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Vi raccontiamo come in Italia sia vietato esprimere dissenso a Renzi

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22.07  del 6 aprile 2016 siamo appena tornati a casa dopo una giornata lunghissima, siamo una giornalista, un cameraman ed io.

Ed oggi abbiamo avuto la dimostrazione dell’esistenza dello Stato di Polizia in cui viviamo. Abbiamo seguito, con i manifestanti e i tanti colleghi la mobilitazione #renzistattacas organizzata per la giornata del Premier a Napoli sulla cabina di regia a Bagnoli.

Una giornata surreale iniziata alle 11 di mattina con l’appuntamento dei manifestanti a Piazza Dante. I temi della contestazione contro il Governo sono tanti, da Bagnoli al Job Acts, dalle trivellazioni e alle conseguenze dello Sbocca Italia alla Buona Scuola. In sostanza la svendita dei territori e delle risorse. Quella che noi chiamiamo colonizzazione.

La libertà d’espressione del pensiero e del dissenso dovrebbero essere garantite dall’Art. 21 della Costituzione Italiana, legge suprema per l’ordinamento giuridico di questo Paese, ma la quantità di forze dell’ordine spiegate oggi a Napoli è fuori ogni immaginazione per chi non è stato presente.

Il clima di tensione si respira nell’aria: ad ogni avanzamento dei partecipanti alla mobilitazione i cordoni della polizia si sciolgono e si riformano, impedendone di fatto un percorso lineare, un contatto con la città. Ma c’è chi Napoli la conosce e chi, invece, se ne serve.

E così il corteo dopo aver passato Piazza Carità e Piazza Matteotti inizia il suo percorso alternativo per evitare scontri. Scendiamo per i vicoli che arrivano al porto e da lì si prosegue su Via Acton dove veniamo fermati di nuovo da camion con  idranti e lacrimogeni preceduti da un altro cordone.

Stretti da un lato dalla barriera della strada, dalle macchine che ancora stavano passando e poi ancora dal muretto del porto e dal mare sentiamo il pericolo di una carica, alquanto ingiustificata data anche la presenza di turisti, bambini ed anziani. Per cui io, Dora e Lucilla, collega e direttore di Identità Insorgenti, decidiamo di spostarci sulla banchina interna del porto per poter registrare dei video.

E da qui ha inizio la nostra storia. I manifestanti cambiano percorso, proprio per evitare scontri, salendo per Via Riccardo Filangieri e noi bloccate dal cordone della polizia perché ci trovavamo alle loro spalle, li perdiamo. Ma i ragazzi avevano lasciato sul loro percorso un cartello con su scritto: ” No al Governo delle lobby e degli speculatori, #decidelacittà” ed io decido di raccoglierlo per riportarlo al corteo.

Arriviamo fuori la sede dell’Associazione Dema a Via Santa Brigida dove anche sono state spiegate le forze dell’ordine ed iniziamo a raccogliere i pareri dei cittadini o meglio le persone iniziano a fermarci o a commentare con insulti il Governo Renzi, leggendo il nostro cartello (a proposito: grazie a chi l’ha fatto, purtroppo non potremo restituirglielo!). Insomma, ci fermano in tanti: e stiamo parlando di persone che non erano alla manifestazione.

Arriviamo a Piazza Trieste e Trento e ci dicono che di lì non saremo potute passare senza abbassare il cartello! Un pezzo di cartone molto pericoloso perché sopra c’era scritta un’idea, evidentemente. Così proseguiamo salendo per i Quartieri Spagnoli, lì dove poco prima era passato il corteo e ci accorgiamo che un altro cordone della polizia si è formato tra i vicoli e via Chiaia. Intanto, dai balconi si affacciano i napoletani per esprimere il loro consenso e tra una chiacchiera e l’altra arriviamo, scendendo dai gradoni di Chiaia, gli unici senza cordone della polizia a sbarrare, verso piazza Santa Caterina,  dove si inizia a sentire l’odore dei lacrimogeni.

Nel quartiere “bene” qualcuno si indigna per il nostro affezionato cartello, un signore ci dice che a Napoli è legittimo che decidano le lobby, invece qualche signora e dei ragazzi si fermano per complimentarsi e un po’ mortificati ci dicono: “scusateci, oggi in piazza saremo dovuti scendere anche noi!”.

Dalla puzza dei lacrimogeni e dal bruciore agli occhi, giunte a Via Carlo Poerio, capiamo che i nostri compagni di mobilitazione sono stati caricati. Un elicottero vola bassissimo intorno la zona e si ferma all’altezza della Cassa Armonica della Villa Comunale, dove abbiamo modo di vedere ciò che è stato lasciato a terra dopo gli scontri e la polizia che ancora insegue con i blindati pesanti i manifestanti che, già lontani ormai, arrivano al Consolato e poi a Mergellina dove riescono a prendere la metropolitana per tornare il centro.

Noi pensando di raggiungerli, arriviamo fino al Consolato Americano, oltrepassando due blocchi di polizia e carabinieri, che forse non ci proibiscono di abbassare il cartello per la presenza delle telecamere Sky, in quel momento in diretta mentre passiamo noi.

Torniamo indietro, decidendo di portare il nostro dissenso su carta, a quel punto, fuori il Mattino, il giornale dell’editore Caltagirone che ha interessi su Bagnoli, e dunque per noi un gesto doppiamente simbolico, tranquillizzate dal fatto che Lorenzo Pierleoni avrebbe coperto l’assemblea a Galleria Umberto.

All’altezza della Colonna Spezzata registriamo un altro episodio di violenza: dei ragazzini che stavano semplicemente attraversando la strada, in direzione anche opposta alle forze dell’ordine, vengono fermati e viene sequestrato loro il cartello. Noi passiamo volutamente con l’ipad in mano che Lucilla in queste occasioni tiene quasi sempre acceso, in mezzo ai Carabinieri che, forse sempre per paura della telecamera, non ci fermano, ma ci guardano in cagnesco mentre poggiano i cartelli sequestrati sul muro e li fotografano ridendo.

Capiamo che la repressione è concreta e reale e la violazione della Costituzione viene costantemente perpetrata dal #renzifascismo. Ma la nostra #renzistenza continua, pacificamente, e ci addentriamo su via partenope, verso la traversa che porta a via Chiatamone. Questo mentre Drusiana scriveva e ci informava che la Valente aizzava la tensione con dichiarazioni contro il sindaco e senza ovviamente citare una sola volta il diritto di esprimere dissenso di una grande parte di questa città sancita dalla Carta.

Quella stessa Costituzione scritta dopo gli anni della Resistenza e tanto sbandierata come intoccabile da un partito che di democratico ha poco e nulla.

La meta è vicina e noi, dunque, non ci arrendiamo: siamo tre semplici ragazze che manifestano con la parola e lo scritto il proprio pensiero, non abbiamo nulla di cui vergognarci, nulla da nascondere e nulla da temere, come invece vogliono farci credere.

Il resto è registrato in questo video, a voi le conclusioni ricordando che soltanto dopo l’Unità d’Italia al Sud, durante il Ventennio Fascista con il Codice Rocco e in alcune circostanze durante gli Anni di Piombo sono stati vietati gli assembramenti di persone: nel 2016 siamo scesi a due persone. Viva la libertà!

 

 Elena Lopresti da identità insorgenti

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