento possa essere adottato su richiesta dell’interessato, del difensore e dell’esercente la potestà genitoriale se il condannato è minorenne o su proposta del Pm o dell’ufficio di servizio sociale per i minorenni. Il governo non ha accolto il parere della commissioni della Camera che toglie la preclusione alle misure alternative per i ragazzi che hanno commessi reati che rientrano nel 4 bis. In compenso c’è l’applicazione della sorveglianza dinamica, un più ampio accesso alle misure alternative e di comunità ( tranne, appunto, per quelli del 4 bis) e una minore possibilità di applicare l’isolamento.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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