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Andrea Soldi non soffriva di cuore, è morto soffocato durante un Tso

L’inchiesta sulla morte di Andrea Soldi, sottoposto con la forza al trattamento sanitario obbligatorio. Il risultato degli esami istologici ordinati dalla procura. Segni evidenti sul collo. Indagati per omicidio colposo tre agenti municipali e uno psichiatra.

Andrea Soldi non soffriva di cuore, non aveva patologie cardiache pregresse. È morto a causa di una “ipossia”, una carenza di ossigeno, prodotta dalla compressione del collo. A confermarlo è il risultato degli esami istologici, svolti dal medico legale Valter Declame, sui tessuti della vittima. Sono stati effettuati per ordine della procura di Torino. Andrea, 45 anni, soffriva di schizofrenia ed è morto il 5 agosto scorso durante un ricovero forzato, mentre se ne stava seduto su una panchina in piazza Umbria, non distante dal centro cittadino.

La sua panchina, quella dove passava spesso i pomeriggi e che ora è diventata luogo del ricordo di un “gigante buono”, presenza fissa per la gente del quartiere. Per il decesso di Soldi sono indagati per omicidio colposo gli agenti della pattuglia “Pegaso 6” della polizia municipale, Enri Botturi, Stefano Delmonaco e Manuel Vair, e lo psichiatra che aveva richiesto il Tso, Pier Carlo Della Porta.

Dalle analisi, nonostante l’obesità, risulta che l’uomo godesse in generale di buona salute fisica. Secondo l’inchiesta coordinata dal pm Raffaele Guariniello, la sua morte sarebbe riconducibile a una compressione del collo, non a un infarto. Soldi, bloccato dai vigili, è stato caricato in ambulanza ammanettato e a faccia in giù: manovre che hanno determinato uno scarso afflusso di ossigeno al cervello e innescato la crisi mortale. Una concatenazione di effetti: l’ipossia ha portato a una anemia cerebrale acuta, alla perdita di coscienza e a un “danno cardiaco secondario”, dovuto alla carenza di ossigeno. Su Andrea, durante il trasporto in ambulanza, non è stato eseguito nessun intervento di rianimazione.

I consulenti medici delle difese avanzano, però, un’ipotesi alternativa: quella della forte scarica di adrenalina. Nessun soffocamento, nessun strangolamento. È stata una morte “aritmica”, per usare il lessico degli specialisti, dettata da un “eccesso di iper-increzione”. Uno spavento eccessivo. L’avvocato della famiglia e cugino di Andrea, Giovanni Maria Soldi, non concorda: “A me sembra improbabile. I segni della compressione del collo ci sono e sono evidenti: quell’intervento è stato troppo invasivo ed è stato protratto a lungo. In ogni caso, adrenalina o no, cambia poco. Un soggetto schizofrenico è più esposto a certi pericoli e deve essere gestito secondo modalità specifiche. Non si poteva procedere in quel modo”. Se la relazione definitiva sull’autopsia, che arriverà al procuratore Guariniello, convaliderà l’ipotesi “ipossia”, si avranno maggiori certezze sui tempi del decesso della vittima. Per ora, sembra sia avvenuta in tempi molto rapidi, persino prima del suo arrivo all’ospedale Maria Vittoria.

La procura nei giorni scorsi aveva acquisito il protocollo che dal 2008 fornisce alla polizia municipale le indicazioni da seguire in caso di “accompagnamento coattivo in ospedale”. I vigili devono “cercare di essere accondiscendenti e concilianti evitando di parlare ad alta voce e di usare modi bruschi”. Tentando “per quanto possibile” di instaurare “un buon dialogo con il soggetto”. La forza si deve usare solo come ultima risorsa, in caso di manifesta pericolosità, e per il tempo necessario a somministrare un sedativo.

I carabinieri del Nas sostengono che quel giorno Andrea non dovesse essere trattenuto con la forza perché non era stato aggressivo né con altri né con se stesso. Come mai alla presenza di un agente di esperienza – uno dei tre era formatore regionale – e di uno psichiatra di lungo corso la situazione è così degenerata? Perché tale violenza, visto che l’unica forza esercitata da Andrea era quella di non staccarsi dalla panchina? E perché nessuno lo ha rianimato?

Mauro Ravarino da il manifesto

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