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Processo Magherini: volontaria della Croce rossa conferma la violenza dei Carabinieri

Al processo depone un’altra volontaria della Croce rossa: “Era disteso a terra, prono e ammanettato, e due carabinieri gli erano sopra a cavalcioni. Per due volte chiesi che gli togliessero le manette, e di girarlo per poterlo soccorrere. Mi risposero che era pericoloso. Arrivò il medico, e ci disse che era morto”.

“Alla fine arrivò il medico – ricorda in aula di udienza la volontaria Claudia Matta della Croce rossa – si chinò a terra, lo esaminò e urlò: ‘è in arresto, è morto’”.

A morire era Riccardo Magherini. Riccardo, che certo era stato fermato dai carabinieri mentre vagava in stato confusionale in borgo San Frediano, urlando frasi senza senso ma senza aggredire nessuno. Che certo aveva inalato, segnala il tossicologo Francesco Mari, più di tre grammi di cocaina nei suoi ultimi giorni di vita: “Una quantità difficile da assumere tutta insieme”, ha peraltro puntualizzato il consulente tecnico del pm Luigi Bocciolini. Ma se tutti i fermi delle forze dell’ordine per casi del genere si trasformassero in tragedie, come quella che in una gelida notte di inizio marzo 2014 spezzò l’esistenza di un ragazzone di 40 anni, marito e felice padre di famiglia, l’Italia sarebbe peggio del Cile di Pinochet. Dell’Argentina di Videla. Dell’Egitto di oggi.

Fin dall’inizio del processo, che vede imputati di omicidio colposo quattro militari dell’Arma, e gli stessi tre volontari della Croce rossa che cercarono di soccorrere il fermato, la famiglia Magherini ha detto chiaro e forte cosa pensa di quella notte: “Se Riccardo non incappava in quella pattuglia di carabinieri, oggi sarebbe ancora vivo”. E la volontaria Claudia Matta, che pure è imputata, ha dato loro ragione.

Confermando con la sua testimonianza che i carabinieri impedirono di valutare le condizioni di Magherini. “Era disteso a terra, prono e ammanettato, e due di loro gli erano sopra a cavalcioni. Per due volte chiesi che gli togliessero le manette, e di girarlo per poterlo soccorrere. Mi risposero che era pericoloso, e che era meglio aspettare l’arrivo del medico. Ma quando il medico arrivò, constatò subito che Magherini non respirava più. E ci disse che era morto”.

La deposizione di Claudia Matta ha collimato con quella che, il 9 febbraio scorso, aveva reso un’altra volontaria della Croce rossa, Janeta Mitrea. “Per due volte la mia collega chiese ai carabinieri se era possibile togliere le manette. Ma le risposero che era pericoloso, perché solo in quattro erano riusciti a tranquillizzarlo. Non mi impedirono di avvicinarmi, ma se mi dicono che è pericoloso è chiaro che non devo avvicinarmi, io non sono un super eroe. La mia collega, che aveva più esperienza, lo fece. Ma per mettere il saturimetro si è dovuta far spazio fra due carabinieri. E uno di loro era a cavalcioni su Magherini”.

In seguito, aveva ricordato ancora Janeta Mitrea, anch’essa imputata al processo, Claudia Matta era stata ascoltata “a sommarie informazioni” in una stanza dell’ospedale, “accanto al cadavere di Magherini”. Alla fine poi Matta le aveva detto: ‘loro non avevano voluto scrivere di un ginocchio sulla schiena per immobilizzarlo. E poi mi disse che aveva detto quello che volevano dicesse’”.

Perché è morto Riccardo Magherini? Il tossicologo Mari ha ipotizzato fra le cause del decesso “una sindrome da eccitazione delirante, che comporta una richiesta di ossigeno maggiore”. Dal canto suo Gian Aristide Norelli, il medico legale che effettuò l’autopsia, ha spiegato alla corte che l’ossigeno sarebbe arrivato con difficoltà sia per la posizione in cui era costretto Magherini (prono a terra sul selciato gelido, mentre era in camicia, ndr), sia per la sindrome da eccitazione delirante, sia perché uno dei carabinieri stava a cavalcioni su di lui, di fatto rendendo ancora più difficile la respirazione. Cosa che poi avrebbe portato all’arresto cardiaco.

Norelli ha poi ribadito che non sono state trovate grosse ecchimosi a livello cutaneo, tranne quelle nel volto, spiegabile con la “costrizione a terra”. E che l’ematoma a livello epatico potrebbe essere stato causato dalla posizione del carabiniere che stava a cavalcioni sul quarantenne Magherini. Sul cui corpo, ha concluso il medico legale, “non ci sarebbero state evidenti lesioni causate da calci”. Che pure furono dati sul corpo del fermato prono a terra, hanno raccontato durante il processo altri testimoni di quella freddissima, terribile notte in borgo San Frediano.

Riccardo Chiari da il manifesto

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