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Ai reparti speciali dei Gom la gestione totale del 41 bis

Il 30 luglio Ministro Bonafede ha firmato il decreto di riorganizzazione del gruppo. La gestione amministrativa non è più sotto il controllo del Dap e la relazione sulle attività da trimestrale diventa annuale.

Autonomia amministrativa e contabile, obbligo di relazionare solo una volta l’anno ( prima era ogni 3 mesi) al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ( Dap). Con il decreto del 30 luglio firmato dal ministro Bonafede, il Gruppo Operativo Mobile ( Gom) della Polizia penitenziaria diventa sempre di più un corpo del tutto autonomo, dove può compiere una vera e propria gestione totale dei 41 bis.

L’articolo 11 del decreto è dedicato alla gestione amministrativa e contabile. Non è un piccolo dettaglio. Se prima la gestione delle finanze passava attraverso il capo del Dap, da ora in poi è tutto in mano al direttore del Gom. In coerenza con la programmazione della spesa e nei limiti delle risorse di bilancio, il capo del Gom – come recita il decreto – è ora «delegato alle spese di gestione, esercizio e manutenzione degli automezzi e del relativo equipaggiamento, nonché delle dotazioni strumentali, tecniche e logistiche; alle spese accessorie per il personale e per ogni altra necessità tecnicooperativa». In soldoni, il direttore del Gom, oltre a gestire le finanze con tutto ciò che ne deriva, può spostare uomini e mezzi in autonomia. Un potere, come detto, che prima non aveva.

L’articolo 4, invece, è dedicato alla nomina e funzioni del direttore del Gom. C’è il passaggio che recita testuali parole: «Il Direttore fornisce pareri ed elabora proposte al Capo del Dipartimento e alla Direzione generale dei detenuti e del trattamento. Trasmette al Capo del Dipartimento una relazione annuale sulle attività gestionali e operative svolte». Prima aveva l’obbligo di relazionare ogni tre mesi, da oggi in poi solo una volta l’anno. Un dettaglio che non è sfuggito a Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, il quale aveva invece proposto che le relazioni fossero almeno semestrali.

Non è una questione peregrina. Il rischio che il Gom diventi totalmente distaccato dal Dap si fa sempre più concreto. I vertici del Dap dovrebbero essere aggiornati frequentemente rispetto all’attività di questo ‘ reparto specializzato”. Perché? I Gom dovrebbero mantenere una costante visione di insieme anche rispetto alle strategie e i percorsi. Come potrebbe avvenire, se questa struttura autonoma dovrà relazionarsi annualmente? Durante il resto dell’anno a chi risponde?

Durante il periodo dell’amministrazione guidata dall’allora capo del Dap Santi Consolo, c’è stato il tentativo

di riformare il ruolo dei Gom, il corpo d’élite della polizia penitenziaria, che ad agosto del 2017 ha avuto un ampliamento ulteriore delle sue funzioni come la sorveglianza dei detenuti accusati di terrorismo islamico.

Il Gom, ricordiamo, fu istituito nel 1997 con un provvedimento firmato dall’allora capo del Dap, Michele Coiro, ma soltanto due anni dopo con il Decreto ministeriale del 19 febbraio 1999, firmato dall’allora ministro della Giustizia Oliviero Diliberto -, ebbe il suo definitivo riconoscimento. Il Gom nasce per provvedere al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41 bis, il carcere duro. Tale norma legislativa venne introdotta nel 1992, nel ‘” super decreto antimafia”. Ufficialmente lo scopo del 41 bis sarebbe quello di recidere ogni possibile contatto del detenuto con l’esterno, e quindi, con l’organizzazione criminale di riferimento. Proprio per far sì che ciò avvenisse, venne creato il Gruppo operativo mobile. Il Gom raccolse l’eredità di un altro reparto, lo “Scopp” ( Coordinamento delle attività operative di Polizia penitenziaria), istituito nei primi anni ‘ 90 soprattutto per consentire la sicura esecuzione dei processi, e del ‘” Battaglione Mobile” dell’allora corpo degli Agenti di custodia, che operò a cavallo fra gli anni 70 e 80.

Il Gom, nel passato, si è trovato al centro di pesanti polemiche e denunce per la scia di pestaggi lasciati all’interno delle carceri dopo il suo passaggio, come quello nella struttura di San Sebastiano di Sassari dell’aprile 2000, e per le brutali perquisizioni nel carcere milanese di Opera ( da presidente della commissione Giustizia della Camera, Giuliano Pisapia aveva denunciato senza mezzi termini gli «episodi di brutalità» avvenuti, parlando del passaggio di «un vero e proprio uragano che ha distrutto ogni cosa» ), fino alla gestione della caserma Bolzaneto, con relative torture, durante il G8 di Genova 2001. Ora non è più così da anni, perché operano gente qualificata e professionale. Ma il rischio di un ritorno al passato è sempre in agguato, soprattutto se rischia di diventare un “corpo estraneo” al Dap e quindi relativamente fuori controllo.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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